Pubblicato Martedì, 19 Giugno 2018
Scritto da Santino Verna

RICORDIAMO IL PROFESSOR ANTONIO PAVONE

UN GRANDE ARTISTA CON ATRI NEL CUORE

Amico di mio nonno e di mio padre, il Professor Antonio Pavone, passato ultranovantenne all’altra riva, è stato uno dei personaggi che ha popolato la mia fanciullezza e anche tra quelli che hanno alimentato il mio profondo amore per la storia dell’arte.

Atriano doc, il Professore aveva insegnato diversi anni in Egitto, Nigeria, Somalia e Turchia e quest’esperienza si era riverberata non poco nell’opera pittorica. Tornato ad Atri, si era costruito la villa-studio a Colle Sciarra, sui terreni della nonna Arcangela Sciarra, in uno dei luoghi piu’ incantevoli del territorio acquaviviano.

Sarà perché lo abbiamo sempre sotto gli occhi, ma non ci accorgiamo di questi tesori. Un colle che amo paragonare all’Infinito di Leopardi, per le ubertose campagne, la vicina Mutignano con la torre quadrangolare sulla facciata, la chiesa riformata appena visibile, il sole che veste di colore le colline per dirla con una canzonetta abruzzese entrata con difficoltà nei repertori, la casa del mio migliore amico Luigi, e, con lo sguardo ad Atri, la chiesa di S. Giovanni, con la discreta e in pari tempo gloriosa immagine di S. Domenico, il cui bianco saio copriva il cordiglio trinode. Un domenicano puo’ essere innamorato di Francesco, come un francescano puo’ essere innamorato di Domenico.

Il Professor Pavone, nella seconda giovinezza, ha tenuto diverse mostre, dove spiccava il talento di figurativo. Nel mondo della storia dell’arte, la polemica tra astrattisti e realisti ha comportato la vittoria dei primi, perché il realismo puo’ essere rimpiazzato dalla fotografia. Ne puo’ essere conferma Nicodemo Napoleone, l’abile ritrattista di Pescara, il cui atelier in Corso Umberto era una vetrina obbligata nel tempo libero con la spesa (ma il piu’ delle volte, solo l’occhiata) presso i negozi d’abbigliamento e il gelato da Camplone o Berardo.

Maestro dell’acquarello, il Professore si è avvicinato alla metafisica, e ha sempre privilegiato la pittura “dal vivo”. Atri era sempre nel suo cuore, e uno spazio privilegiato erano i calanchi, un tempo non molto attenzionati dalla gente. Il docente atriano vi portava gli studenti, alla fine degli anni ’50, perché la pensava come la grande Caterina Zappia, allieva di Alessandro Marabottini, “dobbiamo conoscere le cose di casa nostra”. Anche grazie al Prof. Pavone, nel 1995 fu istituita la riserva regionale dei calanchi.

La vocazione di naturalista si accentuò in Turchia dove ebbe la gioia di conoscere il fondatore di “Italia Nostra”, Giorgio Bassani. Per una conferenza, venne in Atri, alloggiando nell’allora albergo “S. Francesco”, e in quel periodo, il Prof. Pavone era presidente della sezione locale della famosa associazione ambientalista. Tra i progetti, accolti dalle scuole atriane, “Atri in positivo, Atri in negativo”, dove gli studenti erano invitati a fotografare le positività e le negatività della città degli Acquaviva. Un modo anche divertente per scoprire gli infelici interventi urbanistici di una cittadina che poteva essere come Spello, Marostica o Montagnana.

Nell’ultima parte della vita, il Prof. Pavone ha vissuto la vocazione di scrittore. Grazie a Don Paolo Pallini, aveva un appuntamento con i lettori su “Comunità in Cammino” e raccontava storie di Atri e dei Paesi extraeuropei. In uno di questi articoli, nel 2000, nacque la proposta di ripristinare la benedizione degli animali, nella festa di S. Antonio Abate. Da studente a Roma, il Professore aveva assistito a questo rito presso la Basilica di S. Maria Maggiore e la ripropose per la cittadina natale. Ad Atri la consuetudine era d’obbligo, perché S. Antonio Abate è uno dei testimoni della fede piu’ rappresentati in Cattedrale, per la vocazione agricola del paese.

I suoi occhi azzurri incastonati nel volto dall’incarnato diafano s’illuminarono di gioia, quando seppe della nomina di Mons. Vincenzo D’Addario, Arcivescovo di Teramo-Atri. Finalmente un abruzzese tornava nelle nostre parti. E il Prof. Pavone era un grande illustratore e cantore dell’abruzzesità e aveva ribattezzato i calanchi di Atri, la “Cappadocia d’Abruzzo”.

Ora in Cielo ha ritrovato tante persone care, a partire dalla moglie, la Signora Raffaella Di Polvere, milanese giunta ad Atri durante l’ultimo conflitto mondiale, i genitori Luigi e Maria Nespoli, i nonni con i quali trascorse l’infanzia e ricordava negli scritti, e una serie di atriani come Don Luigi Illuminati, il figlio piu’ illustre della città acquaviviana e Carlo Verdecchia, l’artista figurativo, formato nell’ambiente crociano di Napoli, cantore della campagna e delle mucche. Personaggi che, purtroppo, non torneranno piu’.

Dopo il sisma del gennaio 2017, il Professore trascorse l’ultimo anno abbondante della sua vita a Villa S. Romualdo di Castilenti. Aveva ricevuto la visita dell’amico Pino Perfetti, uno dei pilastri della sezione regionale di “Italia Nostra”, anche lui amante dell’arte e del bello. E il pensiero corse a quelle serate invernali nella casa a Vico Troli, all’ombra della Cattedrale di S. Maria, dove Maria Santissima Immacolata ci avvolge tutti nel suo manto.

SANTINO VERNA