Pubblicato Lunedì, 09 Gennaio 2017
Scritto da Santino Verna

IL QUARTO MUSEO CITTADINO CHE CUSTODISCE UNA PREZIOSA MEMORIA

L’ANTOLOGIA DI ANTONIO DI JORIO SENZA PAROLE

L’archivio-museo “A. Di Jorio” di Atri, diretto dal Prof. Cav. Concezio Leonzi, ha festeggiato il suo ventennale con il nono CD “Di Jorio senza parole”, ovvero una serie di brani scelti del maestro di Atessa, rielaborati dal musicista e studioso atriano, eseguiti dal quintetto formato da Marco Felicioni (flauto), Antonio Verdone (oboe), Antonio Russo (corno), Tancredi Rossi (fagotto), Luciano Vittorio Di Bernardo (clarinetto). Maestri che vantano una magnifica preparazione e tornèe in Italia e all’estero, se pensiamo al Prof. Felicioni, solista accanto a Josè Carreras.

La presentazione è avvenuta al Comunale di Atri, la sera del 4 dicembre, alla presenza, ovviamente, del Prof. Leonzi che ha diretto alcuni brani. Hanno parlato, fra gli altri, il Prof. Marco Della Sciucca, studioso di Antonio Di Jorio, docente al Conservatorio aquilano “A. Casella” e il Prof. Nicola Bindi, Assessore alla Cultura di Atri quando fu inaugurato l’archivio-museo. Nino Bindi è stato solerte promotore del medesimo, essendo stato diversi anni componente del coro folkloristico cittadino.

L’archivio è il quarto museo cittadino in ordine di tempo. Per la verità sarebbe il terzo, perché il Museo Archeologico, entrato in funzione nel 2004, sarebbe nato all’inizio degli anni ’80, grazie a due mostre sui tesori della storia antica di Atri. Oltre al ventennale, si ricordava un’altra cifra tonda: i 35 anni della morte del maestro di Atessa, avvenuta a Rimini, il 12 dicembre 1981. Il Prof. Leonzi ha inoltre festeggiato la nomina ad Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.

Dalle prime battute si riconoscono i brani, eseguiti con grande cura. Canzonette che abbiamo conosciuto, non solo attraverso i cori, in primis quelli di Atri (doveroso usare il plurale), ma anche grazie ai programmi radiofonici nazionali e regionali, nell’epoca del connubio Rai-cultura.

Basti pensare che lunedì 16 giugno 1986, Radiouno trasmise in nazionale, dalle 21,38 alle 22, i canti della terra d’Abruzzo di Antonio Di Jorio. A cinque anni dalla morte, il padre della canzone abruzzese andò in prima serata e forse l’evento mediatico fu distratto dai mondiali di calcio in Messico. La radio accusava già tanti colpi per la concorrenza del piccolo schermo, ormai presente in tutte le case, e in più stanze dello stesso piano, ancora cominciava la rivoluzione informatica, ma si riconosceva sempre la potenza culturale della radiofonia.

Il binomio Illuminati-Di Jorio è al vertice della classifica. Il canonico atriano, definito “alter Propertius” non disdegnava la poesia in vernacolo e trovò nel musicista atessano un meraviglioso interlocutore. Nell’antologia c’è pure “La canzone de lu grane” con il testo dell’Avv. Nicola Mattucci. Cavallo di battaglia di Arturo Modestini, tenore della schola cantorum “S. Francesco” e socio fondatore del coro folkloristico di Atri, di cui fu autorevole componente per tanti anni, il brano fu eseguito e applaudito in Piazza Duomo, il 20 agosto 1989, prima del melodramma “La Vergine di Cesarea”, con testo di autori vari e musica di Antonio Di Jorio, e la regia di Danilo Volponi.

Ebbe ancora un ritorno nel cuore e nella mente degli atriani, nell’estate 1995, quando fu rievocata la trebbiatura, in Contrada Camerino, nell’ameno casolare di Pasquale D’Amario. Quella kermessa, seguita con gioia e nostalgia, suscitò l’idea di una puntata di “Linea Verde” dalla città degli Acquaviva, desiderio che si sarebbe avverato qualche anno dopo.

Senza dimenticare, la presenza della canzone del grano, nella commedia musicale “Paese mè”, diretta dal Prof. Concezio Leonzi, da un’idea di Fausto Verdecchia, con i dialoghi di Antonino Anello. La rappresentazione ha segnato una nuova stagione per il coro “A. Di Jorio”, con la presenza di giovani e coristi di più esperienza, in sinergia con l’archivio-museo, alla vigilia delle celebrazioni per i 40 anni dell’associazione più longeva di Atri, dopo l’ASA.

Antonio Di Jorio rappresenta la sintesi dell’Abruzzo, una regione al plurale, per via di una storia molto complessa, la vicinanza allo Stato della Chiesa, i contatti con l’Oriente, attraverso il mare, le antiche tradizioni popolari, le dominazioni nel corso dei secoli. Proveniente dall’Abruzzo Citeriore era diventato a tutti gli effetti un figlio dell’Abruzzo Ulteriore.

I brani rielaborati dal Prof. Leonzi andrebbero diffusi nei locali serali della regione, come avviene in tante altre terre. Se in Portogallo il fado è trasmesso fino all’indigestione, ed è anche giusto, perché non fare la stessa cosa a Pescara o Atri, con il maestro di Atessa?

SANTINO VERNA

Vedi Archivio Di Jorio