Pubblicato Sabato, 27 Luglio 2019
Scritto da Concezio Leonzi

LO STABAT MATER IN PERGOLESI E FENAROLI

Un attento lavoro di ricerca nella tesi di Laurea di Gianluca D’Ascenzo

La brevità: gran pregio. Sempre. Anche quando si tratti di una tesi di laurea o di una ricerca scientifica. Come quella appena dissertata presso l’Università degli Studi “D’Annunzio” Chieti-Pescara dal giovane Gianluca D’Ascenzo. Per il Dipartimento di Lettere, arte e scienze sociali, il giovane studioso abruzzese ha preso in esame “Lo Stabat Mater in Pergolesi e Fenaroli”. Un lavoro assai complesso e molto ben articolato, da oggi incluso anche nel catalogo dell’Archivio Di Jorio di Atri a disposizione di tutti.

Partito naturalmente dalla genesi dello Stabat Mater, D’Ascenzo si intrattiene ampiamente su Jacopone dei Benedetti da Todi (Todi1236 - Collazzone1306), poeta  tra i più importanti del Medioevo e autore di laudi religiose e del celebre Pianto della Madonna e dello Stabat Mater, mettendo a confronto la stessa opera con il testo poetico di due compositori del Settecento italiano: Giovanni Battista Pergolesi e Fedele Fenaroli, marchigiano il primo, abruzzese di Lanciano il secondo. Molto interessante il capitolo dedicato alla vita musicale nella Napoli del ‘700, in cui i due musicisti si formarono: gli insegnanti, le scuole, l’attività musicale, i concerti, i metodi di studio, gli stili. E un fenomeno ricorrente: lo scoramento dei Maestri di fronte ai cambiamenti dell’arte “nuova” che tenta di sopprimere con la forza e l’entusiasmo giovanile le regole imposte dalla tradizione. Plastica testimonianza in tal senso è la lettera di Fenaroli del 1809 all’allievo Marco Santucci: “ Ecco che alla fine lascio Napoli, e la Musica: mi ritiro in Lanciano, dove morire, due metodi di scuola in un luogo non poteva andare avantj onde hò pensato ritirarmi, ed evitare ogni disturbo, ma j Giovani in poco tempo diventano Maestri senza sapere dove stà di casa la regola del Contropunto. La mia scuola è lunga, ed antica, onde più non serve, perciò ò pensato ritirarmi […]”.

Pergolesi e Fenaroli, appunto perché figli della stessa Scuola, sviluppano uno stile per certi versi assai simile a quello del loro Maestro. Tali assonanze stilistiche sono chiaramente evidenziate nel secondo capitolo della tesi di laurea del D’Ascenzo, il quale schematizza la diversa sezionatura dei due Stabat Mater in quattro colonne esemplificative, con il testo in latino, traduzione italiana e l’organico, con i tempi e le tonalità. Più avanti si sofferma ad analizzare una aspetto relativo alla XVIII stanza della sequenza “Inflammatus et accensus” e ne sottolinea la differenza semantica tra il verso originale del XIII secolo e una sua variante “rispetto a quanto viene, invece, riportato nel Manuale di Filotea di Giuseppe Riva.” Conclude la tesi di laurea un’attenta comparatio tra le diverse versioni dello Stabat Mater che si sono succedute fin dalle sue origini con un manoscritto della scuola Bolognese, fino al più vicino Stabat Mater di Rossini. Completano il lavoro una dettagliata bibliografia e una sitografia.

Possiamo dire che si tratta di un lavoro musicologico assolutamente interessante, per le problematiche sviluppate su severi criteri comparativi, e frutto di un accuratissimo lavoro di ricerca sulle fonti studiate e messe a confronto. In ogni rigo, infine, traspare la passione che il D’Ascenzo nutre per la musica,  della coralità polifonica in particolare, di cui è attivissimo cantore, interprete, e laborioso continuatore di quella bella tradizione che sempre più va sviluppandosi in Abruzzo.

Concezio Leonzi