Pubblicato Giovedì, 09 Aprile 2020
Scritto da Santino Verna

L'EPIDEMIA DI OGGI, LA FEDE DEL PASSATO:
quando il popolo chiedeva aiuto al cielo... 

SAN SEBASTIANO, STORICO PATRONO DEGLI APPESTATI

Nelle raffigurazioni “contra pestem” incontriamo i due storici patroni degli appestati: San Sebastiano e San Rocco. Al centro è Maria Santissima con Gesù Bambino in braccio. San Sebastiano è martire, San Rocco confessore (anche se questa dicitura non viene più utilizzata).

Andrea Delitio ha lasciato un affresco legato alla peste, nella Chiesa di S. Nicola, ad Atri. L’opera si trova sulla controfacciata, nella navata sinistra. Quando Papa Sarto stabilì la presenza del fonte battesimale in ogni Parrocchia, quest’ultimo fu collocato a S. Nicola, proprio presso l’affresco “contra pestem”, per la consuetudine di porre il luogo del Battesimo, all’ingresso della chiesa e al lato del Vangelo. Dato che la sinistra era ritenuta la parte del diavolo, e nel Battesimo vengono compiuti gli esorcismi, il fonte, come nella Cattedrale di Atri, doveva stare in quel posto.

Sebastiano, vissuto tra il III e il IV secolo, aveva il padre di Narbona e la madre di Milano. Era nato però in quest’ultima città, ed era stato addestrato sin da ragazzo nell’arte militare. Era cristiano e soffriva molto per le persecuzioni. Poiché in quel periodo i cristiani soffrivano più a Roma che a Milano, decise di trasferirsi nella capitale.

Quando divenne imperatore Diocleziano, artefice della più violenta persecuzione contro i cristiani, Sebastiano fu scelto come uno dei consiglieri dell’uomo più potente dell’Impero. Diocleziano, originario dell’altra sponda dell’Adriatico, lontana da Roma, non aveva la raffinatezza della capitale e voleva appoggiarsi alla gente del posto. Sebastiano difendeva i cristiani e permetteva la liberazione dal carcere. Chi veniva condannato a morte, perché non aveva sacrificato agli idoli, alla vista di questo giovane forte e pragmatico, andava volentieri al patibolo, con il conforto di un Santo.

Diocleziano voleva la fine di questa storia, e dopo aver promesso a Sebastiano maggiore carriera, lo minacciò e ordinò che venisse torturato. Questa volta, legato al palo, con le frecce per tutto il corpo. In fin di vita, fu soccorso piamente da una cristiana, e si riprese. Ma dato che l’Imperatore e la sua cerchia volevano ammazzarlo, fu condannato alla pena capitale.

Venerato subito come Santo, Sebastiano fu invocato contro la peste, a partire dalla fine del VII secolo, quando nella capitale, ormai priva dello splendore dei secoli precedenti, era giunto questo flagello. Senza particolari legami con la pandemia, il popolo invocò S. Sebastiano e la peste finì. Stessa soluzione adottò Pavia, storica capitale longobarda.

A Roma, S. Sebastiano divenne il terzo protettore, dopo i SS.Pietro e Paolo, il Principe degli Apostoli e l’Apostolo delle Genti. La festa, fissata al 20 gennaio, era condivisa con il Papa S. Fabiano, vissuto sotto Decio e molto temuto dall’Imperatore che avrebbe preferito un rivale secolare, un pretendente alla massima carica dell’Impero in luogo del dinamico e caritatevole Vescovo di Roma. Un tempo nella Chiesa romana esisteva la poliliturgia, ovvero nello stesso giorno si veneravano due Santi, e quindi due distinte orazioni erano presenti nel culto. Nel mondo popolare prevalse S. Sebastiano, il martire spesso raffigurato nudo (celebre il dipinto di Andrea Mantegna), patrono dei vigili urbani.

Quando la peste scomparve, Sebastiano divenne protettore contro la polmonite, fino ai primi anni del XX secolo, malattia mortale, perché l’infiammazione ricordava in qualche modo la punta delle frecce. Ma anche per la collocazione calendariale della memoria, quando i rigidi inverni provocavano raffreddori, bronchiti e polmoniti. S. Sebastiano fu inserito nella triade dei testimoni della fede del periodo più freddo dell’anno, con S. Antonio Abate e S. Biagio. Affettuosamente erano detti, in ordine calendariale, “il Barbato, il Frecciato, il Mitrato”, con allusione alla barba prolissa del fondatore del monachismo, alle frecce di S. Sebastiano e alla mitra episcopale di S. Biagio di Sebaste. Quest’ultimo dalla barba appena accennata è ricordato per il copricapo, sicuramente mai indossato nel ministero, come evocazione della liturgia armena (Sebaste apparteneva all’antica Armenia) con la mitra abbastanza simile a quella romana (i bizantini cingono la tiara con croce apicale).

Non molte le chiese con S. Sebastiano eponimo. In compenso, tante le processioni per le vie dei paesi dove è patrono o è venerato, come a Termoli e Vasto, città unite dalla contiguità territoriale e dalla vocazione marinara. A Vasto è protettore dei muratori, perché particolarmente esposti ai rigori invernali, con lavori all’esterno. E quindi alla polmonite. Il proverbio lo conferma: “Chi vuol provare le pene dell’Inferno, faccia il cuoco d’estate e il muratore d’inverno”.

Sempre a Vasto, S. Sebastiano conclude i canti del solstizio invernale, quando si sottolinea la fine della fase discendente del sole e il non lontano arrivo della primavera. I canti erano eseguiti, la sera delle quattro vigilie (Capodanno, Epifania, S. Antonio, S. Sebastiano), da una squadra di cantori, muniti di strumenti popolari, con il giro delle case di parenti, amici e gente benestante. Davanti alla statua del martire, nella Chiesa di S. Antonio, a Vasto, viene cantato il S. Sebastiano, alla fine della Messa, ma fuori dal contesto celebrativo, ripetendo una tradizione dove si è pure inserita la peste.

SANTINO VERNA