Pubblicato Giovedì, 05 Dicembre 2013
Scritto da Santino Verna



CHIESE E DEVOZIONI POPOLARI AD ATRI

DA SAN GIOVANNI BATTISTA A S. DOMENICO: UNA CHIESA CARA A TUTTI GLI ATRIANI 

Nella parte nordorientale di Atri, nell’omonimo quarto, sorge la chiesa di S. Giovanni Battista (vulgo S. Domenico). Al Precursore del Signore è intitolato oltre alla chiesa, un modesto spiazzo nel quartiere, perché tutte le altre denominazioni hanno omaggiato il fondatore dei Predicatori, più di S. Francesco. Esiste la denominazione popolare del quartiere S. Domenico, Via S. Domenico, Contrada Borea S. Domenico, Porta S. Domenico etc. Per il Santo Poverello soltanto un vicolo pedonale. Il cambiamento anagrafico avvenne nel XVII sec., ma già da molto tempo S. Giovanni era diventato S. Domenico, per la presenza dei Predicatori che ne custodivano la chiesa. Si poteva salvare la situazione dicendo S. Giovanni dei Domenicani, come è avvenuto a Palermo per la chiesa di S. Giuseppe dei Teatini. Non è mai diventata S. Gaetano in altre parole ed è stato salvaguardato il nome del Padre putativo di Gesù.

Appartiene al piviere di S. Maria e fino al 2005, anno del ripristino dopo i restauri cominciati nell’autunno 1994, è stata Rettoria. L’ultimo Rettore, Mons. Giuseppe Di Filippo, nominato nel 1946 all’indomani dell’ordinazione presbiterale ricevuta da Mons. Gilla Vincenzo Gremigni, nel corso della festa rosariana, l’ha riconsegnata alla Parrocchia di cui è succursale, con officiatura festiva settimanale e sede degli scouts.

La facciata, a coronamento orizzontale, ha il portale di scuola atriana che riecheggia quello della Cattedrale, scortato da due protome mitrate. A destra è Porta S. Domenico, con lastra araldica angioino-aragonese (XVI sec.), unica porta medioevale che rimane ad Atri. Le altre furono demolite per consentire maggiore viabilità. Ma anche Porta S. Giovanni è stata decurtata, con l’abbattimento del muraglione a sinistra di chi entra in centro storico. A destra è l’antico convento domenicano, un tempo domus regia, oggi stabilimento di liquirizia, come si evince dal fumacchio, Menozzi- De Rosa. L’odore della liquirizia è il sottofondo olfattivo del quartiere, un tempo molto popolato. Buona parte dei contradaioli si è trasferita nel rione S. Antonio, con l’entrata in funzione del nuovo ospedale civile.

Sul corpo della chiesa emerge la torre campanaria, simile a quelle adriatiche fino al tamburo incluso, perché invece della cuspide conica (come per la Cattedrale e S. Agostino), vi è una piccola cupola. Le campane, recentemente elettrificate, sono meno famose di quelle di S. Maria.

L’interno, a navata unica, con soffitto affrescato dal Nobili (XIX sec.), delimitata da cappelle di patronato di diverse famiglie atriane, fino al presbiterio escluso è la chiesa di S. Domenico, per via delle devozioni domenicane che gareggiavano con quelle serafiche. Dal presbiterio in poi è il tempio di S. Giovanni, dove tutto parla del Precursore di Gesù. A destra dell’altar maggiore è l’oratorio del SS. Rosario, sede dell’omonima Arciconfraternita, con altare barocco e pala con la Madonna del Rosario tra i SS. Domenico, Caterina e Pio V (1626), circondata dalle 15 subicone dei misteri tradizionali. Gli stalli lignei sono presenti sia nel coro che nell’oratorio.

Nella chiesa hanno avuto venerazione i Santi dell’Ordine dei Predicatori: Domenico di Guzman, Tommaso d’Aquino, Vincenzo Ferrer, Raimondo di Penafort etc., ma anche S. Liborio, dal XVI sec., grazie ai francesi. Presso la cappella dei baroni Forcella, famiglia proveniente dall’Albania, giunta sulla costa dirimpettaia quando il Paese balcanico fu invaso dai turchi, si venera S. Filippo Neri, patrono peraltro della vicina Casoli, i cui figli avevano diverse case in Abruzzo.

La festa della Madonna del Rosario si tiene la prima domenica di ottobre, compresa tra il 1° e il 7, dato che c’è l’antica consuetudine delle chiese rosariane. Ha il programma religioso, con il triduo, le Sante Messe e la Supplica alla Madonna di Pompei (nei Secondi Vespri la processione) e quello ricreativo, con la presenza di bande musicali e la festa dell’uva, versione autunnale della Maggiolata (infatti si chiama pure Ottobrata). Tutto il mese di ottobre interessa la chiesa di S. Giovanni essendo il mese del Rosario, segnalato dal simulacro della Madonna, vestita a festa, a sinistra dell’altar maggiore.

Un tempo si faceva pure la tredicina di S. Antonio, per il quarto di S. Giovanni, ma poi l’esclusiva fu riservata a S. Francesco. La statua del Taumaturgo portoghese fu posta in sacrestia sul credenzone, quasi a vegliare il sacerdote che si para per le celebrazioni.

La festa di S. Giovanni Battista non ha mai avuto grande risonanza nella chiesa eponima. In Atri c’era la tradizione dei comparatici. Segno di quest’amicizia erano i fiori donati al compare per S. Giovanni, mentre quest’ultimo restituiva nella vicina festa dei SS. Pietro e Paolo. “Avere il San Giovanni” indicava per estensione anche il padrinato di Battesimo o di Cresima.

Un giorno un contradaiolo sapendo che era la festa di S. Domenico pretendeva il suono delle campane della chiesa, ma gli fu giustamente detto che la chiesa è dedicata a S. Giovanni.

Un locale della chiesa ospita il Calvario, pesante macchina processionale con le tre croci, portate da sei confratelli o figuranti. Destinato al trasferimento in Cattedrale, con la riforma della processione del Cristo deposto (1936), i contradaioli si opposero e la macchina rimase nel luogo originario. Essi vivevano la tradizione in spirito penitenziale, tanto che quasi di corsa, riportavano il trofeo dalla Cattedrale a S. Giovanni, lungo Via Cicada.

SANTINO VERNA