LE NOSTRE BELLE TRADIZIONI

IL SANT’ANTONIO DI GENNAIO A MUTIGNANO

Si rinnova sabato 21 gennaio, a Mutignano, il “Sant’Antonie de jennare”, organizzato dal Comune di Pineto e dell’Associazione Culturale “Mutignano Eventi”. La kermesse, giunta alla VIa edizione, non avrà quest’anno la direzione artistica di Carlo Di Silvestre, fondatore del “Passagallo”, l’anno prossimo in festa, per i 20 anni di vita.

Il giorno di S. Agnese, scelto per festeggiare il S. Antonio, non è motivato soltanto dal sabato, per consentire un maggior numero di presenti, ma dal clima delle celebrazioni del padre di tutti i monaci comprendente tutto il mese di gennaio. Infatti il Santo viene specificato con il primo mese dell’anno solare, per distinguerlo dal Santo di Padova. Il santorale di gennaio, nella tradizione popolare, non è molto ricco di Santi. L’Epifania si porta via tutte le feste, arriva S. Antonio Abate e fino alla Quaresima ci sono solo due testimoni della fede oltre all’eremita egiziano, con notevole peso nell’etnodemologia abruzzese: S. Sebastiano e S. Biagio, il primo invocato contro la polmonite, per il freddo invernale, il secondo contro il mal di gola, perché secondo la leggenda avrebbe salvato un bambino soffocato da una spina di pesce. In tempi remoti, il martire del 20 gennaio era invocato contro la peste (rappresentata dalle frecce della tortura, prima del martirio), il Vescovo di Sebaste, protettore dei fidanzati, come S. Valentino.

S. Antonio Abate si è ritrovato protettore degli animali della campagna, a partire dal Medioevo, in Occidente, quando nell’iconografia gli fu associato il maialino ai piedi, simbolo dell’innocenza dei progenitori, infranta dal peccato originale. Infatti Adamo ed Eva, nell’Eden, vivevano pacificamente con le fiere e anche quando Gesù si ritira nel deserto, dove viene tentato dal diavolo, stava con gli animali selvatici. Dopo l’editto di Costantino (313), amico peraltro di S. Antonio Abate, finirono le persecuzioni contro i cristiani (salvo sporadiche riprese, come quella di Giuliano l’Apostata), e per vivere un cristianesimo eroico, c’era il ritiro nel deserto con la riconquista dell’innocenza. Nel maialino, animale che abitualmente non attacca l’uomo, è difficile scorgere una bestia feroce o addirittura il diavolo, ma lo possiamo vedere come simbolo dei vizi.

La kermesse parte alle 16, nella chiesa di S. Antonio, con la S. Messa, seguita dalla benedizione degli animali. Questa tradizione fu avviata nel 1437 a Roma, all’ombra della Basilica Liberiana, e fu subito imitata da tantissimi luoghi del cattolicesimo. Nella stessa città eterna, diverse parrocchie tenevano la benedizione del bestiame, fino al 1831, quando un decreto del Cardinal Vicario sancì l’esclusiva per la chiesa dell’Esquilino.

In Atri si teneva sul sagrato della Cattedrale, nel cui interno S. Antonio è più volte rappresentato, anche con gli occhialini a molla, nel coro del Delitio. Come tante consuetudini, la benedizione non si fece più, forse con il nascosto desiderio di abolire una tradizione agricola, nella città ducale dove c’erano le radici di due imperatori romani. Per alcuni anni, di recente, gli animali, questa volta anche d’appartamento, furono portati in Piazza Mambelli, sul sagrato della chiesa di S. Gabriele, su proposta del Prof. Antonio Pavone al Parroco Don Paolo Pallini.

Tornando a Mutignano, alle 17 ci saranno i balli tradizionali, coordinati da Anna Anconitano che il giorno vero e proprio di S. Antonio Abate alle 19 sarà a Pescara, presso la sala della “Figlia di Jorio”, per una conferenza sul tarantismo, indagato da tanti antropologi, come Ernesto De Martino. La notte sarà sfidata dall’afaca, fuoco del solstizio invernale, analogo alle farchie di Fara Filiorum Petri, una delle tradizioni popolari più famose della regione.

Alle 19 il momento clou con i canti e le drammatizzazioni del S. Antonio. Ricordiamo a Mutignano e Pineto, l’interpretazione di Venanzio Tilli, di Palmoli, con la corta bianca naturale e l’abito minoritico, quasi a sottolineare che per il popolo abruzzese, il religioso è il frate francescano. Il bordone con il campanello fa subito pensare al fondatore del monachismo.

I canti, in dialetto o in italiano, ripercorrono la vita del Santo, con particolare riferimento alla lotta contro il diavolo che lo infastidiva in diversi modi. Lia Giancristofaro sottolinea la rifunzionalizzazione abruzzese del S. Antonio che mangia i tagliolini, non disponibili nel deserto d’Egitto. Questi stornelli non hanno bisogno di travestimento, anche se per enfatizzare il momento, c’è chi si veste da S. Antonio e da diavolo, aggiungendo a piacimento altri personaggi. Le drammatizzazioni, sono rappresentazioni musicate, in cui l’interprete principale è S. Antonio, e l’antagonista il diavolo, secondo uno schema ben definito. Quest’anno a Mutignano sarà presente il trio “Straccapiazz”, con l’instancabile guida di Denis Di Donato.

Alle 22, il commiato, ma la festa di S. Antonio Abate in Abruzzo, non finisce sotto il cielo di Mutignano, perché nei giorni seguenti, in altri paesi, fino alla fine di gennaio, ci saranno rappresentazioni, in centri diurni, parrocchie, ristoranti e case private, e i salmi finiscono in gloria, con il consumo di una lauta cena e buon Montepulciano.

SANTINO VERNA