Pubblicato Martedì, 16 Ottobre 2018
Scritto da Santino Verna

IL PAPA DEL DIALOGO

PAOLO VI SANTO: UN GIORNO DI STRAORDINARIA LETIZIA

Lo storico conventuale P. Paolo Gavazzi, docente di Storia della Chiesa a Padova, parla di Paolo VI come il piu’ grande Papa del XX secolo. Perché se S. Giovanni XXIII ha avviato il decollo del Concilio, a Papa Montini è toccato il difficile momento dell’atteraggio. S. Paolo VI ha costruito la strada, poi percorsa dagli altri Sommi Pontefici.

La conferma è stata la celebrazione della canonizzazione, avvenuta in Piazza S. Pietro, in una tiepida domenica ottobrina. Poco prima della S. Messa il cielo sembrava incupirsi, ma poi è spuntato il sole che non ha voluto mancare alla liturgia. Sembrava, visivamente, una riedizione del Concilio Vaticano II, per la massiccia presenza di Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, non solo di rito latino.

I Primi Vespri della XXVIIIa domenica del tempo ordinario, nel ricordo di S. Paolo VI, sono stati celebrati, in rito ambrosiano, nella Basilica dei SS. XII Apostoli, dove si custodisce, nella navata sinistra, un grande quadro di Papa Montini, trionfante, parato per la S. Messa, in sedia gestatoria. Il Vespro, con il lucernario, è stato presieduto dall’Arcivescovo di Milano, Mons. Mario Delpini, circondato dai Vescovi ausiliari, anche emeriti e da altri Vescovi legati a Paolo VI. Nei giorni precedenti, accanto al quadro di S. Paolo VI, era stata esposta una casula del grande Papa.

Giovanni Battista Montini era nato a Concesio, nella casa estiva della famiglia, nel 1897, da Giorgio, avvocato, deputato e giornalista e Giuditta Alghisi, originaria di Verolanuova, sempre in provincia di Brescia. Apparteneva alla borghesia bresciana. Nell’albero genealogico sono presenti tanti professionisti, soprattutto medici e avvocati. Fu battezzato nella chiesa di S. Antonino, ora Santuario, a Concesio, a otto kilometri da Brescia.

Presso le Ancelle della Carità compì la scuola materna, mentre la successiva e solida formazione avvenne sotto la guida dei Gesuiti. In pari tempo, fu discepolo di P. Giulio Bevilacqua, nella chiesa della Pace, ad un tiro di schioppo da casa Montini. Ma anche di P. Paolo Caresana che ritrovò a Roma nella chiesa di S. Maria in Vallicella. Nella famiglia respirò i valori della fede, del rigore morale, del sacrificio. La spiritualità fu nutrita anche dalla sosta nei Santuari, non ultimo la Basilica del Santo a Padova, dove il papà Giorgio si era laureato in giurisprudenza e l’amico di famiglia, Beato Giuseppe Tovini, aveva fondato il Collegio Universitario “Antonianum”, affidato ai Gesuiti, e da poco non piu’ esistente come tale.

Cagionevole di salute, fu alunno esterno del Seminario di Brescia e nel 1920 fu ordinato sacerdote. Celebrò la prima Messa nel Santuario delle Grazie, pur essendo parrocchiano di S. Giovanni Evangelista. Cominciò subito il servizio alla Chiesa Universale, dopo un breve incarico in Polonia, si gettò a capofitto nel lavoro apostolico, accanto, prima a Pio XI e poi, soprattutto a Pio XII.

Durante la persecuzione nazista, salvò numerosi ebrei, soprattutto bambini, nascondendoli anche in istituti svizzeri, come ricordava commossa Mercede De Giacomi, consorte di Mario Mangerini, prezioso e stretto collaboratore del Card. Giulio Bevilacqua. Il compianto Mario, fino all’ultimo respiro, si dedicava alle opere sociali, con il dinamismo misto alla tenerezza, proprio come Papa Montini.

Pro-Segretario di Stato, il futuro Papa, nel 1954, all’indomani della morte del Card. Beato Alfredo Schuster, fu nominato Arcivescovo di Milano. Poco prima si vociferava la nomina a Patriarca di Venezia, a ricordo degli antichi legami tra Brescia e la città lagunare. Pio XII, intuiva quello che sarebbe diventato il fedele collaboratore e volle inserirlo nell’apprendistato, con l’affidamento di una delle diocesi piu’ grandi del mondo. A Milano, compì l’ingresso nella piovosa festa dell’Epifania, data significativa, per le reliquie dei Magi, a lungo ospitate nella chiesa domenicana di S. Eustorgio. Si conquistò subito l’affetto degli ambrosiani e fu sempre vicino ai lontani dalla fede e agli emarginati. Pensò alla provvista di nuove parrocchie nella periferia milanese, segnata dall’industrializzazione e dall’arrivo di tanti meridionali e veneti alla ricerca di migliori condizioni di vita. Indro Montanelli lo definì ingiustamente “Paolo mesto” e questa locuzione del giornalista di Fucecchio non la condivido per nulla.

Volle a Milano, la missione popolare e tra i predicatori chiamò, ormai prossimo alla fine della giornata terrena, Don Primo Mazzolari. Nel 1963, fu eletto Sommo Pontefice, e scelse il nome dell’Apostolo delle Genti, perché volle come programma di vita, l’esempio di S. Paolo.

Portò a conclusione il Concilio Ecumenico, e l’equilibrio, con molta sofferenza, tra progressisti e conservatori. Diede grande impulso all’ecumenismo. Quando doveva scrivere una lettera o un’omelia, centellinava tutto, perché aveva paura di irritare i separati e i dissidenti. L’abbraccio, nel 1964, con il Patriarca Atenagora, nella terra di Gesu’, è l’imago brevis del pontificato di questo grande Santo.

Fu il Papa dei viaggi apostolici, anche se non furono molti. Visitava le parrocchie e gli istituti romani, e la notte di Natale si recava fuori Roma, come nel 1966, a Firenze, a un mese e mezzo dall’alluvione per condividere il dolore e la drammatica situazione.

Avrebbe forse compiuto una visita a Milano o a Brescia, ma gli anni di piombo non consentivano l’arrivo del Papa con il rischio dell’attentato. Voleva tanto recarsi in Assisi, ma conflitti intraecclesiali (gli stessi dell’altra parte dell’Adriatico), non gli permisero l’incontro da Vicario di Cristo, con il suo amato Santo. Era terziario francescano, iscritto alla fraternità di S. Francesco a Brescia, dove si è tenuta una veglia di preghiera, in attesa della canonizzazione, a cura del Guardiano P. Gian Carlo Paris.

Nato al Cielo, nella luce della Trasfigurazione, la sera del 6 agosto 1978, la morte fu accelerata dal dolore per il rapimento e l’uccisione dell’amico Aldo Moro. Una festa liturgica, la Pasqua d’estate, molto cara alle Chiese orientali. La festa della teologia della bellezza e Paolo VI ha riconciliato la Chiesa con l’arte contemporanea, perché anche attraverso l’arte, possiamo contemplare il Cielo e ricevere energia per servire il Cristo sofferente negli ultimi e negli esclusi della terra.

SANTINO VERNA