SUL FILO DELLA MEMORIA

LA MIA CAPO D'ATRI : MICHELE

In mancanza di meglio noi ragazzi avevamo ricavato un campetto di calcio con una porta vicino alla fontana e l’altra una delle porte dei magazzini, sempre chiusi.

Giocavamo per ore intere e durante l’estate anche per l’intera giornata. Ogni tanto ed involontariamente la palla andava nel giardino Guidetti. Sul muro, sopra la fontana,  c’era una finestra da dove si affacciava e poteva controllarci Michele, soprannominato “la mrich” che significa more, custode del palazzo e del giardino Guidetti. L’età era avanzata, sulla settantina e per di più era zoppo e doveva aiutarsi con il bastone. Il giardino Guidetti oltre al lato di largo santo Spirito aveva un altro lato sulla strada e in entrambi i lati presentava una finestra.

Quando la palla andava nel giardino bisognava riprenderla, visto la scarsezza economica di tutti e la poca propensione dei genitori a comprarne una altra, ma serviva anche per continuare a giocare nella giornata. Ci arrampicavamo dal cancello poiché il muro era alto e liscio e si riprendeva la palla. Un giorno troviamo la sorpresa, alla sommità del cancello era stato applicato in filo spinato che impediva il passaggio. Allora toccò a me, il più coraggioso ed abile per queste azioni a salire sempre per raccogliere la palla.

Ogni volta che la palla andava nel giardino Michele ci vedeva e poveretto con tanta pazienza usciva da casa, si dirigeva per via Picena, entrava dal portone principale per arrivare al giardino e redarguirci. La lotta contro il tempo tra noi e Michele era feroce. Salire sul cancello, trovare la palla, a volte nascosta tra i cespugli, e ridiscendere dal cancello prima che Michele arrivasse e ci trovasse nel giardino.

Una volta non feci in tempo poiché non riuscivo a trovare la palla che  era finita in mezzo ad un boschetto di alloro e alla metà del giardino mi vedo Michele che mi minacciava con il bastone roteante, con la rabbia dipinta sul volto e con una leggera felicità perché finalmente era arrivato in tempo.

Tra il pensare cosa fare e l’agire fu un tutt’uno, forse superiore alla velocità della luce. Volai nel vialetto laterale e di corsa saltai dalla finestra che dava sul lato della strada, leggermente più bassa dell’altra. Non mi feci nulla neanche una minima ferita, era la prima volta che qualcuno aveva osato saltare da quella finestra. Tutti gli altri ragazzi rimasero meravigliati per quello che avevo fatto.

Questo ping-pong tra noi e Michele durò per anni Michele che sapeva tutto, al di fuori di questo ping pong, di questo andirivieni che lo stancava o forse lo divertiva non diceva nulla. Ci fosse stato una volta che si fosse lamentato con mio padre o con i genitori degli altri ragazzi. Mai.

Quante volte sono stato, ma anche gli altri ragazzi, a casa di Michele. Quante volte mi sono affacciato dalla stessa finestra dalla quale Michele ci teneva d’occhio. Quante volte Michele e soprattutto la moglie Marietta mi ha dato dei biscotti, fatti da lei, e della frutta da mangiare. Quante volte Michele mi ha incontrato per strada. Quante volte ci ha visto giocare a via Picena. Non le ho contate ma certamente di numero molte superiore a quelle del ping pong per raccogliere la palla. Ci avesse detto qualcosa, No. Neanche un rimprovero o uno schiaffo, e se meritato non potevamo neanche dirlo ai genitori poiché erano altri schiaffi.

Lui era il protagonista di un gioco delle parti. Doveva far finta di arrabbiarsi, di rincorrerci di scoraggiarci ma sapeva benissimo che noi ragazzi dovevamo giocare e che non salivamo nel giardino per rubare qualcosa dei Guidetti ma solo per riprendere l’oggetto preferito del nostro divertimento.

Il proprietario, oramai un po’ ad Atri ed un po’ a Pescara non ci ha detto mai nulla, non ha detto mai nulla a mio padre, non ha mai sporto denuncia presso i carabinieri per intrusione nella proprietà privata. Anche lui era il protagonista di un gioco delle parti consapevole che non rubavamo nulla e che non rovinavamo nulla del giardino. Sono certo, anche se non ho nessuna prova, che ha parlato del fenomeno con Michele ma che gli abbia imposto di non fare nulla di straordinario.

Nicola Dell’Arena