Pubblicato Giovedì, 03 Maggio 2018
Scritto da Santino Verna
Piccole storie della nostra citta'
 CHIERICHETTI DI SAN NICOLA
La parrocchia di S. Nicola, per gli amanti delle cifre, durante la missione popolare cittadina, dei PP. Passionisti (13-28 ottobre 1984), aveva 14 chierichetti nella celebrazione domenicale. Questo significa un numero maggiore, perché non tutti erano presenti. Ma non c’era la lista dei turni, come a S. Maria e a S. Gabriele, essendo la parrocchia piu’ piccola di Atri capoluogo, con territorio tra centro storico e aree rurali.
La divisa, prima della Messa del Beato Paolo VI, era una talarina nera con la cotta bianca, i chierichetti rigorosamente maschi, e a volte c’erano risse per l’attribuzione dei ruoli. Erano gli anni di Mons. Aurelio Tracanna e la bonaria rivalità c’era tra S. Nicola e la Cattedrale.
Con l’arrivo di Don Antonio Toscani e le Messe beat, prese il sopravvento la tarcisiana, diversa dalla Cattedrale, perché mentre in Duomo le liste perpendicolari erano totalmente rosse, in S. Nicola avevano il motivo delle losanghe, sempre rosse. Ornamento ripetuto, in tante altre chiese, per le tovaglie d’altare e i camici. I chierichetti piu’ grandi, mettevano il camice con lo scollo, l’amitto e il cingolo bianco o del colore liturgico. Poiché le tarcisiane si stavano consumando, Don Antonio ne acquistò alcune nuove, per le feste piu’ grandi, ed erano camici bianchi con decorazioni floreali, ai polsi e alle estremità, tutti dotati di cingolo rosso.
Le feste piu’ grandi, si riducevano a tre, quindi poche erano le uscite delle “tonachelle nuove”: Natale, Pasqua e Cresime. La festa di S. Nicola, non era molto sentita, per via della collocazione calendariale in inverno, quando tutti sono proiettati alla solennità dell’Immacolata e i ragazzi atriani pensano con grande fibrillazione alla “nottata”. Per alcune edizioni, la festa fu celebrata in luglio, l’ultima volta nel 1983.
Per i chierichetti il giorno delle Cresime era atteso non tanto per la particolarità della celebrazione, o per l’arrivo del Vescovo (per quasi tutto il parrocato di Mons. Giuseppe Di Filippo è stato il medesimo ad amministrarle, dato che fu Vicario Generale di Atri), ma per la possibilità di svolgere piu’ ruoli, in quanto gli altri ministranti erano tra i comunicandi o i cresimandi e qualcuno piu’ grande doveva cresimare il cugino o il fratello minore. Un anno, era il 1989, il servizio per le Cresime era formato da quattro ministranti, e per giunta, quell’anno tornava il Vescovo, dopo tanti anni. 
Un servizio molto ambito era il “lavabo”, nel gergo ministrantesco di S. Nicola, era detto l’acqua. Quindi chi porgeva al sacerdote l’ampolla del vino, doveva accontentarsi del manutergio. Era il mese di maggio, e quel sabato c’era un matrimonio. Il chierichetto incaricato dell’acqua, compiva il giro della questua per le tre navate, e quello del vino cercava di sottrargli il tempo, in modo da iniziare piu’ tardi con il cestino e rientrare per l’Orate fratres. Cominciò subito a distrarlo, a Credo iniziato e dovette intervenire un componente della schola cantorum a sedare la discussione in presbiterio, ma ormai i tempi erano stati ben calcolati e il ministrante del vino si ritrovò ad esserlo anche dell’acqua.
A fortiori, un altro ruolo era il turiferario, abbastanza raro nella parrocchia di S. Nicola, perché si tendeva a liturgie meno solenni della Cattedrale. A volte, neppure la notte di Natale, con la chiesa molto gremita, si riusciva ad accendere i carboncini. Un ministrante, una volta, fu escluso dal turibolo, e, senza scomporsi, alla fine della Messa, si mise a giocare per qualche minuto con l’incensiere.
Raramente si tenevano le prove per il servizio liturgico a S. Nicola, perché si decideva tutto nella mezz’ora prima della celebrazione, in sacrestia, talvolta con l’inesorabile rumore, mentre in chiesa si pregava il Rosario, soprattutto nel mese mariano. Le prove molto ben curate si tennero, per la S. Messa nella festa di S. Nicola, il 6 dicembre 1987, nel ricordo del IX centenario della traslazione delle spoglie del Santo da Mira a Bari, quindi dall’Oriente all’Occidente.
Le benedizioni delle case, avvenivano dopo Pasqua, e il parroco era accompagnato da due chierichetti, uno con il secchiello dell’aspersorio, e uno per il contenitore delle offerte. La parte intramurale, prevedeva due giri, perché non erano lunghe le soste nelle famiglie. Qualche parrocchiano aumentava la durata, perché doveva pianificare qualche Messa di suffragio.
Ricordiamo Eugenio Saporosi, Pasquale Leonzi e Giuseppe Di Giorgio, tra i primi ministranti del dopoconcilio e piu’ tardi Toni Nespoli e Gabriele Nardi. Finita la S. Messa domenicale, alcuni si precipitavano a spegnere le candele, altri a ritirare i sussidi liturgici. Qualche ministrante era abilissimo a costruire barchette o velivoli di carta, il sottoscritto, imbranato in tutto, si limitava, quando incaricato di quell’appendice del servizio, ad accartocciare i foglietti. Ma non l’avrebbe compiuto in Cattedrale. I foglietti di S. Nicola, venivano da Alba, in provincia di Cuneo, quelli di S. Maria si stampavano a Rovigo. Vicino Padova.
SANTINO VERNA