ORMAI E' UNA BELLA TRADIZIONE FERRAGOSTANA

FONDACI APERTI A CAPO D’ATRI

Tra i numeri del ferragosto atriano, da qualche anno, la kermesse “Fondaci aperti” che per quattro giorni anima uno dei quattro rioni medioevali di Atri, racchiusi dalla cinta intervallata dalle porte. L’unica rimasta, anche se priva di muraglione, quella di S. Giovanni.

Il quarto S. Croce (Capo d’Atri), secondo l’antropomorfismo urbano, rappresenta la testa di Atri, la cui estremità è la rocca, dalla cui sommità si gode il panorama con i Monti della Laga. Una ventina d’anni fa, quando la sfilata dei carri trainati dai buoi incontrava qualche difficoltà, nacque l’idea di sostituire la “Maggiolata agostana” con il corteo storico in costume. Da qui il puntualissimo studio di Piergiorgio Cipollini, con la riscoperta dei quarti.

Il corteo, abbastanza lungo come tempo, perché occupava tutto il pomeriggio, con l’appendice serale del 15 agosto, rischiava di essere seguito parzialmente dai visitatori, giunti da Atri e dai luoghi vicini, ma soprattutto turisti della costa del Cerrano, e non solo. Ma rischiava anche di essere seguito male, perché arrivare in ritardo significava non capire la storia dell’inizio e, anticipare il ritorno, equivaleva a perdersi il finale. Per questo attualmente i figuranti sono presenti la sera del 14 agosto e il corteo è stato abbinato al rito dell’apertura della Porta Santa e alla S. Messa che segue nella Concattedrale, con la presidenza del Vescovo Michele Seccia.

Dal 2012 si sono intensificati i rapporti tra la Perdonanza celestiniana e la Porta Santa di Atri, grazie all’instancabile impegno di Ettore Cicconi, fondatore del Museo Etnografico. Si partì in tre persone, in una calda mattinata nel triduo dell’Assunta, per il capoluogo abruzzese e ora gli atriani son più di cento!

Negli anni del corteo storico del 15, Capo d’Atri era valorizzato con spettacoli in angoli suggestivi, come lo spiazzetto di Portico Capritti, dal nome di una famiglia facoltosa del vicolo e Largo Forosetto, lo spazio più popolare del rione, dove un tempo giocavano tanti bambini. Lo spiazzo fu felicemente utilizzato nel 1997, per l’ultima edizione di “Poesie e Serenate”, perché la tradizione continuò l’anno seguente, sempre nel periodo delle stelle cadenti, ma a Largo Forcella, con il nome di “Serata sotto le stelle”, perché mentre inizialmente erano soltanto poesie e serenate, intervallate dalla voce del presentatore che introduceva gli artisti e annunciava il componimento in prosa o in musica, nelle edizioni successive entrarono altri numeri. Largo Forosetto richiamerebbe vagamente il foro, e popolarmente è chiamato “lu spiazzapiducchie”, ricordo forse di un’epidemia.

Organizzato dalla pro-loco e dalla dinamica Sonia Muscianese Claudiani, figlia dell’indimenticabile Don Mimì, pioniere della televisione abruzzese, “Fondaci aperti” è arricchita da tanti personaggi del mondo artistico e della quotidianità atriana che si aggirano nei giorni precedenti, per i preparativi.

Tra questi ricordiamo Oreste De Gabrielis e Raffaele Friuli. Oreste, da più di mezzo secolo è fuori Italia, tra Svizzera, Canada e USA, per lavoro, ma il cuore è sempre in Atri, la città dove è nato, all’ombra della chiesa di S. Francesco, uno dei luoghi della fanciullezza. Da qualche anno vive a Capo d’Atri.

Raffaele, anche lui con esperienza lavorativa fuori Italia, in Danimarca, da diversi anni si reca in Marocco, a Marakech, città dalle vestigia francescane, perché i protomartiri dell’Ordine Serafico si erano recati ad annunciare il Vangelo agli infedeli (così si chiamavano gli islamici), nel Paese magrebino, dove coabitano musulmani ed etnie di origine giudaica. Le salme dei martiri furono all’origine della “conversione” di Fernando Buglione che, vestito il saio minoritico, sarebbe diventato Antonio di Padova, anche se in Portogallo è Antonio da Lisbona. Raffaele è contradaiolo da sempre di Capo d’Atri e vive nello stabile più fiorito di Via Picena, alla fine della strada che continua con l’aulica denominazione, accogliendo la fine di Via Trinità. Nel fondaco interessato per la kermesse, tanti cimeli del Marocco, monili e vestiti che sono un’etnografia per immagini.

Di “Fondaci Aperti” fa parte anche Portico Trebbiano, anche se la dicitura vera e propria non sarebbe portico, perché l’ingresso del vicolo è sormontato da un semplice cavalcavia, delimitato dal ferreo parapetto, con tanto di ombrellone. Come fondaco del portico è utilizzata la piccola bottega di Domenico Astolfi, maestro dell’ago e del ditale, scomparso cinque anni fa dopo lunga malattia. Come tutte le botteghe di Capo d’Atri, ma anche degli altri rioni, quella di Mimì, dal fisico asciutto e dallo sguardo intenso, era un caratteristico ritrovo, con il sottofondo della vecchia radio che diffondeva musica e notizie. La domenica pomeriggio, era dedicata alle partite, quando non c’era la TV satellitare e chi scendeva dall’oratorio della Trinità verso Capo d’Atri cercava di sapere il risultato della squadra del cuore.

Tanti tornano con affetto a Capo d’Atri, visitando anche le due chiese filiali, di pertinenza di S. Nicola, S. Spirito (erigendo Santuario di S. Rita) e l’oratorio della Trinità, da quest’anno con la celebrazione eucaristica quotidiana nel mese di agosto.

SANTINO VERNA