Pubblicato Sabato, 08 Luglio 2017
Scritto da Santino Verna

SAPORI GUSTOSI NON SOLO DALL'ITALIA

IL CIBO DI STRADA A PESCARA

Per il terzo anno consecutivo, Pescara, questa volta al porto turistico, dopo il lungomare Sud, ha ospitato la rassegna del cibo di strada, quasi un prologo all’evento ormai consolidato di Pescara Jazz, dal 1969 presente nell’agenda cittadina.

Il caldo nell’imminenza del solleone ha forse dato un freno nella partecipazione, ma l’aria del mare è sempre un sollievo. Cibo di strada, a prima vista, sollecita il pensiero di pietanze di serie B, ma qui parliamo di alimenti di qualità, con la rappresentanza di regioni italiane e nazioni straniere. Pescara si riconferma in qualche modo la Barcellona dell’Adriatico.

Lo stand abruzzese è presente con gli arrosticini, da quasi mezzo secolo presenti a tutto tondo nel campionario gastronomico regionale. La terra agrosilvopastorale, con tante aree protette, ha promosso un’interessante versione dell’ovino, declinato in diversi modi, in tante circostanze dell’anno, a partire dalla Pasqua, con il “cacio e ovo”.

L’Emilia-Romagna, terra culinaria per eccellenza in Italia, anche perché patria di Pellegrino Artusi, ha presentato tigelle e crescentine, i cui semplici ingredienti come farina, acqua di sorgente, latte, olio di oliva e sale, mettono in risalto la carezza del palato. Tigella è un termine tipicamente emiliano, mentre la crescentina ricorda il crescente lunare, perché morbido cuscinetto di pasta ripiena. Se fosse nata in Abruzzo, la crescentina sarebbe stata abbinata alla festa di S. Donato, assai venerato a Castiglione Messer Raimondo e Celenza sul Trigno, perché nell’iconografia ha una mezzaluna, in quanto protettore del “male lunatico”.

La Toscana ha invece sottolineato la Chianina, la razza bovina più voluminosa, con una sintetica scheda sui cibi. Tra questi spicca il pecorino di Pienza, in qualche modo collegato a quello di Atri, di solo latte ovino, per via degli Acquaviva. Il duca Andrea Matteo, sposò Isabella Piccolomini-Todeschini, legata a Pienza, città-simbolo del Rinascimento, e grazie al matrimonio, la dinastia si fregiò del nome della casa d’Aragona. I legami si rafforzarono con la Chiesa, perché Isabella era imparentata con i Papi rinascimentali, Pio II e Pio III, quest’ultimo Pontefice per pochi giorni.

La Puglia era presente a Pescara con l’exploit della cucina di strada, soprattutto con il Salento, la Sardegna del Continente, entrata a 360 gradi da poco tempo nel circuito turistico internazionale. Considerata per tanto tempo un angolo periferico del Bel Paese, con la difficoltà dei collegamenti e i problemi del Mezzogiorno, la Terra d’Otranto (nome storico del Salento) è rinomata per le architetture barocche, la cartapesta, le limpide spiagge, e la gastronomia, dove spicca il morbido pasticciotto. Una certa somiglianza con quest’ultimo hanno le pittole. Uno stand del Salento proveniva da Ugento.

Le vicine Marche avevano le famosissime olive all’ascolana, presenti sulla mensa del Papa, nel periodo dell’appartenenza allo Stato Pontificio. “Noatri” il nome dello Stand, quasi per sottolineare la condizione periferica della centrale regione italiana, nel Medioevo e nel Rinascimento, quando il centro politico ed ecclesiale era Roma e la corte pontificia non si trasferiva nelle Marche neppure per una breve sosta di riposo. Le olive ripiene più che cibo di strada, nel senso elegante del termine, sono soprattutto un must dell’antipasto del Medio-Adriatico, insieme al prosciutto stagionato di montagna, tagliato con l’”accetta”, dove lo spessore sposa il sapore, all’immancabile pecorino abruzzese o marchigiano, alla ventricina di Guilmi o a quella teramana spalmata sul pane casereccio.

Una gastronomia in continuo aggiornamento, perché un panino è stato denominato “Sferisterio”, in omaggio al teatro all’aperto di Macerata dove ha luogo la stagione lirica. Musica e gastronomia sono uno splendido binomio nelle Marche, dove campeggia la leggendaria passione per le delizie del palato di Gioachino Rossini, a dispetto dell’Abruzzo, dove Gabriele D’Annunzio si limitò a battezzare il parrozzo e all’elogio dei maccheroni di Fara.

Tra gli stand stranieri, quello argentino, della famiglia Manolo, giunta dalla Spagna nel Nuovo Continente. Non poteva mancare la gigantografia di Papa Francesco, il figlio più illustre dell’Argentina, come tanti connazionali, originario dell’Italia. Per questo si dice che la città più grande del Bel Paese, è Bueinos Aires, peraltro con il nome proveniente dal Santuario della Madonna di Bonaria, a Cagliari, dove Papa Francesco si è recato sul sentiero dei suoi predecessori. L’arte culinaria argentina, terra ricca di bovini, ha ovviamente mutuato con le dovute modifiche tanti piatti della tradizione italiana. I veneti hanno portato la consuetudine dei rustici a colazione, per arginare i rigidi inverni, prima del lungo lavoro. I toscani hanno consolidato il culto dei bovini, con le grigliate. Gli abruzzesi, oltre alle peculiarità più sostanziose, hanno incrementato il peperoncino piccante.

Poi c’erano il Messico e la Spagna, e tante altre attrattive ancora, con lo sfondo della ruota panoramica. Non solo enogastronomia è Pescara, perché a due passi dal porto turistico, spicca la cittadella dannunziana, con la rinnovata torre di S. Cetteo. E con il Vate, il vicino di casa, Ennio Flaiano, con il premio internazionale, tra le manifestazioni più importanti in Abruzzo.

SANTINO VERNA