Pubblicato Lunedì, 04 Novembre 2013
Scritto da Santino Verna

LE ANCELLE DELL’INCARNAZIONE E ATRI

SENZA IL SORRISO DELLE SUORE E’ PIU’ FREDDO IL NOSTRO OSPEDALE

Nel 1955, insostituzione delle Figlie della Carità, giunsero in Atri, per il servizio al nosocomio (ancora nel quarto S. Croce) le Ancelle dell’Incarnazione, conosciute come “suore dell’ospedale” e difficilmente come “fiocchine”, dal cognome del fondatore.

Fondate a Chieti nel 1949, il nome fu suggerito dall’allora Arcivescovo della città, G.B. Bosio, già professore del ven. Paolo VI a Brescia e suo compaesano (entrambi di Concesio), legato alle Ancelle della Carità di S. Maria Crocifissa di Rosa, le Suore per antonomasia della città di Papa Montini, come le Poverelle per Bergamo e le Ravasco per Genova. Le Ancelle bresciane gestiscono diversi centri della solidarietà e curano l’adorazione eucaristica quotidiana in pieno centro storico.

Fondatore delle Ancelle teatine fu P. Primo Fiocchi, M.I., originario di Lizzano in Belvedere, quindi compaesano di Enzo Biagi. Durante il servizio pastorale al Forlanini  aveva radunato diverse ragazzi con problemi di salute, con il desiderio nel cuore di consacrarsi al Signore, nel servizio agli infermi e ai poveri. Il sogno divenne realtà quando P. Fiocchi fu trasferito nel1948 a Chieti, dove fu aiutato da Madre Annunziata Montereali per la realizzazione della famiglia religiosa che ha come data di riferimento il 25 marzo, Annunciazione del Signore, un tempo di Maria.

Madre Annunziata, peraltro deceduta all’ospedale di Atri, nel 1973, proveniva dalle Suore di Carità di S. Giovanna Antida, la cui figlia più famosa in questi ultimi tempi è Suor Rita Elvira Petrozzi, fondatrice della comunità Cenacolo che da Saluzzo si è diffusa in vari angoli per il recupero dei tossicodipendenti.

Le Suore dell’ospedale hanno due abiti: uno bianco e uno blu, il primo per il servizio infermieristico nelle divisioni, il secondo per la casa e le uscite. In entrambi è presente la croce rossa sul petto, memoria dell’origine camilliana della congregazione. Le religiose, umilmente e nel silenzio, hanno diffuso in Atri la devozione a S. Camillo de Lellis, coetaneo del Beato Rodolfo (si portavano appena quattro mesi, entrambi erano nati lo stesso anno, l’Anno Santo 1550), attraverso poster all’ospedale. S. Camillo, nel 1964, divenne patrono minore d’Abruzzo (il principale è S. Gabriele), per volere di Paolo VI e la chiesa degli abruzzesi a Roma è quella dove si venera il grande padre delle Ancelle dell’Incarnazione (il sodalizio è legato a Mons. Francesco Di Felice, Consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia e già Sotto-Segretario del medesimo, originario di S. Margherita di Atri, della cui Concattedrale è Canonico).

Le Ancelle si trasferirono nel 1961 nel nuovo complesso del rione S. Antonio, dimorando all’interno dello stabile. In un periodo si parlò della nuova palazzina che sarebbe diventata, almeno in parte, la casa delle Suore, ma lo stabile fu utilizzato per gli uffici amministrativi e il centro ambulatoriale “S. Stefano” per la riabilitazione soprattutto dei diversamente abili.

Le Suore si conquistarono subito l’affetto e la simpatia degli atriani, a partire dai degenti dell’ospedale, provenienti da un po’ tutto l’Abruzzo, quando l’ospedale di Atri era il fiore all’occhiello della cittadina. Quando un abruzzese doveva parlare di Atri, gli veniva in mente l’ospedale più degli affreschi del Delitio e delle scene del Teatro Comunale. Ed era conosciuto più il Prof. Enzo Fanini, Primario di Chirurgia e fondatore del nuovo ospedale che Nicola Cicci Tange e Cesare Tudino.

Tutti ricordano il sorriso di Suor Beniamina, il dinamismo di Suor Maria Imelda, la bontà di Suor Luigina, la premura di Suor Vincenzina, e l’affetto di tante Ancelle che hanno donato luce e conforto nei lunghi ricoveri in ospedali a pazienti, parenti e personale. Il trasferimento a Chieti o in altre case della Congregazione era visto spesso con tristezza e da Atri si andava anche dalla Madre Generale nel capoluogo marrucino per realizzare un ripensamento.

Grazie anche a Suor Beniamina si è realizzato ad Atri il gruppo del pellegrinaggio a piedi Macerata- Loreto, ormai uno degli eventi  più importanti della Chiesa italiana nel corso dell’anno. Alla devozione mariana e alla sensibilità pastorale pari all’amore che nutriva per i sofferenti che serviva soavemente e continua a servire pure lontano da Atri, Suor Beniamina aggiungeva la tenerezza delle radici marchigiane. Ad accogliere gli atriani allo stadio di Macerata qualche volta c’era il Dott. Lino Colleluori, morto l’anno scorso, già medico nell’ospedale atriano, nato all’ombra del monastero di S.Chiara.

Fruttuosa la collaborazione con la cappellania ospedaliera,  la parrocchia di S. Gabriele e la sottosezione foraniale dell’Unitalsi che per tanti anni ebbe la sede nel piviere della periferia Sud, con la processione del Corpus Domini nel rione S. Antonio (solo cinque edizioni, ma tutte ben organizzate e seguite dai parrocchiani e dagli atriani) e le processioni della Madonna di Lourdes (a volte soppressa per il freddo di febbraio) e di Fatima, la sera del 12 maggio.

Le Suore, per diverse difficoltà, già alla fine degli anni ’90 parlavano dell’eventuale chiusura di Atri. Intervenne l’Arcivescovo Nuzzi per farle rimanere ancora. Purtroppo la chiusura avvenne alla fine del 2002. Una rappresentanza della comunità aveva fatto appena in tempo per salutare nella Concattedrale il nuovo Arcivescovo- Vescovo, Mons. Vincenzo D’Addario.

Agli atriani dispiacque tantissimo, ma la partenza fu lenita dalla notizia della venuta di un’altra famiglia religiosa per l’ospedale. Gli atriani ancora attendono, e con essi, tutti gli abitanti del circondario. E’ vero che le situazioni sono cambiate e le brevi degenze non danno l’opportunità di approfondire il discorso della fede attraverso la conversazione con una religiosa, ma un ospedale senza Suore è più freddo.

Attuale Madre Generale è Suor Carmelina Lecci, salentina, per 23 anni missionaria in Bolivia, già nella comunità di Atri, residente nella Casa Madre di Chieti. Le Suore nate al Cielo riposano nella cappella della congregazione della città marrucina.

SANTINO VERNA