Pubblicato Giovedì, 10 Novembre 2016
Scritto da Santino Verna

Nostalgia per la vecchia RAI

BONTA’ LORO E LA NASCITA DEL TALK SHOW

Il 18 ottobre 1976, in seconda serata, andava in onda la prima puntata di “Bontà loro-Incontro con i contemporanei”. Il complemento del titolo non sarebbe stato simpatico a Indro Montanelli. Infatti ha rimproverato gli italiani di essere un popolo di contemporanei, senza la consapevolezza del passato. Il programma nasceva da un’idea di Angelo Guglielmi, in quegli anni capostruttura della RAI, ideatore peraltro di altre felici trasmissioni della TV di Stato come Chi l’ha visto?, Quelli che il calcio…, Telefono giallo. Tra i personaggi lanciati Piero Chiambretti che alla fine degli anni ’80 ebbe l’exploit nella TV di Stato, con pesanti battute e soprattutto con la trasmissione tutta originale “Complimenti della trasmissione”, nel vestibolo della prima serata.

“Bontà loro”, condotta da Maurizio Costanzo, segnò l’inizio del talk-show, locuzione inglese che potrebbe essere liberamente tradotta, “programma di conversazione”, oppure con una traduzione più originale, “show parlato”. Il programma somigliava più alla tribuna elettorale che al varietà. L’anchorman romano di origine ortonese, volle ribadire silenziosamente l’abruzzesità, con il primo ospite suo conterraneo, il regista chietino Anton Giulio Maiano.

Nella sgargiante carriera di Costanzo, incontriamo una serie di abruzzesi. Ne ricordiamo soltanto due: Gigi Sabani, ortonese anche lui, compagno di conduzione e Girolamo Cozzi, giornalista teramano con vibrante esperienza professionale in Belgio, dove accoglieva i colleghi italiani sempre con le ottime pietanze della moglie Eva. “Bontà loro” è stata la prima trasmissione con la presenza di un Presidente del Consiglio, all’epoca, Giulio Andreotti. Lo studio, molto scarno, con le poltroncine color aragosta, aveva un orologio a cucù, per testimoniare la diretta. Veniva chiusa una finestra, con le persiane verdi, per indicare i problemi lasciati alla porta. Mamma RAI era stata appena segnata dalla riforma e la sobrietà era uno dei punti all’ordine del giorno. Un format americano entrava nella storia della TV italiana, e il conduttore, con la regia di Paolo Gazzara, più tardi direttore artistico del Festival di Tindari, nel comune di Patti dov’è nato, veniva dall’esperienza radiofonica, a contatto con la gente.

Delle tante puntate, con Pippo Baudo, Renzo Arbore e Corrado. Tre mostri sacri che hanno fatto la storia della televisione italiana. Sono quasi l’imago brevis dell’Italia dell’intrallazzo, per dirla con Montanelli, l’Italia a Sud del Rubicone, più calorosa e forse meno intraprendente sotto il profilo industriale e imprenditoriale. Un siciliano, un pugliese e un marchigiano, tutti passati per la capitale, con domande irrituali e imbarazzanti, circa la carriera che poteva essere una privazione per la famiglia. Baudo si confessa candidamente parlando della situazione matrimoniale, certamente non felice, Arbore parla del ritardo nell’avere un figlio, Corrado della difficoltà della professione giornalistica e televisiva, sempre in giro per l’Italia, a volte solo con dieci minuti di riposo all’ombra dell’Autogrill. Ma il professionista del piccolo schermo- tranquillizzava il presentatore della Corrida- sta meglio dell’operaio, nel giorno dell’Assunta, intento con il sole rovente a mettere l’asfalto.

Tra gli ospiti ricordiamo Franco Zeffirelli, all’apice della celebrità con il kolossal “Gesù di Nazareth” e il film, forse un po’ mieloso, su S. Francesco, ma sicuramente profondo e commovente, e due primedonne della società italiana del tempo: Marina Ripa di Meana (allora Lante della Rovere) e Marta Marzotto. Quest’ultima rimase leggermente seccata perché non poteva fare la protagonista e Costanzo, con molto garbo, le chiese scusa. Stessa cosa, qualche anno dopo, con Pippo Baudo nel quiz di Loretta Goggi. Ma era ormai la RAI in competizione con il biscione. L’attenzione andava anche sull’”ordinary people”, come sull’idraulicò interessato nella prima puntata.

“Bontà loro” rimane una delle trasmissioni più ricordate della TV, e forse il programma-simbolo del 1976. Ormai il piccolo schermo era presente in tutte le case, in cucina o in un angolo del salotto. Non si andava più nel circolo ricreativo o nell’esercizio dotato di apparecchio. Si sfidavano fredde serate per assistere al Festival di Sanremo. La RAI aveva due canali, e le trasmissioni regionali avevano cominciato la programmazione sperimentale. Si dovrà attendere il 1979, per Rai 3. Il canale di “Bontà loro” si chiamava Rete 1, e il lieve cambiamento fu condizionato dall’avvento di Rete 4. E se quest’ultima poteva essere confusa con la quarta rete di Stato, divenne il corrispettivo Mediaset di Rai 3.

Prosecuzione di “Bontà loro” fu “Acquario”, sempre in seconda serata. Si era nel 1978, ancora negli anni di piombo, l’anno dei tre Papi e dell’omicidio Moro. Ma anche della morte di Ignazio Silone. L’evento passò inosservato, perché certamente l’incipit dei telegiornali riguardava più il nero che il bianco. Come la vittoria di Donald Trump ha messo in secondo piano i 90 anni del Premio Nobel a Grazia Deledda, forse accusata di provincialismo o di profondo, anche se legittimo, attaccamento alle radici. Una storia che si ripete spesso.

Versione radiofonica di “Bontà loro”, il recente “Uomo della notte”, ma erano veramente le ore piccole. Abbiamo nostalgia della vecchia RAI e dei magnifici anni ’70.

SANTINO VERNA