Pubblicato Lunedì, 28 Novembre 2016
Scritto da Santino Verna

LA MEMORIA OBBLIGATORIA DI SAN NICOLA DI BARI

LA FESTA CHE ACCOMPAGNA AL NATALE

Dal 2017, in Italia, la memoria di S. Nicola Vescovo, diviene obbligatoria. Già da quest’anno la memoria si può celebrare come tale, perché con la riforma del calendario romano (1969), entrata in vigore il 1° gennaio 1970, S. Nicola godeva di memoria facoltativa nella Chiesa Universale. Sul sentiero della riforma liturgica, si voleva rendere meno pesante il calendario, rendendolo più cristocentrico.

Furono tolti o resi facoltativi quei Santi sui quali si conosceva poco o Santi di carattere non veramente universale. Inoltre la soppressione o riduzione riguardò principalmente i tempi forti, e nel caso, dell’Avvento, le ferie privilegiate, quelle più vicine al Santo Natale.

Nell’Avvento erano presenti diversi Santi Pontefici (dizione che comprende anche i Vescovi): S. Eligio, S. Nicola, S. Ambrogio, S. Damaso, S. Eusebio etc., perché contemplando la venuta del Messia, ponte tra Cielo e terra, ci accompagnano i Santi che sono stati il ponte tra Dio e gli uomini. Ma il Santo di Mira è festeggiato anche il 9 maggio a Bari, nel ricordo della traslazione delle ossa, ma anche per avere una data con il tempo migliore.

S. Nicola, Vescovo di Mira e firmatario del Concilio di Nicea (325), ha l’agiografia arricchita da tante leggende, volte a sottolineare la sua grandezza nella carità. Ecco allora le tre sfere che permisero la formazione della dote delle ragazze, i tre bambini risuscitati dopo esser stati uccisi da un oste malvagio, il bambino schiavizzato restituito ai genitori, il dono delle fave durante la carestia.

Santo universale, il culto divenne grande in Occidente, a partire dal 1087, quando le spoglie furono trafugate a Mira e portate da 62 marinai a Bari, perché i baresi, complice la vicinanza, riuscirono prima dei veneziani e degli anconetani nell’impresa. Fino al XIV sec. S. Nicola era uno dei Santi più popolari in tutto il mondo cristiano, poi gli subentrò S. Antonio di Padova.

A Bari gli fu eretta la Basilica, nella parte vecchia, alter ego della Cattedrale di S. Maria Odigitria (=colei che guida il cammino), fulgido esempio di romanico-pugliese. Meta di pellegrinaggi, vi si recarono i genitori di S. Nicola da Tolentino per ottenere il figlio che avrebbe preso il nome del Taumaturgo di Mira, conservato anche dopo la vestizione. A Roma gli furono erette diverse chiese, come S. Nicola in Carcere, sede del sodalizio di pugliesi e lucani (associati per contiguità territoriale), S. Nicola dei Prefetti e S. Nicola dei Lorenesi, chiesa dell’omonima regione francese che nelle proprie vene sente la lotta dell’autonomia anche contro lo spietato laicismo della nazione. A Firenze, invece, ebbe la chiesa in Oltrarno, dove nel 1425 lasciò il segno del talento Gentile da Fabriano.

In Abruzzo, complice la transumanza, S. Nicola divenne un testimone della fede molto venerato, e gli furono intitolate diverse chiese. Grazie alla provincia religiosa cappuccina, il Vastese ebbe molti rapporti con la Puglia e Pollutri è diventato centro nicolaiano in Abruzzo, con la famiglia D’Agostino dove si conserva al di fuori della festa l’amato simulacro.

Nel 1823 tornò all’attenzione, perché negli Usa e nell’Europa Settentrionale, S. Nicola divenne Santa Klaus, dalla sembianze di elfo paffuto, con la gerla dei doni, sulla slitta trainata dalle renne. In Italia arrivò negli anni ’30 e assunse la dicitura di Babbo Natale. Qualcuno ha voluto leggere nello storpiamento del nome anglosassone, una rivendicazione femminile.

Venerato da Cattolici e Orientali, S. Nicola costituisce un comune denominatore, come testimonia la lampada uniflamma nella Basilica di Bari, dove, nel 1984, si recò S. Giovanni Paolo II, il cui sforzo fu doppio, nell’ecumenismo, perché lo affrontò da polacco. L’attuale Arcivescovo Mons. Francesco Cacucci ha promosso l’elevazione della memoria, da facoltativa a obbligatoria, già nel 2011, e finalmente la recente approvazione con la firma del Card. Angelo Bagnasco.

In Atri, a S. Nicola fu intitolata una delle chiese più antiche della cittadina, custodita dall’Ordine di S. Benedetto. Con la divisione acquaviviana della parte intramurale in quarti, all’inizio del XV sec., il quarto eponimo era quello dove ricadevano il Palazzo Ducale, Piazza del Popolo, la Chiesa e il Monastero di S. Chiara, la Chiesa e il Convento di S. Francesco e, ovviamente, la Chiesa di S. Nicola. L’interno, però, non ha affreschi relativi al Santo titolare, ma gli fu eretto un altare, ora non più esistente, anche se rimane la tela (XVII sec.) nell’iconografia di “compromesso” con il capo scoperto che, se da un lato sottolinea la veneranda età simbolo di sapienza, dall’altro non fa apparire né la mitra occidentale, né la tiara orientale. Caterina Zappia direbbe l’Oriente guardato con gli occhi dell’artista occidentale.

Una piccola “conocchia” di S. Nicola, fu donata negli anni ’80 dalla Prof.ssa Myriam Marcone, docente di educazione tecnica alla s.m.s. “F.Barnabei” di Atri, al Museo Etnografico, sollecitando così la sezione di religiosità popolare, promossa e attuata dal fondatore Ettore Cicconi. Nel catalogo del Museo (2008), il S. Nicola è stato messo sulla copertina, come imago brevis della devozione atriana.

SANTINO VERNA