Pubblicato Sabato, 04 Aprile 2020
Scritto da Santino Verna

L'EPIDEMIA DI OGGI, LA FEDE DEL PASSATO:

quando il popolo chieva aiuto al cielo...

SAN VINCENZO FERRERI, PROTETTORE CONTRO IL COLERA

Quest’anno la Domenica delle Palme coincide con la festa di S. Vincenzo Ferrer (o Ferreri come si dice in Italia), essendo nato al Cielo il 5 aprile 1419. I domenicani, per celebrare con maggior enfasi il taumaturgo iberico al di fuori della Quaresima e della Settimana Santa, hanno ottenuto il trasferimento al 5 maggio. In questo modo si ricorda S. Vincenzo ad un mese esatto dalla memoria liturgica.

Vincenzo nacque a Valencia il 23 gennaio 1350 da famiglia benestante profondamente religiosa. Gli fu imposto questo nome, anche in omaggio a S. Vincenzo martire, il diacono della speranza, eponimo della Basilica romana all’ombra di Fontana di Trevi. Nel 1367 entrò nell’Ordine domenicano e a 20 anni era già insegnante. Per sei anni fu lettore nella Cattedrale di Valenza, e quindi consigliere e confessore dell’antipapa Benedetto XIII.

Nel periodo della Scisma d’Occidente, era stato fedele in buona fede all’antipapa. Ma una volta ravveduto, fu fedele e obbediente alla Chiesa Cattolica, predicando in buona parte d’Europa. Gesù gli era apparso in sogno, tra S. Domenico e S. Francesco, perché gli proponeva l’annuncio dell’imminente giudizio. In Italia predicò in Liguria e a Bologna, dove si preoccupava della conclusione dei lavori della Basilica di S. Petronio. I bolognesi ricambiarono l’attenzione con la cappella di S. Vincenzo proprio nella Basilica del Santo patrono della seconda città dello Stato Pontificio. La presenza nel capoluogo emiliano, non fu casuale, essendo Bologna patria adottiva di S. Domenico di Guzman.

S. Vincenzo fu uomo di dottrina, ma molto vicino al popolo. E’ stato il corrispettivo domenicano di S. Antonio di Padova, anche lui di origine iberica. Fu taumaturgo in vita, e i Superiori, temendo il fanatismo, gli impedirono di operare i miracoli. Ma quando un muratore stava cadendo dall’impalcatura e Vincenzo gli passava davanti, da una parte voleva salvarlo, dall’altro doveva chiedere il permesso al priore. Il muratore rimase sospeso nell’aria, e una volta ottenuta l’autorizzazione, Vincenzo lo salvò dall’incidente. Per questo motivo è protettore dei muratori.

Nel 1412 con il compromesso di Caspe, S. Vincenzo contribuì all’unità della Spagna. Nel 1419, mentre stava predicando nel tempo di Quaresima a Vannes, esalò l’ultimo respiro, e fu tumulato nella Cattedrale di quella città. Le spoglie furono risparmiate dalla violenza laicista della rivoluzione francese, anche perché non erano meta di grandi pellegrinaggi.

Nel 1455 Callisto III, il Papa spagnolo che istituì la festa della Trasfigurazione, beatificò Vincenzo. Tre anni dopo, la canonizzazione, ad opera di Pio II, il Papa conterraneo di S. Caterina da Siena. Le celebrazioni di beatificazione e canonizzazione ebbero luogo nella Basilica romana di S. Maria sopra Minerva, nei pressi del Pantheon, dove si custodiscono le spoglie della Patrona d’Italia.

La devozione a S. Vincenzo si diffuse in tutto il mondo cattolico, soprattutto nei Paesi legati alla corona di Spagna. E per questo raggiunse il Mezzogiorno d’Italia, a partire da Napoli, con la Basilica di S. Maria della Sanità, nell’omonimo quartiere. Per il potere di taumaturgo, i napoletani accorrevano a lui per il colera, terribile malattia provocata dalle scarse condizioni igieniche. E per questo fu incluso tra i 52 protettori della città, con il diritto di un busto nella Cappella del Tesoro di S. Gennaro, presso la Cattedrale. Il nome “Vincenzo” fu imposto a tanti battezzati del Mezzogiorno. A volte diventa “Enzo”, e il giorno onomastico (nel Sud Italia più sentito del compleanno) è il 5 aprile, anche se altri ricordano S. Vincenzo de Paul (de Paoli in italiano), il 27 settembre.

Per festeggiare la liberazione dal colera, a Napoli, S. Vincenzo è festeggiato il primo martedì di luglio, con la processione nel rione Sanità. Viene portato il simulacro del Santo, affettuosamente chiamato “monacone”, perché l’archetipo del religioso, nell’Italia Meridionale, non è il frate (Vincenzo apparteneva ad un Ordine mendicante), ma il monaco. La statua è scortata da bambini vestiti da domenicani, evocazione della consuetudine del “famulato”, con la tunica bianca e il mantello nero, la prima ricordo della devozione mariana di S. Domenico, il secondo della cappa canonicale del canonico di Osma, prima di fondare la famiglia religiosa mendicante.

Il colera, nel Mezzogiorno d’Italia, è divenuto sinonimo di pestilenza. Per questo quando parliamo di un ragazzo irrequieto e vivace, nel Nord lo bolliamo “peste”, nel Sud “colera”.

L’Abruzzo accolse presto la devozione a S. Vincenzo, sia per la presenza dei Predicatori (Atri, Chieti, L’Aquila, Penne, Teramo etc.), sia per la vicinanza a Napoli. Tagliacozzo divenne un po’ il centro regionale del culto a S. Vincenzo, con la Chiesa dell’Annunziata, al centro della cittadina. Atri lo venerava nella Chiesa di S. Giovanni (S. Domenico), dove lo spazio dalla porta centrale alla balaustra del presbiterio, è un canto per immagini al Patriarca dell’Ordine dei Predicatori.

SANTINO VERNA