VIAGGIO NELLA VITA CONSACRATA (6)

LE MONACHE

Il volto femminile della consacrazione

Nel IV sec., con l’avvento del monachesimo maschile, in Oriente e in Occidente, si sviluppa anche quello femminile. Per secoli quest’ultimo rimane l’unica modalità di consacrazione speciale per una donna. Da qui  il motto “aut murus aut maritus”.

La vita monastica femminile, fino all’età moderna, è solamente di clausura. In Occidente, l’omologo dell’Ordine di S. Benedetto, per le donne, sono le figlie di S. Scolastica, le Benedettine. I monasteri sono guidati dalla Badessa, corrispettivo femminile dell’Abate. Insegna giurisdizionale della Madre è il pastorale, come si riscontra nell’iconografia di S. Scolastica. Insieme al bacolo, ricordo del vincastro del Buon Pastore per la difesa del gregge, è l’anello, inteso non solo come simbolo nuziale, ma di autorità, perché serviva ad autenticare gli atti.

In alcuni casi, le Badesse avevano l’insegna della mitra, copricapo di origine orientale, indossato tuttora dai Vescovi, come segno di regalità e quindi di giurisdizione sulla Chiesa particolare. Questa caratteristica era tipica delle monache di S. Benedetto a Conversano, dove il monastero aveva grande potere nel Medioevo. Per questo quando fu costruita la torre campanaria, superò in altezza quella della Cattedrale. La Badessa, come il Vescovo, aveva diritto al “baciamano”, seduta in cattedra.

Nel monachesimo femminile, è in vigore il motto “ora et labora”. Le claustrali oltre ai vari momenti diurni e notturni di preghiera, in coro, si dedicano a molti lavori intellettuali e manuali. L’Opus Dei è unito all’opus manuum, per vincere l’ozio, nemico dell’anima.

Un passo avanti nel mondo claustrale, avviene con S. Chiara, nel XIII sec., quando viene tradotto il francescanesimo al femminile. Chiara, la pianticella di Francesco, aveva vissuto l’esperienza benedettina nella comunità di S. Angelo, nei pressi di Assisi. Ma presto nasce la comunità di S. Damiano, dove il monachesimo è ora concepito come incontro con lo sposo celeste e non più come fuga dal mondo. La Badessa è intesa più come madre e guida delle sorelle che come autorevole signora del monastero. L’anello al dito riveste squisitamente carattere nuziale.

Le Clarisse costituiscono il Second’Ordine dell’Ordine francescano. Pertanto, pur permanendo la vigilanza del Vescovo o dell’Ordinario religioso (Ministro Generale o Provinciale), le monache di S. Chiara, sono aggregate ad una delle tre famiglie del Primo Ordine. Ai Minori fanno riferimento le Clarisse, “simpliciter dictae” (la locuzione la prendiamo a prestito dalla riunione leoniana dei francescani), dette in precedenza “damianite”, dal Monastero di S. Damiano, poi lasciato e attualmente custodito dai Frati Minori o “innocenziane”, per la Regola di Innocenzo IV.

Le Clarisse aggregate ai Cappuccini, quelle di S. Veronica per intenderci, fanno riferimento al ramo serafico nato nella prima metà del XVI sec. per il ritorno ad una più stretta osservanza. Quelle aggregate ai Conventuali, sono dette “urbaniste”, per la Regola di Urbano IV.

Pure in ambito clariano, è presente l’ora et labora, con i vari momenti di preghiera, anche se quella notturna, per via delle monache avanti negli anni o inferme, è stata soppressa in diversi monasteri, dopo il Vaticano II. Rimane invece nel Protomonastero di S. Chiara, Casa Madre delle Clarisse, custodi del corpo della pianticella di Francesco. Vari sono i lavori delle clarisse, per il mantenimento della comunità e del monastero, e per vincere l’ozio, e tra questi segnaliamo il ricamo di paramenti sacri e biancheria d’altare e la confezione delle ostie per la celebrazione della S. Messa.

Tale servizio si può dire “proprium” del carisma clariano, perché S. Chiara, inferma per tanti anni e immobilizzata sull’umile giaciglio, con le mani ancora attive, ricamava corporali per le chiese della Valle Spoletana. Essendo vissuta nel secolo del dogma della transustanziazione, S. Chiara fu definita “vestale dell’Eucarestia” e per questo nacque la leggenda dell’ostensorio con il Santissimo, brandito a guisa di spada, per mandar via i saraceni da Assisi. L’episodio è rievocato ogni anno, la sera del 22 giugno, con una processione nella Città Serafica, presieduta dal Vescovo, con tutte le famiglie francescane. L’esposizione e l’adorazione eucaristica è il momento centrale, sul sagrato di S. Damiano, alla presenza di chiarine e sbandieratori che offrono uno scorcio di Medioevo. Le clarisse vestono l’abito nero o marrone (rispettivamente se urbaniste o damianite e cappuccine), il cingolo trinode, il velo con il soggolo bianco e i sandali o le scarpe. Prima del Concilio, le monache erano divise in “coriste” e “converse”. Le prime pregavano l’Ufficio e sedevano in coro, le seconde erano addette prevalentemente ai lavori manuali, sostituendo le preghiere del libro con altre dette a memoria.

Tale divisione, riprovata aspramente da S. Teresa di Gesù, non era semplicemente un hapartaid religioso, ma comportava la prosecuzione della vita aristocratica di una donna in religione. La conversa, spesso, era addettaal servizio esclusivo di una corista, come se quest’ultima avesse una domestica.

Le altre claustrali sono legate al corrispettivo Ordine Mendicante. Quindi abbiamo le Agostiniane, le Domenicane e le Carmelitane.

SANTINO VERNA