Pubblicato Martedì, 12 Luglio 2016

LA VICENDA DELLE DELEGHE RITIRATE: UMBERTO ITALIANI REPLICA AL SINDACO

"STATE SERENI: ASPETTERO' SULLA SPONDA DEL FIUME"

La sparata giornalistica del Sindaco Gabriele Astolfi mi obbliga a fornire una replica a tutela della mia persona e della mia onorabilità pubblica e privata.

Non sono affatto stressato e il Sindaco Gabriele Astolfi non ha certo le capacità per esprimere un tale giudizio.

Dal canto mio mi sono visto costretto a non condividere alcune scelte che questa giunta di recente ha compiuto e si accinge a compiere. Se il mio dissenso comporta la mia epurazione, allora sono fiero e maggiormente convinto dei miei no. “No” detti per la correttezza delle mie azioni di politico e di amministratore e per il rispetto verso i 537 elettori. “No” dati per difendere Atri dalle ingerenze teramane che già hanno dato esiti a dir poco negativi.

Il ritiro delle mie deleghe dopo otto anni di attività segna la sconfitta di tutta l’amministrazione atriana. A fronte di un atto di esercizio del potere segnato preminentemente da arroganza e arbitrio è necessario, in primo luogo, sottolineare che le scelte politiche di un’amministrazione comunale sono collegiali, cioè della giunta e non del singolo assessore. Le delibere di giunta sono atti pubblici e tutti possono accedere a tali documenti per controllarne e verificarne il contenuto o riscontrare i membri di giunta favorevoli, contrari, astenuti o assenti. E' ingannevole dire che la revoca di un assessore risolva le sorti di un’amministrazione che obiettivamente versa in difficoltà da lungo tempo in settori ben più importanti di quelli a me delegati.

Il metodo ed il merito della vicenda impongono una serie di considerazioni. In primo luogo l’atto della mia revoca è emanato da chi erroneamente, nell’atto medesimo, si ritiene eletto direttamente dai cittadini, circostanza non vera per quanto riguarda il Comune di Atri in quanto comune inferiore a 15.000 abitanti. Inoltre l’atto è un mero collage di clausole di stile per relegare il decreto di revoca delle deleghe tra gli atti politici e, dunque, tra gli atti che non necessitano l’avviso di avvio del procedimento e una esaustiva motivazione.

Personalmente, e non sono solo, ritengo che l’atto di revoca si di natura provvedimentale e, in tal guisa, vada motivato. Senza volermi qui dilungare su questioni riservate alle sedi proprie, è più che evidente che la condotta del Sindaco Gabriele Astolfi costituisca un esempio davvero non commendevole di azione amministrativa e politica, giacché per il tramite di essa un rappresentante direttamente eletto dalla comunità locale di fatto è stato in modo innaturale estromesso dall’organo esecutivo del Comune. Una simile condotta non può andare esente da rimprovero perché in tutta evidenza essa può prestarsi a giochi di potere effettivamente finalizzati alla eliminazione dell’avversaro politico eletto coram populi ma ritenuto fastidioso.

Sintomatico è il fatto che a distanza di un giorno dalla pubblicazione dell’atto il Sindaco Gabriele Astolfi ha avuto la brillante idea, davvero indice di uno straordinario acume, di spiattellare al primo giornalista capitatogli a tiro che la motivazione della mia revoca fosse da individuare in un mio supposto stato di stress.

A disparte il fatto che si tratta di considerazioni del tutto personali e prive di ogni fondamento, il commento del Sindaco ripreso dalla cronaca non fa altro che confermare la mancanza di motivazione del provvedimento di revoca. Un atto per scaricare sul proprio sottoposto responsabilità politiche prima sue, come d’altronde egli è abituato a fare. Un atto di chi, limitato nell’azione, non è capace di assumersi formalmente e pubblicamente la responsabilità della propria decisione, colmando le evidenti lacune di un provvedimento con formule di stile scopiazzate qua e là e che tanto sanno di paternalismo e pietismo.

Da un lato un atto di esercizio arbitrario di un potere senza alcun sostegno motivazionale e dall’altro le accuse a mezzo stampa nei confronti del revocato di non essere in grado di esercitare le proprie funzione perche stressato e bisognevole di riposo.

Una decisione assunta e manifestata alla carlona che, come nelle intenzioni dell’autore, ben si presta ad essere poi strumentalizzata da chi strizza l’occhio al Sindaco invece di contestare nel merito l’attività amministrativa esercitata con l’assessore.    

Rimanendo al profilo umano del gesto del Sindaco Gabriele Astolfi si tratta di un atto vile di un individuo inebriato dall’olezzo del potere.

Non sarò il capro espiatorio degli errori dell’amministrazione atriana e rivendico il diritto di difendere la mia professionalità, il mio decoro e la mia onorabilità nella vita pubblica e privata, in ogni sede.

Circa la questione del centro turistico integrato, dico qui che l’amministrazione collegialmente ha fatto una scelta: la gestione di una struttura pubblica affidata a privati attraverso un bando pubblico, come accade in migliaia di comuni italiani. Se ad Atri ciò non è possibile perché si pretende che sia la collettività tutta a sostenere le spese per i servizi pubblici a domanda individuale (“aggratis” per intenderci) ne prendo atto.

Per quanto attiene il prosieguo della mia vita amministrativa, essa, come sin qui fatto, sarà improntata esclusivamente al rispetto del mandato ricevuto dai miei elettori che ringrazio tutti ad uno ad uno come se li avessi davanti. I cambi di delega sono sintomo che non funziona il manico, ma presto finirà il tempo degli onori anche per chi non si chiama Umberto Italiani. Da par mio il prossimo consiglio comunale – nel quale mi riservo di manifestare la mia posizione politica - sarà la sede prima e naturale nella quale esercitare i miei diritti di cittadino eletto, senza tralasciare nulla in altri sedi ove ristabilire la legittimità amministrativa e difendermi dalle affermazioni a mezzo stampa apodittiche ed oltraggiose del Sindaco Gabriel Astolfi.

Idealmente resterò seduto sulla sponda del fiume ed aspetterò. State sereni.

Umberto Italiani