Pubblicato Mercoledì, 05 Febbraio 2020
Scritto da Santino Verna

UN AFFETTUOSO RICORDO

IL POETA ANTONINO ANELLO AD UN ANNO DALLA MORTE

Nel primo anniversario della morte ricordiamo il poeta Antonino Anello. E’ passato all’altra riva il giorno della Madonna di Lourdes, una ricorrenza cara a tutto il popolo cristiano, in particolare a quanti hanno vissuto e vivono annualmente l’esperienza nella Grotta di Massabielle.

Il Maestro Antonino è poeta vernacolare sulla stessa lunghezza d’onda di Modesto Della Porta, Renato Sciucchi e Raffaele Fraticelli. Poeta in dialetto atriano, ancora abbastanza parlato, lungo le vie del centro storico o in campagna, nelle case e nelle ormai rarissime botteghe.

Anello è il poeta delle tradizioni popolari, e armonioso è il tennistavolo letterario tra i cicli biologico e calendariale. Nella Atri dove è vissuto fino alla fine, ovvero fino a 95 anni compiuti, ha incontrato un terreno fertile, a differenza di altri luoghi abruzzesi, dove solo una è la kermesse popolare. Prendiamo Cocullo, e lo dice pure Emiliano Giancristofaro: l’unica tradizione dell’anno è quella dei serpari, dura solo un giorno, o meglio, una parte del giorno, il primo giovedì di maggio (da qualche anno, la festa dei lavoratori per motivi pratici).

La messe di tradizioni popolari, raccontate e descritte dal Maestro Anello, con dovizia di particolari e un pizzico di goliardia, ha avuto il suo rovescio della medaglia. Se in città ho dieci feste nel corso dell’anno, possiamo permetterci di toglierne una, tanto (è anche vero che per un punto Martin perse la cappa), tra nove e dieci, la differenza è poca. Poi il prossimo anno ne togliamo un’altra, e promettiamo ai concittadini di riprenderla l’anno seguente, in modo più curato. Da dieci a otto, la differenza non è poi molta, rimangono le principali e la gente è ugualmente felice.

Atri ha registrato abrasioni e modifiche delle tradizioni, e gli altri paesi della regione hanno mantenuto con fierezza l’unico momento clou dell’anno popolare. E così per rimanere nell’Aquilano, possiamo dire della festa di S. Gemma a Goriano Sicoli, della corsa degli zingari a Pacentro e dei “cicerocchi” di Collelongo.

Il Maestro si è lamentato pubblicamente di questi cambiamenti, nel componimento “Atre nostre”, declamato nella “Serata sotto le stelle”, nel 2002. Ha preso spunto da una canzonetta, musicata dal M° Cav. Glauco Marcone, dove si parla della cittadina acquaviviana con i sacri bronzi della Cattedrale, le campane per antonomasia di Atri.

Nella poesia dialettale, quella sera, si riconfermò poeta delle tradizioni popolari atriane, perché la Cattedrale è stata ed è ancora location di riti nel corso dell’anno: la benedizione del fuoco nella notte dei “faugni”, la processione del Cristo Morto, quelle di S. Reparata e del Corpus Domini, il triduo in piena estate del Beato Rodolfo, con il fiocco rosso di Tommaso Antonelli senior e l’anta del Riccioni portata dal Museo a S. Maria e l’apertura della Porta Santa.

Tonino Anello era sempre presente a questi momenti, sbucando da Via Cicada, e prestando servizio con la voce di basso al Pontificale, insieme agli amici di una vita, la schola-cantorum di S. Francesco. Il coro non era presente, una volta, nei Primi Vespri dell’Assunta, perché il momento più importante era la tarda mattinata del giorno seguente.

Il Maestro poeta del palco in Piazza duchi d’Acquaviva o Largo Forcella o Cherubini (e chi più ne ha più ne metta nella Atri dentro le mura) si trasformava nel demologo e osservatore delle tradizioni, in piazza o nella bottega appena fuori porta S. Domenico. Molti hanno avuto la gioia di conversare con lui, non solo nei giorni rossi del calendario, ma anche nella ferialità nebbiosa e uggiosa di novembre.

Del ciclo biologico, ricordiamo “Lu spusalizie”, declamato tante volte da Tommaso Antonelli junior e incastonato nella commedia musicale di Antonio Di Jorio, “Paese mè”. Oppure “Cresime e Cummenione”, feste sentite non soltanto dagli interessati, per il pranzo o il ricevimento e i regali, ma da tutta la comunità atriana. Quando all’inizio del XX secolo, il Vescovo Carlo Pensa stabilì Penne come residenza abituale, Atri non poteva avere il successore degli apostoli per un consistente periodo dell’anno. Per questo l’arrivo del Vescovo, per una conferenza, la visita ad un ammalato, il Pontificale in Cattedrale, è sempre stata una festa, un giorno diverso dall’ordinario nel paese dei calanchi.

Il Maestro Tonino invita alla sobrietà nella poesia sui sacramenti dell’iniziazione. Meno baldoria e più devozione. Torniamo alla sostanza e ai valori veri.

SANTINO VERNA