Pubblicato Domenica, 10 Novembre 2013
Scritto da Santino Verna


DALLA STORIA ALLA CRONACA: NOTIZIE E CURIOSITA’

IL CAPITOLO CONCATTEDRALE DI ATRI

Il capitolo è il collegio dei sacerdoti che un tempo formavano il senato del Vescovo. Oggi la sua funzione è sostituita dal consiglio presbiterale, mentre rimane l’aspetto liturgico, per il decoro di una Cattedrale, di una Collegiata o, nel caso atriano, di una Concattedrale.

Concattedrale può essere anche una chiesa monumentale della stessa città che ha la Cattedrale. E’ il caso della Basilica di S. Andrea in Mantova, dove si conserva una pietra intrisa del sangue del Signore, elevata a Concattedrale o, più vicina a noi, la chiesa dello Spirito Santo a Pescara, immersa nel caos della città dannunziana che si affianca alla Cattedrale di S. Cetteo per celebrazioni dell’Arcivescovo o intensi momenti di vita ecclesiale. O la “dirimpettaia” S. Pietro a Spalato, dove due anni e mezzo prima della caduta del Muro di Berlino, sventolava il bianco e il giallo del Vaticano, mentre si poteva ammirare anche l’antica e angusta Cattedrale di S. Doimo, ricavata nel palazzo di Diocleziano, imperatore oriundo di quella Jugoslavia che solo da una trentina d’anni abbiamo cominciato a conoscere di più.

Nel 1520 Leone X insignì il capitolo atriano di quattro dignità: Arcidiacono, Arciprete, primo Primicerio e secondo Primicerio. Andrea Matteo III Acquaviva d’Aragona dotò le stesse di terreni, incamerati dallo Stato nel 1866. Un quarto di secolo prima era stato istituito il collegio dei mansionari.

I canonici siedono in presbiterio, tra l’altare e la cattedra. Gli stalli lignei, di non grande valore artistico, non hanno più posto nel coro, dalla riapertura della Cattedrale, il 20 dicembre 2008, Primi Vespri della IVa domenica di Avvento. Erano dodici stalli, sei a destra, sei a sinistra, con in mezzo il badolone, lettorile a due spioventi per l’Ufficio divino.

Prima dignità capitolare è l’Arcidiacono che prese consistenza a partire dal 1912, quando il Vescovo diocesano scelse Penne come residenza abituale. Per gli atriani fu un po’ un colpo al cuore, perché il Vescovo era l’autorità che fa di un paese una città, per dirla con lo storico medioevale Paolo Cammarosano. A chi si lamentava di questa scelta, Mons. Carlo Pensa, ultimo Vescovo di Penne e Atri, diceva che al suo posto c’era Mons. Raffaele Tini.

Alla dignità di Arcidiacono erano annessi gli incarichi di Delegato Vescovile, alias Vicario- Generale e Presidente del Capitolo. Con Padre Abele avvenne la prima scissione. Don Bruno Trubiani fu nominato Arcidiacono e Presidente del Capitolo, mentre Mons. Giuseppe Di Filippo divenne Vicario, l’ultimo, in ordine cronologico, della diocesi di Atri.

La seconda scissione è avvenuta, nel 1999, con Mons. Antonio Nuzzi. Don Trubiani rimaneva Arcidiacono, mentre Mons. Di Filippo, Canonico Teologo diventava Amministratore. Don Giovanni D’Onofrio, invece, Arciprete della Concattedrale, ovvero Parroco di S. Maria nella Concattedrale, era Presidente del Capitolo. E durante la sua presidenza avvenne la fondazione del coro della Cattedrale che ora porta il suo nome. Nel collegio entravano nuove leve, provenienti anche dall’ex-diocesi di Teramo. Tra questi Don Gianfranco De Luca, atriano, poi eletto Vescovo di Termoli- Larino. Mons. De Luca, infatti, dopo la consacrazione episcopale avvenuta nella Basilica nuova di S. Gabriele dell’Addolorata il 23 giugno 2006, Solennità del Sacro Cuore di Gesù, celebrò in Piazza Duomo.

Con la morte, avvenuta nel giro di pochi giorni nel 2001, di Don Bruno e Don Giovanni, Mons. Di Filippo è diventato Arcidiacono e Don Felice Di Blasio, Parroco di S. Lucia di Roseto, Presidente. Con questo nuovo assetto fu accolto, la sera del 27 ottobre 2002, il nuovo Arcivescovo, Mons. Vincenzo D’Addario che aveva al suo fianco l’Arcidiacono e il Presidente del Capitolo, nella concelebrazione con una trentina di sacerdoti provenienti dalle diocesi di Teramo- Atri e Pescara- Penne.

Di pertinenza del Capitolo è il Museo, appunto detto Capitolare, fondato nel suo primo nucleo nel 1912 dall’Arcidiacono Tini che non aveva intenzione di fare un grande centro museale per Atri. La sua idea era di raccogliere opere d’arte e suppellettili sacre, provenienti dalla Cattedrale e da altre chiese atriane e dei paesi vicini. Fu consigliato dallo storico dell’arte Corrado Ricci e dall’archeologo Felice Barnabei, quest’ultimo originario di Castelli, anche se la madre era atriana. Barnabei non fu molto considerato dagli intellettuali abruzzesi, tanto che fu escluso dal cenacolo michettiano di Francavilla. D’Annunzio non ebbe grandi riguardi per lui. E gli atriani hanno reso pan per focaccia, non mettendo la sua statua sulla facciata del Teatro Comunale, secondo un programma architettonico che sarebbe stata la ciliegina sulla torta del massimo monumento laico della cittadina, dopo Palazzo Acquaviva. Non solo. La via intitolata al Vate è arrivata soltanto nel 1996, con la revisione e l’ampliamento della toponomastica intramurale e periferica, in un luogo non molto vicino al centro storico.

Il Capitolare di Atri, chiamato affettuosamente Museino da Giancarlo Gentilini, il massimo studioso delle opere dei Della Robbia, docente agli atenei di Firenze e Lecce, ha dato il via agli altri musei cittadini: l’archeologico, diretta emanazione del Museo per eccellenza di Atri, nei pressi del complesso monumentale della Cattedrale, l’etnografico e i due musei musicali, l’archivio Antonio Di Jorio nel ridotto del Comunale e quello degli strumenti musicali medioevali e rinascimentali nel palazzo ducale. Tutti i musei parlano in qualche modo del Capitolo, l’etnografico con le teche provenienti dal Capitolare, l’archivio con il maestro di Atessa già direttore del coro della Cattedrale e assunto dai canonici e il museo didattico, con strumenti ricostruiti dagli affreschi del Duomo.

Il Capitolo della Concattedrale di Atri ha la mozzetta violacea sulla cotta e la talare. E’ stata utilizzata le ultime volte per la visita del Beato Giovanni Paolo II ad Atri, il 30 giugno 1985, e l’anno successivo, per commemorare lo storico evento, con la S. Messa in Cattedrale celebrata dall’Arcivescovo Loris F. Capovilla, all’epoca Delegato Pontificio del Santuario Lauretano, luogo mariano assai caro agli atriani che si sentono un po’ marchigiani, perché nell’epoca romana l’antica Hatria apparteneva al Piceno e la Vergine Lauretana, più che patrona delle Marche, è patrona del Piceno. Acronimo decifrato dal Santo Poverello di Assisi che, profetizzò, l’arrivo presso il Conero della Santa Casa di Nazareth.

SANTINO VERNA