Pubblicato Domenica, 24 Dicembre 2017
Scritto da Nicola Cerquitelli

OPINIONI

IL NUOVO CHE STENTA A NASCERE E IL SOGNO DI UNA NUOVA SINISTRA

“Crisi è quel momento in cui il vecchio muore ed il nuovo stenta a nascere”. Penso che questa frase di Antonio Gramsci sia un ottimo modo per descrivere, in sintesi, il nostro presente e un ottimo input per una riflessione personale. Gramsci parla di vecchio e nuovo che, tra l’altro, è la dicotomia su cui si intende fondare il dibattito politico odierno. Quelli della mia generazione, che hanno attraversato le grandi lotte politiche degli anni ’70 e ’80, abituati alle divisioni in categorie ideologiche di destra e sinistra sono, di conseguenza, i soggetti più spaesati.  Viene quindi da pensare che non sarebbe nemmeno più opportuno rileggere quel libro di Norberto Bobbio intitolato, guarda un po’, “Destra e Sinistra”, scritto proprio all’ indomani del crollo del muro di Berlino. A mio parere, una cosa a cui il pensiero debole dei social network ci sta disabituando, è l’analisi attenta e riflettuta delle parole.” Le parole sono importanti” urlava Nani Moretti nel film Palombella Rossa, un grido che rifletteva il trauma della sinistra italiana durante la fine dei due blocchi ma, allo stesso tempo, la disperata necessità di tornare a dare significato ad un lessico che stava andando in frantumi. Un’ analisi attenta, riflettuta, ma soprattutto materiale delle parole: legate cioè alla materialità, alla prassi dell’agire quotidiano. Potremo così scoprire tante cose interessanti e stanare gli impostori.

Cosa vuol dire vecchio e nuovo innanzitutto? Una interpretazione è quella tipica del renzismo. Vecchia è la sinistra del ’900, vecchio è chi guarda a un mondo che non esiste più, vecchio è chi difende l’art.18, vecchio è chi sogna ancora un lavoro a tempo indeterminato, vecchio è chi è contro il Job’s act … Nuovo sarebbe (è il renzismo ancora che parla) in poche parole, tutto il contrario di ciò per cui la sinistra novecentesca ha combattuto e lottato. In effetti, l’Italia e, in generale, il mondo è cambiato rispetto alla seconda metà del Novecento. Ma, in concreto, quali sono stati i principali cambiamenti materiali, cioè strutturali e sociali? Flessibilità, mobilità, formazione perenne. Questa è la litanìa della contemporaneità. E qui veniamo alla situazione politica contingente. Ho fatto questa breve analisi preliminare perché, secondo me, a partire da tale discussione bisogna scrivere programmi e innestare, ebbene sì, la dicotomia destra- sinistra. Destra e sinistra del XXI secolo. Il PD ha scelto di schierarsi con i “vincenti” della crisi. Non certamente con i perdenti. Simbolicamente, qualche tempo fa, il segretario del PD si schierò apertamente a favore di Marchionne, quando disse che”in questo Paese ha fatto più Marchionne che certi sindacalisti”. Abbiamo visto i risultati. La politica di FCA è stata quella di una progressiva delocalizzazione. Possibile che, proprio mentre fuori c’è un mondo del lavoro da proteggere e salvaguardare, il PD ha preferito far guerra alla CGIL? Io penso che solo la concertazione con il mondo sindacale può rendere stabile il lavoro.

Paradossale, al limite del ridicolo, è stata inoltre la gestione della crisi bancaria. E’ penosa la difesa ad infinitum degli interessi di famiglia del ristretto giglio magico.

A sinistra, intanto, la cosa rossa ha trovato finalmente un nome: “Liberi e Uguali”. Due parole bellissime, libertà e uguaglianza, che la sinistra del XXI secolo deve trovare il modo di tenere unite.

 Per quanto mi riguarda, la questione europea è oggi decisiva. Anzi la più fondamentale di tutte. Questo nuovo movimento di sinistra, se vuole davvero avere il proposito di rinnovare l’Italia, favorendo una politica di investimenti, deve assolutamente rivoluzionare la struttura dell’UE. Rivedere e modificare il trattato di Maastricht in primis, e quindi il fiscal compact. La politica, attraverso uno stato sovranazionale ed europeo, deve tornare a controllare l’economia, visto che la crisi è scoppiata a causa della finanza e del mercato deregolamentato.

La nuova piattaforma di uomini “liberi e uguali” spero vivamente metta al centro della propria agenda tali temi: internazionalismo, invece di globalizzazione, Europa dei popoli invece che Europa dei mercati. Penso alla socialdemocrazia europea di Willy Brandt e Olof Palme. Penso all’ eurocomunismo di Enrico Berlinguer. Probabilmente i renziani diranno che ragiono tirando fuori dal cilindro icone impolverate. Ma il fatto che mi tocca citare personaggi del passato sottolinea la vacuità delle figure politiche attuali. E la coerenza dell’incoerenza di tali individui, nell’ ottantesimo anniversario della morte di Antonio Gramsci, ha ritenuto opportuno chiudere il quotidiano “ l’ Unità” fondato dallo stesso filosofo e politico sardo, rinnegando, ancora una volta, le sue idee. Vergogna!

Nicola Cerquitelli