Pubblicato Sabato, 13 Agosto 2016
Scritto da Santino Verna

Esplorando il passato...

LE IMMAGINI SCOMPARSE DELL’ASSUNTA NELLA CATTEDRALE DI ATRI

La Concattedrale di Atri è intitolata all’Assunta come una buona parte di tutte le Cattedrali del mondo. In Atri è detta semplicemente “Santa Maria”, perché il mistero della Pasqua della Regina dell’Universo, è sottinteso. Sinonimo della chiesa è “la Cattedrale”, dalla cattedra del Vescovo presente, in modalità diverse per quanto riguarda l’oggetto materiale del seggio, dal 1251. Sinonimo più preciso è “la Concattedrale”, dal 1986, quando S. Giovanni Paolo II, fuse la diocesi di Atri con quella di Teramo. Il provvedimento, all’indomani della revisione del concordato, riguardò diverse diocesi italiani, suscitando non poco rammarico, anche (né poteva essere altrimenti) in noi atriani.

L’altra denominazione è il “Duomo”, anche se la dicitura non corrisponde perfettamente alla Cattedrale, ma alla principale chiesa di un paese, non necessariamente sede vescovile. E nemmeno necessariamente Collegiata. Il Duomo è un termine assai presente nell’odonomastica dell’Italia Settentrionale, pensiamo soltanto a quello di Milano.

La dizione “Basilica” è entrata con difficoltà nel vocabolario degli atriani, forse perché è stato un privilegio recente. Il Beato Paolo VI elevò la Cattedrale di S. Maria in Atri alla dignità di Basilica Minore nel 1964, al termine dei penultimi grandi restauri. La promozione suscitò tanto entusiasmo, perché sottolineata dalla presenza del Card. Fernando Cento. Da allora non sono state molte le visite ufficiali dei porporati nella città degli Acquaviva.

Andrea Delitio, nella seconda metà del XV secolo, per il ciclo pittorico della Cattedrale, eseguì giustamente il pannello della “Dormitio”, equivalente orientale dell’Assunzione. Atri aveva tanti contatti con la sponda opposta dell’Adriatico, grazie al porto di Cerrano, alla foce dell’onomimo torrente, nel territorio atriano. Quando il maestro marsicano era all’opera in Cattedrale, il Cerrano viveva l’ultima parte di vita, memora dei blocchi di pietra d’Istria che dal Nord dell’Adriatico erano giunti, via mare, in quella che oggi è la salubre e tranquilla spiaggia di Pineto. I contatti con l’Oriente furono rinnovati nel XVI secolo, con l’aiuto degli Acquaviva alla battaglia di Lepanto. Un Forcella, medico di fiducia della dinastia ducale, era originario dell’Albania e la famiglia divenne una delle più facoltose di Atri, con il palazzo avito nei pressi della chiesa di S. Francesco e la cappella di patronato in S. Giovanni.

Il pannello, al centro della parte inferiore del coro, fu distrutto quasi totalmente e quindi di difficile lettura attualmente, nel XVII sec. per consentire l’entrata nella sacrestia capitolare. Vi fu addossato, sempre per l’ “horror vacui” la cattedra lignea, rialzata su pedana, con i tre sgabelli ad asso di coppe, per l’Arcidiacono, il diacono e il suddiacono. Poiché la distruzione dell’affresco era stata motivata da un fatto non giustificabile, si pensò con forza alla collocazione della cattedra, anche se in quel secolo era rigorosamente a lato del Vangelo, come è stato fino ai penultimi restauri.

La cattedra, oggi, è poco utilizzata, creando un sottile dibattito sulla sede del presidente, alla luce del Concilio Vaticano II. Per non stare troppo lontano dall’assemblea, il Vescovo siede al seggio del presbitero, a lato dell’epistola, e talvolta si serve del faldistoro, prima dell’altare (l’ultima volta il 15 luglio scorso per le ordinazioni presbiterali). Ma quando il Vescovo di Teramo-Atri fa la prima visita solenne ad Atri, è rigorosamente usata la cattedra e l’Arcidiacono, dal suo posto, gli rivolge il saluto. Con Mons. Seccia non è stato possibile, perché la Cattedrale era impraticabile, quindi la celebrazione si svolse in Piazza Duomo.

L’altra immagine distrutta dell’Assunta era sull’arco trionfale. Poiché era del XVIII secolo, i restauri diretti da Guglielmo Matthiae, nell’intento di valorizzare il ciclo del Delitio, la fecero cadere, privando il presbiterio dell’immagine della titolare che si poteva contemplare maggiormente nelle celebrazioni agostane. E fu traslocato pure il baldacchino in legno di noce (1677), copia del bronzeo berniniano, nella chiesa di S. Reparata, perché più vicina al suo stile. Ma quel manufatto era stato progettato per la Cattedrale, tenendo conto della maestosità dell’interno, e in S. Reparata è penalizzato dalla modesta pianta a croce greca e dal convenzionale altare sottostante. L’operazione è stato un passo di pulcino nel disegno della musealizzazione della Basilica Concattedrale, ricca di opere d’arte, ma l’arte deve essere al servizio della fede e della catechesi.

Distrutto pure l’altare dell’Assunta, in fondo alla navata sinistra. La statua vestita dell’Assunta, come gli altri simulacri, è stata portata in S. Reparata, ma stavolta senz’altare. Soltanto una profonda nicchia ornata di stelle, con il simulacro, rivestito della veste ordinaria nel corso dell’anno, mentre per le celebrazioni agostane porta la preziosa dalmatica. La statua esce dalla nicchia anche nel mese di maggio, come immagine della Madonna nei pressi del presbiterio. E dal 2013 esce anche processionalmente, per le vie principali di Atri, a conclusione dei Secondi Vespri dell’Assunzione. Il pomeriggio dell’Assunta passa rapidamente dal profano al sacro.

Rimane come immagine dell’Assunzione la lunetta (XV sec.) del portal maggiore di Rainaldo d’Atri, esponente di spicco della scuola atriana. A volte è stata presa di mira inconsapevolmente dalle pallonate dei ragazzi che utilizzano lo spazio per improvvisato campo di calcetto. E forse qualche microscopico pezzo si è staccato.

Viviamo nella comunione e nella gioia la solennità di Maria SS. Assunta in Cielo, festa della Cattedrale di Atri, ma festa della città dei calanchi che sempre si ritrova orante e contenta nelle sacre mura di uno dei tesori più soavi della cattolicità.

SANTINO VERNA