Pubblicato Sabato, 26 Novembre 2016
Scritto da Santino Verna

Emozioni e tradizioni raccontate dalle parole..

I FAUGNI ALLA RADIO

Sotto il profilo emozionale è meglio la TV che la radio. E questo vale per i “faugni”, per i quali l’arrivo della troupe televisiva è un valore aggiunto della tradizione. Si aspetta l’alba dell’8 dicembre per la nottata, i petardi, il clima festoso con l’accensione e la sfilata dei fasci di canne, gli altri momenti della giornata con il canto del “Tota Pulchra” di Borroni…e anche per le telecamere.

I servizi soltanto audio sulle tradizioni popolari abruzzesi riescono bene, perché non è soltanto un fatto visivo. Prendiamo i serpari di Cocullo, una delle kermesse più conosciute della regione, forse la più celebre in assoluto, ma non stiamo a stilare classifiche. Il microfono può captare il vocio dei pellegrini, il suono delle ciaramelle e quello della campana, suonata con i denti, perché S. Domenico di Colfornaro, in Abruzzo più celebre dell’omonimo gusmano, protegge contro le odontalgie.

Il servizio in radio è ovviamente corredato da interviste, alla gente comune e agli studiosi. Partecipazione straordinaria, come in un film, nel borgo in provincia dell’Aquila, Alfonso Maria Di Nola, uno dei più grandi antropologi di tutti i tempi. Con Cocullo, lo studioso napoletano, stabilì un rapporto molto forte, perché si dedicò alla figura di S. Domenico e dei serpari.

Certamente soltanto con la radio, non si coglie tutta la bellezza della processione di S. Domenico, imago brevis della religiosità popolare abruzzese, per dirla con P. Stanislao da Campagnola, cappuccino, docente di Storia della Chiesa all’Università degli Studi di Perugia. Il pubblico vuol vedere le serpi attorcigliate al simulacro del Santo Abate, manufatto certamente di poco valore artistico, ma dallo sconfinato peso etnodemologico.

La radio, per la festa dicembrina, di Atri può restituire innanzitutto la marcia “Marisa” di Giustino D’Alessandro, composta nel 1959, e riportata recentemente all’attenzione grazie allo studio del Cav.Prof. Concezio Leonzi, direttore dell’Archivio-Museo “Antonio Di Jorio” che quest’anno celebra il ventennale di attività, domenica 4 dicembre, perché l’inaugurazione porta la data del 14 dicembre 1996, alla presenza della figlia e unica erede del Maestro, Prof.ssa Pasquina. Il Prof. Leonzi, componente della piccola banda cittadina, diretta dal Cav. Prof. Glauco Marcone, si confrontò da ragazzino con la marcia, impropriamente detta, “dei faugni”. Il maestro musicista atriano ha ricordato pure altri due brani, eseguiti nel corso della sfilata, entrambi con le note di Antonio Di Jorio: “Lu parrozze” e “Caruline”.

Il primo, con i versi di Don Cesare De Titta, alter ego del Can. Luigi Illuminati, poteva suonare strano in una celebrazione atriana, perché esaltava il dolce per antonomasia di Pescara, città nata nel 1927, la cui ascesa segnò lentamente il declino di Atri. La città dei calanchi perdeva pian pianino il predominio nel primo Abruzzo Ulteriore. Nel secondo dopoguerra riprese forza il “Panducale”, riaffermazione dell’aristocrazia acquaviviana, dolce offerto anche a S. Giovanni Paolo II.

Il microfono può certamente captare l’aspetto rumoroso della kermesse dell’Immacolata: raudi, pirat, miccette, zeus e magnum. I petardi, una volta, riguardavano soltanto la notte di Capodanno, per salutare l’anno vecchio, gettando via simbolicamente tutte le sciagure, ma data l’analogia tra il veglione di S. Silvestro e la nottata dei “faugni”, consuetudine nata non molti anni fa, quando con l’Immacolata si entrava nel periodo natalizio, i mortaretti furono abbinati all’8 dicembre, per cui non è raro sentire il fastidioso scoppio durante la novena di Natale con ragazzi alla ricerca di anfratti intramurali per provare il brivido della miccia.

La radio è ottima per diffondere il “Tota Pulchra”, eseguito nei Secondi Vespri dell’Immacolata, alla S. Messa solenne dopo la Comunione. Ma c’è il problema del tempo nella rete nazionale. L’assolo storicamente affidato all’indimenticabile Arturo non può essere tagliato, per dare spazio alla pubblicità, purtroppo vitale per mamma RAI. E’ successo una cosa simile, nel 1993, con la S. Messa trasmessa da Mondolfo, patria di Alessandro Borroni e il canto mariano fu proposto alla fine. Non era la solennità dell’Immacolata, ma il “Tota Pulchra” fu previsto ugualmente, per rendere omaggio al famoso conventuale, passato alla storia proprio per il canto che esalta l’Immacolata. Intrisa di sapore operistico, fu composto nel 1894, in occasione del VI centenario della Traslazione della S. Casa di Loreto. La Madonna di Loreto è patrona della provincia picena, vale a dire la giurisdizione che coincide più o meno con la regione Marche, dei figli di S. Francesco. Il “Tota Pulchra” del “Liber Usualis”, molto più semplice, viene eseguito nella Messa antelucana, tra il cantore e l’assemblea. Certamente in radio suscita ugualmente emozione, perché associamo il canto all’Immacolata e viene cantato in Piazza di Spagna, dai chierici conventuali e dal popolo, quando il Papa reca l’omaggio alla Madonna.

I “faugni” sono andati diverse volte in radio e ricordiamo soltanto l’8 dicembre 1995, quando furono trasmessi su Radio1 nel contenitore “L’Italia in diretta”. La fascia oraria, tra le 17 e le 18, non era proprio la migliore, perché dopo il riposo pomeridiano e le faccende dopo il pranzo, coristi, organizzatori, ministranti e popolo sono tutti sulla via della Cattedrale, per la Messa più attesa del giorno mariano. Comunque chi si sintonizzò ricorda quell’evento di pochi minuti, con grande gioia.

SANTINO VERNA