Un viaggio nella storia della canzone abruzzese

ANTONIO DI JORIO DA DIFFONDERE MAGGIORMENTE IN RADIO

In una festa agostana di una città abruzzese, il giovane fisarmonicista girava suonando e cantando per diversi minuti “La macchina del capo ha un buco nella gomma/ aggiustiamola aggiustiamola con la chewing-gomma”. Un ban divertente, utilizzato nei Grest e nei campi scouts e di AC, certamente senza la poesia scaturita dall’estro di Antonio Di Jorio.

Un tempo, in radio, anche in prima serata venivano diffusi brani del maestro di Atessa, il padre della canzone abruzzese, nata ufficialmente il lunedì in albis 1888, nel piazzale del Convento di S. Maria di Gesu’ a Francavilla al mare che si apprestava ad essere uno dei centri piu’ importanti d’Abruzzo. Di Jorio sarebbe nato due anni dopo nella non lontana Atessa.

L’evento francavillese rimase forse un anfratto culturale, perché la vera canzone abruzzese nasce negli anni ’20 con le Maggiolate ortonesi e atriane e le Settembrate pescaresi. Era la fascia costiera a diffondere il canto d’ispirazione popolare, perché marittimi erano i tre comuni per antonomasia del folklore regionale. Anche Atri, fino al 1932, aveva lo sbocco al mare, tra il Vomano e il Calvano, poi per ragioni economiche e politiche dovette cedere il lido, al neonato comune di Pineto, dove da poco si era trasferito quello di Mutignano. Atri aveva la versione autunnale della Maggiolata, l’Ottobrata, certamente meno coinvolgente sotto il profilo emotivo della festa di maggio, ma condita dal calore dei contradaioli di S. Domenico (l’antica dicitura di S. Giovanni è un ripristino degli anni ’80).

Grazie al Prof. Cav. Concezio Leonzi, direttore del coro folkloristico e fondatore della schola-cantorum “Aristotile Pacini” di Atri, abbiamo riscoperto il Di Jorio extrafolkloristico, perché per decenni il maestro di Atessa è stato “solamente” il compositore delle musiche di insigni parolieri in vernacolo, in primis Don Luigi Illuminati e Don Cesare De Titta.

Con l’alter Propertius di Atri, il maestro di Atessa, compose “Luntane cchiu’ luntane” e “Mare nostre”, per menzionare i brani piu’ conosciuti. Ovviamente presenti nel repertorio del coro di Atri, il primo è stato inserito nel primo LP (1979), mentre il secondo è uno dei cavalli di battaglia della corale “Giuseppe Verdi” di Teramo, considerato quasi il piu’ famoso in Abruzzo, perché con 70 anni di vita.

Con il latinista di S. Eusanio del Sangro, l’alter ego di Luigi Illuminati per l’Abruzzo Citeriore, ricordiamo “Scioscia mè”, con il disperato tentativo di italianizzazione da parte di un professore lancianese nel periodo tra le due guerre mondiali e “Vuccuccia d’ore”. Come Illuminati, Don Cesare, amava immergersi nei paesaggi d’Abruzzo e una delle mete preferite era Fara S. Martino, dove un amico motociclista lo accompagnava, mentre il sacerdote sangrino sedeva in motocarrozzetta, senza grandi disagi, perché poche erano le autovetture sulle polverose strade che portavano ai piedi della Montagna Madre. La sosta preferita era la casa del farmacista chimico, Dott. Ovidio Alleva, paron dello Sport Caffè, della Fata del Cavallone e del Punch. Per quest’ultimo Don Cesare compose due poesie, una in italiano, una in dialetto e sarebbe stata meravigliosa, una canzonetta con la musica di Antonio Di Jorio.

Sarebbe stata l’alter ego della “Gazzose de lu squatrone”, dove il maestro di Atessa ha musicato le parole del Prof. Giuseppino Mincione, umanista di Villa Bozza, atriano di adozione. In un primo momento il testo era stato chiesto al poeta dialettale Antonino Anello, ora ultranovantenne, autore di commedie, valente ebanista, il Modesto Della Porta del Cerrano.

Sulla scia della rinfrescante bevanda, presente nelle cantine atriane, l’illustre latinista Mincione ha scritto il canzoniere gastronomico, con la musica del suo amico Prof. Antonio Piovano, originario di Città S. Angelo. Folklore e arte culinaria si sono incontrati l’ennesima volta e attraverso i piatti si scopre un aspetto peculiare dell’Abruzzo.

L’exploit del Di Jorio extrafolkloristico porta la data del 14 dicembre 1996, quando nel ridotto del Teatro Comunale, viene inaugurato l’archivio-museo, alla presenza della figlia e unica erede del maestro, la Prof.ssa Pasquina. Alla cerimonia era ovviamente presente l’allora Assessore alla Cultura, Prof. Nino Bindi che tanto si è impegnato con il Prof. Leonzi per il collocamento dell’archivio (corredato da cimeli, manoscritti e ricordi personali), in una sede dignitosa. Non è un museo biografico, come quello di De Titta, a S. Eusanio del Sangro, ma possiamo individuare l’abitazione atriana del maestro, nell’attuale casa del Prof. Massimo Spezialetti, in Via Angelo Probi, una strada di antica denominazione con il ricordo del diplomatico atriano, nel cui stabile nacque un altro diplomatico, il Dott. Domenico Vecchioni, biografo di Evita Peron.

Sono sempre meravigliose le pagine di Antonio Di Jorio. Come le romanze. Non hanno avuto la fama di Francesco Paolo Tosti, forse perché nell’alone del Regno Unito e sotto l’ombrello di Gabriele D’Annunzio (studiato persino da Giorgio La Pira!), ma sono opere di immensa competenza musicale dove traspare da ogni poro la tenerezza delle radici.

Grazie al Prof. Concezio Leonzi, per l’inclita opera culturale, dove arte e promozione umana s’intrecciano per un mondo piu’ giusto e piu’ vero.

SANTINO VERNA