Pubblicato Mercoledì, 31 Luglio 2019
Scritto da Santino Verna

UNA DONNA CHE HA FATTO LA STORIA

EVITA PERON NEL CENTENARIO DELLA NASCITA

Il centenario della nascita di Evita Peron, la più amata first lady del mondo, non deve essere ricordato soltanto in Argentina. Maria Eva Duarte è un personaggio mondiale, la donna del XX secolo, anche se figura avvolta ancora nel mistero.

Era nata a Los Todos, il 7 maggio 1919, in una famiglia numerosa. Il papà, era sposato con un’altra donna, e quindi Maria Eva visse in un contesto di “irregolarità”, situazione abbastanza diffusa in Argentina. Il Paese transoceanico aveva già vissuto la prima grande ondata migratoria (quella del Libro Cuore, per intenderci), soprattutto con italiani provenienti da Liguria e Piemonte. La fanciullezza di Eva è molto simile a quella di Laura Vicuna, l’allieva salesiana, beatificata da S. Giovanni Paolo II.

La piccola Eva, intelligente e volitiva, subiva le umiliazioni dei compagni, per la situazione della famiglia. Fu vittima del bullismo, quando questa dicitura dormiva placidamente nell’incubatrice. Particolarmente versata nelle lettere e nell’arte, il teatro era la sua grande passione, tanto da recarsi nelle altre classi per declamare poesie.

Di straordinaria bellezza, i lineamenti delicati erano incorniciati dai capelli corti e castani, più tardi trasformati nella lunga acconciatura bionda, imitata da tante donne, non soltanto argentine. Amava l’eleganza, e si batteva per risolvere i problemi sociali. Per coronare il sogno di attrice, decise di trasferirsi a Bueinos Aires, con la benedizione della madre. A dispetto delle insidie di una capitale per una ragazza di provincia, la famiglia aveva larghe vedute.

L’ambito di maggiore celebrità per Evita fu il radiodramma, adattamento di opere teatrali per la scatola sonora, il cui anno di nascita è il 1924. Era partito dall’Inghilterra, passando per la Francia, e già nel 1927 aveva preso cittadinanza in Italia. Non molto tempo dopo l’accoglienza in Argentina. Evita si legò artisticamente al cantante di tango Augustin Magaldi e la sua bellezza, unita al forte temperamento dove la dolcezza si armonizzava con la fermezza, non sfuggì al futuro Presidente della nazione, Juan Domingo Peron, la cui carriera militare era passata, in Italia, per Chieti e Aosta.

I due convolarono a nozze ed Evita, per l’impegno sociale e sindacale, forse anche per la carità disorganizzata, conquistò il cuore del popolo argentino. Compose anche il decalogo degli anziani. Nel 1947 con il consorte, compì il tour europeo. Visitò l’Italia e la Città del Vaticano, dove fu ricevuta da Pio XII, il quale le riservò l’accoglienza delle regine, con i venti minuti di colloquio. Fu scortata dal Principe Torlonia. Da Papa Pacelli ebbe in dono un Rosario, accettato con grande gioia dalla Presidenta, in quanto profondamente cattolica, con un direttore spirituale e terziaria francescana.

L’incontro con il Santo Poverello di Assisi era avvenuto grazie ai Frati Minori, presenti da lungo tempo in Argentina, per via della Spagna. La famiglia Conventuale, con i frati del Santo di Padova, sarebbero arrivati dopo la morte di Evita, quando la seconda ondata migratoria aveva portato tanti figli del Mezzogiorno d’Italia. Con essi anche tanti veneti. L’Argentina, negli anni di Evita, era una delle nazioni più ricche del mondo, e per gli italiani, messi al muro dall’ultimo conflitto mondiale, era una terra promessa.

Un cancro all’utero stroncò la forte fibra di Evita. Moriva il 26 luglio 1952, e la dipartita fu annunciata dolorosamente in radio. Il suo amore per gli ultimi e gli esclusi, per i “descamisados”, così chiamati per la protesta eseguita in corteo, senza indossare la camicia, fu sottolineato dalla morte nel giorno dei SS. Gioachino e Anna.

Come tutti i personaggi della storia, Evita, non ebbe pace neppure dopo la morte. Per lungo tempo, la radio interrompeva le trasmissioni, poco dopo le 21, per ricordare la morte della regina morale dell’Argentina. Quando Peron fu rovesciato, la salma della consorte cominciava ad essere ingombrante per il Paese. Juan Domingo trovò rifugio da Franco in Spagna e la dolce sposa, non poteva prendere la strada della penisola iberica, perché sarebbe stata la replica dell’Argentina.

La soluzione migliore fu individuata nel Cimitero di Musocco, a Milano. Per 14 anni il segreto fu custodito da Don Giulio Madurini, sacerdote della Compagnia di S. Paolo, la compagine ecclesiale fondata da Don Giovanni Rossi. Maria Eva Duarte ebbe il nome fittizio di Maria Maggi De Magistris. Le era rimasto il primo nome di Battesimo, mentre il cognome aveva indizi argentini. La “Plaza de Majo” di Bueinos Aires e De Magistris, allusione a Peron, definito Gran Maestro, ma anche cognome sardo, perché il presidente argentino aveva, a dispetto della mancante vocale finale, origini isolane.

Evita è legata, almeno per tre ragioni, all’Abruzzo. Un suo amico artista, Gaspar Spadafora, era di Pratola Peligna. Cagionevole di salute, guarito da bambino per intercessione della Madonna, fu pittore di soggetti sacri in Argentina, eletta a patria adottiva.

Nel 1995, la pasionaria fu interpretata nel musical “Don’t cry for me Argentina” e nel film “Evita” da Luisa Ciccone, statunitense di origine pacentrana. La pop-star chiese l’utilizzo del balcone della Casa Rosada di Bueinos Aires e volle leggere tanti libri sulla protagonista. E’ stato il miglior film della Ciccone, e molti ne hanno costruito il binomio.

Biografo di Evita, infine, Domenico Vecchioni, diplomatico di Atri, pescarese di adozione e romano di formazione. Figlio del dannunzista Mario, la professione in Argentina ha alimentato la passione per la leggendaria Presidenta. Nel tempo libero si dedica alla ricerca storica, con la passione dello spionaggio, indagato con l’occhio del diplomatico. La monografia su Evita non è una descrizione romanzata per carpire l’attenzione dei lettori e attrarre i ragazzi, ma il frutto di un preciso lavoro dove spiccano relazioni internazionali e problemi esistenziali.

Evita dopo più di 60 anni dalla morte insegna a tutti che la convivialità delle differenze, così tangibile e visibile in Argentina, può e deve trasformarsi in fratellanza.

SANTINO VERNA