Pubblicato Venerdì, 22 Settembre 2017
Scritto da Nicola Dell'Arena

RICORDI CHE ACCAREZZANO IL CUORE
LA MIA CAPO D'ATRI: I GIARDINI

Nello spiazzo esistente tra l’inizio di via Picena e la porta e davanti all’ingresso dell’ospedale c’erano i giardini, “li giardntt” li chiamavamo. Tre giardini semplici con alberi e rari fiori e circondati da siepi. Al centro di tutto troneggiava un alto pino. Nella piazzuola interna, che si  formava, a forma di pentagono erano state messe 4 panchine in marmo. In una panchina c’era disegnata la scacchiera per il gioco della dama, in una altra c’era disegnata la scacchiera per il gioco del tris o filetto mentre nelle altre due non c’era nulla. Le panchine erano utilizzate da tutti per riposarsi, spesso si giocava a dama o filetto con le pedine formate dai sassi piccoli e medi che raccoglievano da terra.

Molte volte si stava sulle panchine per leggere i fumetti: Black macigno, Capitan Miki, Akim, l’uomo mascherato. Erano delle strisciette tascabili e costavano 20 lire.

Quando sono stati messi questi giardini? Gira una foto su facebook che mi ha meravigliato. Questa foto é stata scattata durante una festa di S. Rita con tante persone all’esterno della chiesa in attesa che uscisse la processione. Dalla foto sembra che, a quella data, i giardini non ci fossero. A questo punto penso che siano stai messi poco prima della guerra

A fianco dei giardini e davanti alla casa di Ferzetti Francesco c’era un prato dove la mattina le mamme mettevano ad asciugare le cose lavate “a spann li lzol, a spandere le lenzuola”. Era tutto organizzato, le mamme si mettevano d’accordo prima a chi toccava quella giornata, e lo spazio c’era per tutti senza mai litigare.

Le prime partite di calcio, con il primo pallone acquistato da Fabio Iezzi sono state fatte nel prato. Dopo che le mamme avevano ritirato le lenzuola, con i calzini e senza scarpe perchè non c’erano i soldi per acquistarle, toccava a noi. Eravamo poveri ma felici. Eravamo poveri ma contenti. Non mi sono mai vergognato della mia povertà di fanciullo, era la realtà di un paese agricolo e artigianale alla fine di una guerra mondiale.

All’inizio eravamo in pochi (6 o 8 al masimo) e l’idea di iniziare da lì venne a Marcello Piccirilli. Ricordo solo alcuni nomi, sapendo di far torto a qualcuno, oltre a Marcello, che già era bravo, c’erano Gianni Zucchetti, Fabio Iezzi, Pietro e Franco Iezzi che poi fu attratto dalla bicicletta da corsa. Poi per le rimostranze della famiglia Ferzetti ed anche perché sono venuti quasi tutti i ragazzi di Capo d’Atri siamo passati nello spazio che andava dalla fontana ai magazzini di Gianvalerio e sotto il giardino della facoltosa famiglia Guidetti.

Un altro prato c’era appena fuori dalle mura, a forma di triangolo, prima che iniziasse la strada statale e con nel mezzo un pino dalla cui cima si vedeva tutto quello che accadeva a via Picena. Anche qui le mamme venivano per far asciugare i panni e poi nel pomeriggio toccava a noi giocare. In questo prato ho fatto dei meravigliosi pisolini al fresco dell’ombra del pino e sotto la calura dei pomeriggi estivi.

Poco prima del 60 De Berardinis (detto la fratt) che aggiustava le moto, insieme al figlio Elio, a metà strada tra la chiesa di S. Nicola e la piazza del comune costruì un locale sempre per la manutenzione delle moto. Naturalmente tutto fu fatto con il permesso del comune. Poco dopo fu costruito l’impianto per la vendita della benzina e tutto il prato con il pino sparì. Ci fu qualche mugugno e nulla più.

 “Sott a li mer”. Così si chiamava tutta la zona che da porta Macelli arrivava a Capo d’Atri e che si trova fuori dalle mura di difesa. Sotto le mura dell’ospedale le mamme portavano ad asciugare i panni, quelli piccoli e noi giocavamo con diversi giochi. D’estate costruivamo le capanne, l’esperto era “Mnecc ciacell” Carmine Mattucci, e servivano per riposare e giocare al fresco. Esse erano fatte con rami e foglie larghe intrecciate in modo tale da non far passare il sole.

Nicola Dell’Arena