Pubblicato Venerdì, 17 Aprile 2020
Scritto da Santino Verna

LUNEDI 20 APRILE E' LA SUA FESTA

LA PATRONA CHE DA SECOLI VEGLIA SULLA NOSTRA
CITTA': AFFIDIAMOCI A LEI IN QUESTI GIORNI DIFFICILI

SANTA REPARATA, DA 367 ANNI PROTETTRICE DI ATRI

Era il 1353 quando S. Reparata, vergine e martire di Cesarea di Palestina, veniva dichiarata patrona di Atri. Fu il Vescovo Marco Ardinghelli l’artefice di questa istituzione. Il culto di S. Reparata dall’Oriente era arrivato a Firenze, probabilmente grazie a S. Zanobi, e breve fu il passaggio ad Atri, dove nel Medioevo erano vive le relazioni con mercanti fiorentini. 

Secondo la leggenda, nell’Alto Medioevo, l’intercessione di S. Reparata avrebbe liberato Atri dai Saraceni, approdati al porto di Cerrano, uno dei quattro ripari di imbarcazioni del territorio, tra il Vomano e la Piomba. L’episodio è analogo a quello di Villamagna, dove annualmente il 13 luglio viene rievocato, con la rappresentazione e la spiegazione in versi di Raffaele Fraticelli.

L’episodio dei Saraceni diede vita al dramma sacro “La Vergine di Cesarea”, musicato dal m° Antonio Di Jorio, e due volte rappresentato nella città ducale, la prima, nel 1964, la seconda, un quarto di secolo più tardi, nel 1989, entrambe il 20 agosto. Tutte e due si tennero in Piazza Duomo, perché il finale è ambientato all’interno della Cattedrale, la prima volta riaperta per l’occasione, perché vi erano ancora i restauri. La prima fu maggiormente applaudita, perché l’allestimento sembrava quasi cinematografico.

S. Reparata avrebbe difeso Atri da un terremoto. Per questo motivo, è rappresentata nell’atto di reggere con il palmo della mano, il plastico della città. Questo lo possiamo vedere sia nell’affresco del sottarco sinistro del coro del Delitio, sia nelle due immagini a tutto tondo, la statua a figura intera, lignea e dipinta, e il busto argenteo, portato in processione, con le reliquie, dopo la S. Messa solenne in Cattedrale, presieduta dal Vescovo.

Il busto, opera di Valerio e Teodoro Ronci, artisti atriani, fu realizzato in concomitanza con l’arrivo delle reliquie da Roma della Santa, per volere di Paolo V, su richiesta del Preposito Generale della Compagnia di Gesù, P. Claudio Acquaviva, nativo di Atri, e zio del Beato Rodolfo, in quanto fratello del padre, nonostante solo sette anni di differenza anagrafica.

Il miracolo del terremoto veniva ricordato, un tempo, ogni anno il 2 febbraio. Una consuetudine tipicamente abruzzese, quella di dedicare più giorni consecutivi ai Santi patroni o comunque venerati nella comunità parrocchiale o cittadina. Atri, venerava il giorno seguente, il patrono minore, S. Biagio, Vescovo e Martire, protettore contro il mal di gola, anche se nessuna chiesa ha l’esclusiva della benedizione con le candele benedette e incrociate.

S. Reparata fino a non molti anni fa era festeggiata due volte l’anno: il lunedì dopo la IIa domenica di Pasqua (“in albis”) e l’8 ottobre, giorno in cui viene ricordata nel Martirologio romano. La prima è la solennità patronale vera e propria, con programma religioso e parte ricreativa, la seconda era strettamente liturgica. Quest’ultima era legata alla vendemmia, con la tradizione dell’Ottobrata, sfilata di carri trainati dai buoi e poi a trazione meccanica, con il tema dell’uva e l’esibizione di allegri cori soprattutto di giovani, accompagnati dall’organetto. E’ la versione autunnale della Maggiolata.

Attualmente questa tradizione popolare è associata alla festa della Madonna del Rosario (prima domenica di ottobre), venerata nella Chiesa di S. Giovanni, e riportata in vita in questi ultimi anni, con l’associazione del rione e il dinamico comitato.

L’unica festa attuale di S. Reparata, ricorda i miracoli del Signore per intercessione della martire di Cesarea. Celebriamo la santità di Dio che rifulge in uomini e donne che hanno personificato le Beatitudini. Di S. Reparata non abbiamo molte notizie, ma abbiamo diverse testimonianze artistiche, soprattutto a Firenze, dove la primitiva Cattedrale aveva per eponima la vergine di Cesarea. Attualmente è il sottempio del Duomo, la Chiesa di S. Maria del Fiore, il cui nome evoca la città per pochi anni capitale del Regno d’Italia e tuttora capitale italiana dell’arte.

Quest’anno abbiamo un motivo in più per pregare S. Reparata, perché siamo stati visitati dal coronavirus, da questa inedita pestilenza che ha annullato diversi eventi, calendariali e biologici. Gli atriani sono molto affezionati alla solennità di S. Reparata, preceduta dal triduo. Alla spicciolata, quando la Cattedrale è aperta, si fermano davanti al busto, per una sosta orante, per chiedere al Signore favori per intercessione della giovanissima martire.

Tanti partecipano alla processione, e chi non partecipa, per problemi di salute o impegni di famiglia, si affaccia alla finestra o al balcone, dove non manca mai il drappo serico rosso, utilizzato la volta successiva per la festa di S. Rita e soprattutto per il Corpus Domini. Quando la campana della chiesa più vicina comincia a suonare festosamente, è ora di andare alla finestra per scorgere le voci salmodianti e le note della banda, sempre di ottima qualità.

E’ ora per lanciare una preghiera, un grido, intriso di lacrime interiori, come quelle di Maria Maddalena al sepolcro di Gesù. Lacrime che rischiarano la vista, perché chi non ama non sa piangere.

SANTINO VERNA