Pubblicato Mercoledì, 10 Agosto 2016
Scritto da Antonio Cerquitelli

L'ECONOMIA CHE UCCIDE I VALORI

TORNIAMO AD... ACHILLE, PER RITROVARE NOI STESSI

Le parole crisi, derivate, spread, obbligazioni secondarie, crediti deteriorati fanno parte del lessico quotidiano dei nostri tg. Quell’ unità di scambio che chiamiamo denaro occupa tanta parte dei pensieri delle persone: la sua presenza o, al contrario, la sua penuria può decidere dei percorsi di vita di un individuo, può decidere la serenità o, al contrario, il disagio di una famiglia. Più si avanza nel tempo, più sembra che l’economia costituisca la struttura del legame sociale, “conditio sine qua non” sarebbe impossibile addirittura pensare una società senza la mediazione del denaro.

E questa precisa idea secondo cui è l’economia a muovere la storia è sorta durante l’affermazione del capitalismo nella prima rivoluzione industriale: e sempre il tipo di struttura economica che chiamiamo capitalismo ha determinato l’accentuazione delle diseguaglianze economiche e sociali che possiamo notare passeggiando per le vie di una qualunque città. Come sono nate le disuguaglianze e che peso ha avuto l’economia nel corso dell’esistenza dell’uomo sulla terra?

E’ stata molto illuminante in questo senso la lettura di un libro scritto dall’ ex ministro delle Finanze del primo governo Tsipras, Yanis Varoufakis, che ha ripercorso le tappe di questa economicizzazione del mondo, in cui, con l’avvento del capitalismo in Inghilterra, siamo arrivati alla mercificazione dei rapporti sociali. Innanzitutto, si chiede Varoufakis, perché sono stati gli inglesi ad invadere gli aborigeni australiani e non viceversa? Perché in principio era il surplus: in alcune zone dell’Occidente, vista la scarsità di cibo, si è sentita l’esigenza di produrre, non solo consumare prodotti agricoli. Se in Australia il cibo era sufficiente per sfamare la popolazione, laddove non bastava si sono sviluppate tecniche per incrementare la quantità e così si è prodotto surplus, cioè quella quantità in eccedenza che permetteva di fare la scorta per i mesi a venire. La produzione di surplus agricolo ha generato i seguenti miracoli sociali: la scrittura, il debito, il denaro, gli Stati, gli eserciti, la tecnologia, la burocrazia…Quindi la necessità di produrre e non solo di consumare ha permesso a Stati come l’Inghilterra, ad esempio, di svilupparsi in senso tecnologico, militare, statale ed ha potuto sottomettere facilmente popoli primitivi. Ora, questa era la situazione dell’economia al suo stato embrionale. E il capitalismo invece come è nato? Il periodo è l’avvento della Rivoluzione industriale verso la metà del XVIII secolo in Inghilterra e in Olanda. Mercanti spagnoli, olandesi, inglesi, portoghesi caricavano sulle loro navi lana dall’ Inghilterra e dalla Scozia, e andavano a Shangai per scambiarla con seta cinese. La lana era diventata fondamentale nei processi di scambio internazionali. I lords inglesi notarono che i contadini dediti a coltivare le rape e le cipolle non producevano valore da scambiare sul mercato. Così furono cacciati dalle terre che coltivavano e sostituiti da greggi di pecore, diventando da lì in poi lavoratori salariati: girovagarono a migliaia sulle strade carraie offrendo e affittando l’unica merce che avevano a disposizione: la loro forza lavoro. La tragedia è stata che per decenni, finchè non si era ben definita la società di mercato, il nuovo mercato del lavoro si caratterizzava per un’enorme offerta e una scarsissima domanda. Risultato: carestia, malattia, desolazione. Successivamente molti di questi contadini, con l ‘avvento delle fabbriche, avrebbe costituito il nucleo del cosiddetto proletariato industriale stipato nelle periferie delle città. Da lì in poi il capitalismo, da processo storico, sarebbe diventato un processo naturale instillato in maniera permanente nelle nostre menti. Alterando i rapporti naturali tra le persone. E’ opportuno inoltre far riferimento a un’importante distinzione: valore di scambio e valore di esperienza. Il valore di scambio è il prezzo di una merce che si è messa in vendita. Il valore di esperienza può essere un tuffo nel mare, la lettura di un libro, un tramonto. Che possono benissimo non avere alcun valore di scambio. Questi due valori non potrebbero essere più diversi tra loro. Molto spesso nelle società contemporanee tutti i valori vengono calcolati come se fossero di scambio e si tende a considerare privo di valore quel che non ha prezzo, che non può essere venduto ricavandone un utile. Il libro di Varoufakis prosegue poi sottolineando la responsabilità che hanno i banchieri nei crack finanziari con i loro “ giochi d’ azzardo” ai danni della comunità, i meccanismi stregati di un mercato in cui i grandi gruppi finanziari chiedono la libertà dallo stato nel proprio illimitato arricchimento e, in seguito, esigono il  salvataggio da parte dello stato stesso e quindi della collettività dopo i crack. Davvero piacevole e didascalica la lettura del libro del’ ex ministro greco, che fa interagire l’economia con la filosofia, il cinema, la letteratura. Quello che davvero mi preme evidenziare è la necessità di un cambio di paradigma del nostro modus vivendi ed operandi, la necessità quantomeno di un capitalismo  “ illuminato” . Quell’ idea secondo cui saremmo tutti delle monadi isolate che hanno il diritto di tutto su tutto è profondamente sbagliata. Noi siamo individui, certo, ma all’ interno di un contesto sociale. Questo capitalismo anarchico comporta la negazione dei valori del sacro, della religiosità, della famiglia, di qualsiasi riconoscimento identitario, che può essere, oltre alla religione, la cultura e l’ethos di un popolo. L’ identità, ad esempio quella sessuale, non sempre è il frutto di una scelta o di una costruzione culturale: lo spirito del nostro tempo vuole invece che abbiamo libertà di scelta su tutto e ciò si traduce nel diritto di tutto su tutto, abolendo le differenze con la reductio ad unum. Su questo naturalmente non posso scegliere: non posso non essere un homo economicus, un consumatore che compra e vende dei beni. Il simbolo della società capitalista è Robinson Crusoe di Daniel Defoe, che vive da solo su un ‘ isola deserta, costruisce la sua vita e accumula ricchezze senza relazioni sociali. Ma quello che possiede non ha alcun valore di scambio senza l’esistenza della società . Io invece penso ad Achille dell’Iliade omerica. Non volle risolvere il suo conflitto con Agamennone (il quale gli aveva sottratto Briseide), con una soluzione di compromesso in denaro. Perché per lui l’onore e il rispetto, i valori di esperienza, avevano la supremazia su quelli di scambio.

ANTONIO CERQUITELLI