Pubblicato Martedì, 02 Aprile 2019
Scritto da Santino Verna

Ha raccontato le tradizioni della nostra città

CIFRA TONDA PER UN AMICO DI ATRI: MARIO D’ALESSANDRO

Il 25 marzo, festa dell’Annunciazione del Signore, ha festeggiato 80 anni, il bibliotecario e storico delle tradizioni abruzzesi, Mario D’Alessandro, Don Mario come viene affettuosamente chiamato. Originario di Altino, è chietino di adozione.

Ha lavorato tanti anni presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara e ha avuto come alter ego per la ricerca delle tradizioni popolari, Valerio Di Valerio, prematuramente scomparso nel 1995. Mario scrittore e Valerio fotografo, hanno percorso in largo e in lungo l’Abruzzo, fermando nella carta le peculiarità della regione.

Nel 1988 avviarono su “EcoAbruzzo”, inserto regionale dell’Eco di San Gabriele, “Lu jurne de la feste”, dove ogni mese era raccontata una tradizione calendariale della regione. Si partì, e non poteva essere altrimenti, essendo peraltro il periodo, con i serpari di Cocullo, la kermesse per antonomasia dell’Abruzzo, nel paese che vive solo un giorno all’anno, per dirla con Emiliano Giancristofaro.

Il criterio della carrellata era quello di accontentare un paese alla volta, senza addentrarsi nei quattro capoluoghi, soprattutto a Pescara dove antiche tradizioni popolari non esistono. Un borgo regionale che poteva avere una decina di tradizioni annuali, piccole o grandi, era messo nell’inserto solo per una festa, dove magari si parlava, anche delle altre.

Nel 1990 fu la volta di Atri, e la kermesse furono i “faugni”, i fuochi dell’Immacolata, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. All’epoca, la festa dell’Assunta aveva due eventi, uno tradizionale e uno folkloristico, per usare la terminologia dei demologi, l’apertura della Porta Santa alla vigilia, e la sfilata dei carri, il giorno seguente. Il rito della Porta Santa, pur suscitando emozione e attenzione, avveniva senza corteo, e senza presidenza del Vescovo. La sfilata dei carri dipinti, trainati dai buoi, non era ancora maggiorenne, e subito si era imposta a livello nazionale, anche per i gruppi in costume.

Corrispettivo autunnale, la festa dell’uva. Dopo anni di interruzione, nel 1989, fu ripresa, nell’imminenza della festa della Madonna del Rosario, con il coinvolgimento del quartiere S. Domenico, ormai non più compreso solo nella parte intramurale, ma allargato a Via Canale e ai campi da tennis.

I “faugni”, forse con l’inconveniente dell’orario antelucano che scoraggiava qualche televisione privata o l’antropologo di turno, erano una tradizione in piena salute, senza gli eventi collaterali di adesso, con grande partecipazione di giovani e meno giovani, l’animazione della banda e la S. Messa in Cattedrale, meno partecipata del passato.

La rubrica di Mario D’Alessandro conobbe la fine con il tramonto di EcoAbruzzo, inserto promosso da P. Ciro Benedettini e Giovanni Verna, per entrare nei meandri della regione di cui è patrono S. Gabriele. Prima della carrellata delle tradizioni dell’anno, con qualche incursione in quelle biologiche, c’erano state alcune puntate sugli antichi mestieri, “Lu sudore de la fronte”, e non mancò una tappa a Guardiagrele, con la presentazione delle “sise de le monache”, uno dei dolci più tipici della regione, la cui denominazione ricorda la presenza claustrale nella cittadina del ferro battuto.

Incontro annuale di D’Alessandro e Di Valerio con gli amici, giornalisti e sostenitori, era la festa di S. Martino, presso il Santuario di S. Gabriele, per festeggiare uno dei patroni morali d’Abruzzo, presente nella toponomastica regionale, in primis Fara S. Martino e S. Martino sulla Marrucina, rispettivamente patria della pasta e di P. Raffaele Piergrossi, storico Parroco della Porziuncola. Il Vescovo di Tours era celebrato con abbondanti bevute, e la consumazione di salsicce e castagne.

L’altro incontro, la festa liturgica di S. Gabriele, il 27 febbraio, dove già dalle prime luci dell’alba, accorrono i pellegrini per la S. Messa del Transito, nell’ora in cui confratel Gabriele dell’Addolorata, entrava nella Pasqua eterna. Forse è la Messa più coinvolgente sotto il profilo emotivo, per cominciar bene la giornata lavorativa sotto la protezione del Santo concittadino del Poverello.

L’altro incontro demologico-culinario, la degustazione delle virtù, il primo maggio, a Teramo o nei luoghi vicini alla città pretuziana. Un piatto quasi sconosciuto agli altri borghi della regione, per festeggiare l’arrivo della calda stagione, con la consumazione dei rimasugli della dispensa. La compagnia di Mario D’Alessandro preferiva il piatto aprutino, alla festa del Verde Giorgio di S. Giovanni Lipioni, nell’ultima propaggine abruzzese, già in diocesi di Trivento, con la kermesse dell’albero di maggio, dove si consumano gustosi dolci e pietanze prelibate.

Ora “Don” Mario presiede un coro folkloristico teatino, nato sulla scia di tante compagini tradizionali presenti negli anni passati all’ombra di tutti i campanili abruzzesi. Un gruppo con l’impegno della riproposta di brani tradizionali, anonimi e d’autore, di una terra, segnata dall’insularità come la Sardegna e proprio per questo i riti calendariali non possono essere blindati nel cassetto.

SANTINO VERNA