Pubblicato Mercoledì, 25 Marzo 2020
Scritto da Nicola Dell'Arena

STORIE ATRIANE

HOTEL  DU PARC: LA VITA

Le iniziative che l’albergo mise in campo furono tante.

L’angolo bar con l’ingresso separato da quello dell’albergo. Da Roma vennero due valenti camerieri, Bruno chef di sala e Nello più preparato come barista. Entrambi erano bravissimi nel preparare i più svariati cocktails di tutto il mondo. A volte facevano a gara per preparare il migliore.

Sull’ampio piazzale dell’ingresso era bello bere qualcosa, soprattutto nelle serate estive, con il venticello fresco che saliva dal mare.

La pista da ballo costruita nel parco delle rimembranza, così si chiamava il pezzo di villa tutta ricoperta di pini, che don Giuseppe Brandimarte fece piantare negli anni 30.

In quegli anni suscitò enorme scalpore e creò tante polemiche poiché quel parco era dedicato ai giochi e perchè il nome fu dato per ricordare i defunti di ciascun atriano. A quel tempo Atri era molto tradizionalista e per aver toccato luoghi considerati sacri nacquero tante polemiche. 

All’inizio ebbe un bel successo con la sua orchestrina tutta atriana, con Armando Del Rocino. Per me era la migliore pista da ballo di tutta la costa abruzzese. Posizione splendida ed invidiabile da cui si poteva ammirare la costa, da nord a  sud, fino a Pescara. Era fresco e riservato, nonostante che fosse immersa nella splendida cornice della nostra meravigliosa villa comunale.

Nel frattempo i mie cugini sistemarono la piscina e tutto si svolse ai bordi della piscina. Furono organizzate selezioni regionali per Miss Italia e furono invitati numerosi cantanti napoletani e tra quelli che mi ricordo Bobby Solo.    

Arrivò da Napoli Ciro, il pasticciere, che deliziò con le sue prelibatezze tutti i paesi circostanti.  Uno dei pochi ricordi che Magi (figlia di mia cugina allora bambina) mi ha raccontato è che Ciro le preparava il panino con la panna che lei golosa mangiava a colazione. Si, il panino e non il maritozzo vanto, in quel periodo di Giorgio Sporys (lu pulacch).

L’inizio non fu felice. Mattucci, che voleva un vero albergo, impose l’apertura anche pei  i mesi invernali. Però Atri offriva poco nel periodo invernale.

Per poter vivere, d’inverno l’albergo ospitò la scuola alberghiera, con ragazzi che venivano dal centro Italia in giù. Per l’estate fu stipulato una convenzione con le ditte della ceramica di Civita Castellana (provincia di Viterbo) i cui operai avevano bisogno di aria pura e buona, ed Atri può vantarsi di averla.

Mio zio gestiva il tutto alla sua veneranda età e nonostante la caparbietà, la ferrea volontà,  la saggezza, l’intelligenza, il cervello ancora lucidissimo, l’amore e la passione che ci metteva, le cose non andavano bene perché mio zio non era del mestiere (come si dice).

L’albergo fu, per alcuni anni, dato in gestione, a chi era del mestiere, ma con scarsi risultati. Alla fine degli anni 70 avvenne la chiusura con grande dolore da parte mia e fortissimo disappunto da parte di mio zio.

Passarono diversi anni finché Di Meco, un nostro compaesano, che aveva fatto fortuna a S. Remo e che era del mestiere, l’acquistò portandola a nuova luce che risplende anche oggi.

Nicola Dell’Arena