Pubblicato Venerdì, 25 Novembre 2016
Scritto da Santino Verna

L'appuntamento di S. Lucia completamente dimenticato

I FAUGNI NELLA POESIA DI ANTONINO ANELLO

Il poeta Antonino Anello, entrando nei meandri delle tradizioni cittadine, ha messo in risalto la tradizione dei “faugni”, rito pagano legato al solstizio invernale e cristianizzato con il Concilio di Efeso (431). E’ la prima festa dell’anno liturgico, la kermesse che, popolarmente, avvia il tempo natalizio.

Nella prima raccolta poetica “Lu ttavette” (1977) di Anello, al quale il suo allievo Concezio Del Principio ha dedicato la commedia “Nen te preuccupà, ci penze j”, al Comunale di Atri domenica 11 dicembre prossimo, con due spettacoli (pomeridiano e serale), la tradizione dei fuochi è presente nella composizione “Lu 13 dicembre”, dove si fa riferimento alla festa di S. Lucia, con l’organizzazione dei fabbri, folta compagine di artigiani. S. Lucia, negli anni della rivendicazione femminista, veniva proposta come l’alter ego di Babbo Natale e suscitarono irritazione, nel 1975, a Londra e New York, alcune donne vestite da Santa Klaus, la versione olandese di S. Nicola di Mira.

Il culto universale di S. Lucia, patrona della vista, ebbe fama in Abruzzo, perché le sue spoglie, nel Medioevo, da Costantinopoli a Venezia, sostarono a Corfinio, sotto la protezione del Vescovo del luogo, il cui successore è attualmente l’Ordinario di Sulmona-Valva. Dalla cittadina sulla strada che collegava Roma all’Adriatico, il ricordo si diffuse in tutta la regione, dove in diverse chiese le fu eretto un altare, con il simulacro vestito o in gesso. A Lanciano gli fu dedicata una chiesa in pieno centro storico, con la facciata romanica, nei pressi del Santuario del Miracolo Eucaristico.

A Venezia gli fu eretta una chiesa, vicino alla terraferma, per facilitare l’arrivo dei pellegrini. Purtroppo fu distrutta per rendere possibile la stazione ferroviaria che acquisì il nome della martire di Siracusa. Il titolo della chiesa fu abbinato a quello di S. Geremia, mentre un’epigrafe sulla parte esterna dell’abside ricorda ancora una volta la protettrice della vista.

Atri accolse con gioia la devozione a S. Lucia, e i fabbri la scelsero come protettrice, per via dell’organo della vista, indispensabile ai ferrai e del resto a tutti gli uomini e le donne del mondo, ma anche per le tenaglie di ferro con la quale le furono strappati gli occhi, secondo la leggenda. Questo macabro dettaglio, aggiunto dalla tradizione popolare, fu suscitato dalla vita della Santa che aveva dato tutto ai poveri, quindi avrebbe dato anche una delle cose più preziose in vetta alla classifica, ovvero la vista. La collocazione calendariale, nella notte più lunga dell’anno e il nome legato alla luce, ha fatto tutto il resto.

Centro del culto luciano, la chiesa di S. Agostino, dove si custodiva l’antica statua. Con la chiusura della chiesa e la prospettiva della trasformazione in auditorium, il simulacro fu trasferito in S. Reparata, prima nel prolungamento absidale e poi nel transetto destro.

Tonino Anello ha descritto la tradizione del 13 dicembre con la vena di profonda riflessione e la conclusione apre sempre una pista di dibattito. La gente ride beata, senza pensare che un altro anno è passato. E’ questa l’amara conclusione dell’8 dicembre, non perché vogliamo essere pessimisti. Il tempo non torna più e quindi occorre impiegarlo bene.

Richiamo indiretto dei “faugni” è “Hatre nostre”, nella IIa raccolta di poesie con l’appendice di alcune brevi opere teatrali, “Voci di piazza” (2005), tornata all’attenzione l’anno scorso per la celebrazione dei 90 anni del poeta, dove Tonino ripropone una canzonetta dallo stesso titolo, con la musica del m° Cav. Glauco Marcone, di un anno più grande di lui, direttore del coro folkloristico quando Anello era uno dei protagonisti più applauditi.

Tonino si lamenta (giustamente) delle tante tradizioni scomparse in Atri. In quegli anni, la kermesse dicembrina godeva buona salute, si era ripresa dopo la crisi. Invece la sfilata dei carri trainati dai buoi, era alla fine del lungo inverno. Per questo la richiesta dei buoi a Larino, e lo scambio di tradizioni popolari. La città degli Acquaviva, restituì, ovviamente al di fuori dalla data vera e propria, i fuochi del solstizio invernale e Atri fu in prima linea, nel 2002, per la solidarietà alle popolazioni del Molise, colpite dal terremoto, proprio nell’imminenza della festa di Tutti i Santi.

Antonino Anello ha dato sempre il valido contributo di basso alla novena dell’Immacolata e al canto del “Tota Pulchra”, di P. Alessandro Borroni, in S. Francesco e in Cattedrale. A partire dalla schola cantorum del Patriarca dell’Ordine Serafico dove ha mosso i primi passi nell’arte canora. Ha cantato anche come componente del coro folkloristico, quando quest’ultimo tornava all’antica funzione di corale sacra. Se un tempo il canto per antonomasia dell’Immacolata, risuonava ogni sera dal 29 novembre all’8 dicembre, attualmente è prerogativa soltanto dei Secondi Vespri della Concezione.

Ettore Cicconi, fondatore del Museo Etnografico, diceva che la festa di S. Lucia era più sentita dell’Immacolata, per quanto riguarda i “faugni”. Ma la festa del 13 dicembre, purtroppo, è finita nel dimenticatoio.

SANTINO VERNA