L'EPIDEMIA DI OGGI, LA FEDE DEL PASSATO:

quando il popolo chiedeva aiuto al cielo...

SAN CRISTOFORO, SANTO DEI VIAGGIATORI E DEGLI APPESTATI

Vissuto nel III secolo, dalla storia molto leggendaria, è S. Cristoforo martire, chiamato Reprobo alla nascita. Si mise a servizio prima di un signore, e non soddisfatto perché voleva servirne uno più grande, divenne servo del diavolo. Ma quando scoprì che Dio è più potente di tutti, è l’unico Signore, volle servire Lui, ed ebbe la direzione spirituale di un eremita.

Per esercitare la carità, data la mole molto grande di Cristoforo, assunse il compito di prendere sulle spalle i passeggeri che dovevano attraversare il fiume. Un giorno gli si presentò un bambino, desideroso di passare all’altra riva. Cristoforo lo caricò sulle spalle, ma più avanzava verso la riva, più il bimbo diventava pesante. Riuscì nell’impresa e quando il bambino lo lasciò gli rivelò l’identità: era Gesù. La pesantezza del Signore significava Gesù che ha preso su di sé i peccati del mondo.

Reprobo finalmente poteva chiamarsi Cristoforo (=portatore di Cristo), ricevette il cristianesimo e con le parole e la vita fu annunciatore del Vangelo. Subì il martirio, come tanti altri cristiani dell’epoca, quando le persecuzioni non andavano per il sottile, e fu subito venerato in Oriente. Il culto raggiunse l’Occidente, tramite la Sicilia, per le relazioni politiche e commerciali con Costantinopoli e uno dei centri della devozione a S. Cristoforo è appunto l’isola di Lipari.

La festa, fissata al 25 luglio, non ebbe forse grande fama, perché in condominio con S. Giacomo Apostolo, il protomartire dei discepoli di Gesù, uno degli amici più cari del Signore. Era stato testimone con il fratello Giovanni e Pietro, del Mistero della Trasfigurazione. Il sepolcro di S. Giacomo, a Compostella, nel Medioevo divenne meta di pellegrinaggi e la città spagnola, imago brevis della lontananza. Un uomo che doveva andare lontano, oppure prevedeva un viaggio lungo, era detto quello che va “a San Giacomo di Galizia”.

In Francia, nel 1527, fu rappresentato il Mistero di S. Cristoforo, una forma di teatro, sorta di catechesi popolare sulle gesta del martire, opera di Antonio Chevalet.

L’omero di S. Cristoforo, la parte del corpo più a diretto contatto con il Signore, nell’episodio leggendario, nel XV secolo fu portato dall’Oriente a Castel Durante, nei pressi di Urbino, dove il Santo era venerato da molto tempo. La memoria era custodita in un’abbazia benedettina, e quando fu istituita la commenda (affidamento ad un prelato non regolare, non necessariamente residente nello stabile adiacente), si alternarono ecclesiastici di spicco.

Tra questi il Cardinal Bessarione, originario dell’Asia Minore, impegnato per tutta la vita per l’unione tra le Chiese Latina e Bizantina. Non diciamo Cattolica e Ortodossa, perché entrambe sono, tecnicamente, Cattoliche e Ortodosse. Il Cattolico romano è universale e professa la retta fede, così come l’Orientale. Anche come segno di vicinanza tra le due chiese, Bessarione, titolare della Basilica dei SS. XII Apostoli a Roma (fu lui a volere i Francescani in sostituzione del Clero), volle l’arrivo di questo dono alla principale chiesa di Castel Durante.

Per via della commenda affidata poi a Maffeo Barberini, futuro Urbano VIII, il paese mutò nome in Urbania. Divenne città e diocesi, anche se unita con la clausola della perfetta uguaglianza, alla vicina S. Angelo in Vado. In precedenza era sede “nullius”, ovvero territorio non dipendente da nessuna diocesi, con a capo un prelato.Rimase sempre sotto l’orbita di Urbino, uno dei centri culturali più importanti dello Stato Pontificio, sede universitaria e patria di Raffaello.

Il nome Cristoforo non è molto diffuso, almeno al giorno d’oggi. Il Manzoni l’ha assegnato al Cappuccino convertito, dinamico nella difesa degli oppressi. Forse il letterato milanese voleva vagamente ricordare S. Cristoforo, patrono degli appestati, dato che nei “Promessi Sposi” si parla di questa malattia.

S. Cristoforo, patrono dei viaggiatori, dei facchini e degli atleti, ovvero di tutte quelle mansioni che comportano gli sforzi (i viaggi nell’antichità, come i pellegrinaggi, erano pieni di insidie, come l’attraversamento dei fiumi e il pericolo di briganti e lupi), è diventato protettore contro la peste, nel XIV secolo, quello dell’epidemia raccontata dal Boccaccio. Dalla prima metà del XX secolo è protettore degli automobilisti, nel ricordo del fiume attraversato e dell’incontro con Gesù Bambino.

SANTINO VERNA