Pubblicato Mercoledì, 28 Settembre 2016
Scritto da Santino Verna

ALBERTO SPORYS RACCONTA CON LE IMMAGINI L'ANIMA DELLA NOSTRA TERRA

LA FESTA DELLA MADONNA DELLA MISERICORDIA A FORCELLA

Alberto Sporys, fotoreporter atriano di origine polacca, da alcuni anni sta immortalando diverse feste religiose e popolari della provincia di Teramo. Un’opera dal taglio etnografico, in un territorio non molto attenzionato da antropologi e demologi, all’alba dell’ingresso delle relative discipline in terra d’Abruzzo. Gennaro Finamore, Francesco Verlengia e Francesco Paolo Michetti, per fare celebri esempi, provenivano tutti dalla provincia di Chieti (il comune di nascita del pittore verista amico di D’Annunzio passò a Pescara, con la nascita della nuova provincia, ma viveva pur sempre a Francavilla), e il campo d’indagine coincideva con quello di provenienza.

Alberto il 24 settembre scorso si è recato a Forcella, per la festa della Madonna della Misericordia, con il ballo dell’insegna, le cui origini, secondo lo studio del compianto indimenticabile preside Giovanni Di Giannatale, risalirebbero al 1599, per ricordare la conciliazione di alcune fazioni nella città di Teramo. Il contesto religioso è la festa della Madonna della Misericordia, anche se in ambito universale, la denominazione del 24 settembre è quello della Madonna della Mercede, risalente al XIII secolo. Dalla Spagna la festa si è diffusa in tutto il mondo, particolarmente a Cagliari, dove i Mercedari (Ordine Mendicante) hanno il Santuario della Madonna di Bonaria, visitato nell’ultimo mezzo secolo da quattro Papi e molto caro a Papa Francesco.

Forcella è cara agli atriani, perché il 29 luglio 1931 vi nacque l’indimenticabile storico Parroco della Concattedrale di Atri, Don Giovanni D’Onofrio. Il sacerdote, teologo e giurista, con la grande passione della musica, fu chierichetto nella Parrocchia di Forcella, lasciandola, ma non con il cuore e il pensiero, quando entrò in Seminario. Entrato nella Pasqua eterna il 25 gennaio 2001, festa della Conversione di S. Paolo, il corpo riposa nella cappella di famiglia di Forcella, accanto ai genitori. All’indomani dalla dipartita, il coro della Concattedrale, da lui voluto e riassemblato in occasione del Grande Giubileo del 2000, con voci provenienti dalla storica schola- cantorum di S. Francesco, è stato intitolato al suo nome e ogni anno organizza la rassegna di musica sacra, in Cattedrale.

La S. Messa per la festa della Madonna della Misericordia è stata celebrata dal Parroco Don Patrick Di Leonardo. Quasi per ribadire il legame tra Forcella e Atri, lo affiancavano in presbiterio tre giovani presbiteri passati per la città ducale: Don Matteo Baiocco D’Angelo, Don Stefano De Rubeis e Don Gabriele Marcheggiani. Il primo, fresco di ordinazione, è stato Vice-Parroco di S. Gabriele in Atri, poco tempo, ma segnato dal ritorno dell’urna del Santo del sorriso dopo più di mezzo secolo. Ora è Parroco di S. Marina in Casoli di Atri. Don Stefano e Don Gabriele, rispettivamente di Silvi e Pineto, hanno vissuto la formazione al sacerdozio facendo sosta ogni tanto in Atri, soprattutto presso il Monastero di S. Chiara e hanno celebrato l’ordinazione, il 15 luglio scorso, nella Concattedrale atriana. Don Gabriele ha dettato l’omelia, mentre Don Stefano e Don Matteo erano a latere del presidente, con la casula mariana, ovvero la sopravveste bianca e lo stolone azzurro. Il coro parrocchiale ha eseguito i brani liturgici, con il plauso dei fedeli.

Dal presbiterio vigilava il simulacro della Madonna con Bambino, nello stile di Silvestro dell’Aquila. L’iconografia promossa da S. Giacomo della Marca è la stessa del Santuario della Madonna dei Lumi a Civitella del Tronto e della Madonna delle Grazie a Teramo. La statua per consuetudine non esce mai dalla nicchia, soluzione non nuova in Abruzzo, perché anche l’Assunta non esce mai dalla nicchia dell’omonimo Santuario a Palombaro. La credenza popolare voleva che la Madonna era presente ai piedi della Maiella in anima e corpo. La verità era il peso della mastodontica immagine.

Il ballo dell’insegna, una bandiera agitata con grande movimento e sottofondo di tamburi, è stato indagato nel 1991 da Emiliano Giancristofaro, antropologo, allievo e amico di Alfonso Maria Di Nola. Nella puntata di Forcella fu intervistato il nipote di Don Giovanni, il Dott. Vincenzo D’Onofrio che porta il nome del nonno, con la grande passione per le tradizioni patrie. Il docente frentano si è messo sulla scia di Finamore e Verlengia, nella realizzazione delle “Storie del silenzio”, perché ha avuto quasi la stessa geografia. L’insegna di Forcella, cronologicamente, ha avuto la precedenza sui “faugni” di Atri, appena accennati nel volume “Tradizioni popolari abruzzesi”, edito dalla Newton Compton, con la presentazione del grande Di Nola, due anni prima di morire. Eppure i fuochi del solstizio invernale della cittadina acquaviviana hanno un’origine molto più antica della kermesse di Forcella, senz’altro pagana, ma anche la cristianizzazione sarebbe avvenuta con il concilio di Efeso (431), in ricordo dei padri in festa con le fiaccole, partendo dalle aule delle adunanze, o più tardi, con la traslazione della S. Casa da Nazareth a Loreto (1294). Se volessimo dare la precedenza a Forcella, riguardo all’antichità, si potrebbe azzardare che i fuochi dell’Immacolata, non avrebbero origine né da Efeso né da Loreto, perché la Messa in orario antelucano, non solo nella prima solennità dell’anno liturgico, comportava la necessità dei fasci di canne ben legate e accese per rischiarare il cammino dalle campagne alla Basilica di S. Maria.

Le foto di Alberto Sporys sono un’antropologia attraverso le immagini, un’etnografia con le foto a colori. Se l’Abruzzo da qualche antropologo è stato paragonato alla Sardegna per la sua insularità, nei documentari di Alberto abbiamo la viva conferma. E attraverso le feste popolari essa è ancora più tangibile, perché la fede popolare è l’anima della nostra terra.

SANTINO VERNA