Pubblicato Lunedì, 30 Maggio 2016
Scritto da Claudio Varani

LA MIA ATRI

 PORTA MACELLI

 PARTE II

VOLTI, NOMI E STORIE DI UN MONDO ANTICO

Adesso comincio via per via, indicando i nomi e cognomi di tutti coloro che ricordo.

 

VIA S. AGOSTINO

partendo dal Corso:

a sinistra:

-       La prima  era casa Balducci, col negozio di stoffe di Marietta proprio all’angolo sulla Piazza Duomo dove oggi c’è il Mago delle pizze.

-       Poi veniva la cantina di Ilario Castagna detto Lu Carefe: so che ad Atri c’erano tante cantine, vere e proprie  antenate degli attuali bar, dove ci si incontrava per dissetarsi o per dimenticare, comunque sempre per stare un po’ insieme (non ci andavo a prendere il vino, perché a casa Angelini-Pierangeli, dove ho sempre abitato, di vino se ne produceva in abbondanza e di ottima qualità, ma per prendere un litro di spuma, una volta bianca, una volta rossa, sempre schiumosa, dolce…buonissima)”.

-       Quindi il palazzo del Dott. D’Amario: ero amico dei figli Massimo e Cecilia, ma, in quegli anni le ragazze non scendevano in strada con i maschietti, per cui solo Massimo era nostro assiduo compagno di giochi. Ricordo che era simpatico, veloce, scattante, giocava bene a pallone e suscitava la nostra ingenua invidia perché aveva già il suo fucile da caccia “vero”, un Flobert a piombini.

-       Attraversato Vico Trolii, c’era una casetta che mi dicono fosse abitata dalla suocera di Biagio Martella, ma non ho ricordi al riguardo.

-       Poi veniva casa Mazziotti ( il soprannome, come per mio nonno, era Pasturelle): ricordo con simpatia Zarino e Lisina, cara amica di mamma, il fratello Guerino con gravi problemi agli occhi, ed i figli di Zarino, Totò e Gigg’, che erano tra i  compagni  più attivi di tutti i giochi che si svolgevano in Vico Trolii.

-       Dopo Vico Prepositi, c’era la casa d Maria Sciolè e, di seguito, c’era la casa del sarto Leone.

-       Via S.Agostino si concludeva per noi ragazzi, anche se impropriamente, sulla salita dopo casa Consorti, dove abitavano i Riti, mi sembra di ricordare un sacrestano e un sarto, con Mariucce che  giocava spesso con noi.

a destra:

-       Dopo la Chiesa di S.Agostino, abitava la famiglia di Don Giuseppe Di Filippo, con il padre Arnaldo che si affacciava spesso dal balconcino per guardarci giocare,senza mai rimproverarci per il chiasso che facevamo.

-       Al di sotto, un piccolo locale era il laboratorio dei fratelli Marino e Bertino Centorame, bravi calzolai.

-       Subito dopo, e non è un’esagerazione, c’era un artista del legno: “Mastre Nicole”, Nicola Bosica, “Nicole lu falegname”, che non era solo un falegname, ma era anche ebanista, intarsiatore, intagliatore, ecc…: ricordo la sua figura piccola e curva, generalmente triste e riservato, il capo sempre chino, ma con la battuta pronta e, qualche volta, pungente. Simpaticissimo e bravissimo, ha lasciato capolavori che oggi ornano molte case di Atri.

-       Di seguito c’era uno stanzone in cui viveva e lavorava Taluccio Lupoletti “Lu scarpare”, persona anch’egli molto gentile e simpatica; una tenda separava il piccolo locale anteriore in cui riparava tacchi e suole dall’abitazione posteriore, lunga e buia dove vivevano tutti i suoi numerosi famigliari.

-       Poi c’era il palazzo Torrieri; con il figlio Sandro eravamo amici anche se c’era tra noi  qualche anno di differenza; ricordo un giorno che, giocando ad acchiapparella, lo rincorremmo dentro l’androne di casa sua: lui cercava di chiudere il portone per sfuggirci, e invece noi, che eravamo in tanti, spingevamo come dannati per prenderlo; ben presto ci rendemmo conto che il portone non si muoveva di un millimetro, perché all’interno l’ adorato papà di Sandro, Cesare, tornato da poco da una lunga e tremenda permanenza nelle miniere del Belgio, sorridendo, si opponeva con la sua forza, rendendo inutili i nostri sforzi.

-       A casa  Torrieri hanno abitato anche per una decina d’anni mio zio Pasquale con la moglie Anna, za’ Ndunetta ed i figli Paolo e Franco, altri compagni dei nostri giochi.

-       Infine veniva il palazzo dell’Ing. Vinditti; andavo a scuola con il figlio Fabrizio ed ero anche amico della figlia Rosamaria; ricordo di essere stato una volta sola nella loro immensa abitazione, perdendomi più volte al suo interno. Nessuno dei due, però, è mai sceso in strada a giocare con noi.

 

Per Via S.Agostino ho finito elenco e ricordi; dal mio racconto appare evidente che in meno di cento metri, c’erano due calzolai, un falegname-artista, due sarti: il fior fiore dell’artigianato. Oggi non c’è più nessuno.

VICO TROLII:  

Era la vera e propria sala giochi del quartiere, punto di incontro di tutti i bambini di Porta Macelli. Era un vicolo chiuso, con una sola uscita laterale rappresentata del Vico Grue, di cui parlerò in seguito. Inoltre, pur essendo molto breve, aveva un incredibile assortimento di personaggi.

-       All’inizio sulla destra, subito dopo la casetta presumibilmente della suocera di Biagio Martella (mi hanno pure detto un soprannome: Majurane, ma non posso dire niente di più), si trovava un alto recinto in lamiera che delimitava l’orto di Mazziotti.

-       Subito dopo c’era l’abitazione dei calzolai Marino e Bertino, con la sorella Norina, altre sorelle e la mamma Francesca.

-       Oltre Vico Grue, c’era la casa della famiglia Perfetti (il soprannome del proprietario era lu Chiove): ricordo che quando noi giocavamo, urlando a squarciagola, spesso la moglie si affacciava alla finestra per protestare e rimproverarci.

-       Di seguito veniva l’ingresso principale del palazzo Angelini-Pierangeli, (l’Avv. Angelini era un professionista (soprannome Lu Ddroghe), proprietario terriero così come la moglie Donna Vivi Pierangeli, nobile di nome e di fatto e cugina di Luigi Pierangeli, fondatore dell’omonima clinica a Pescara; entrambi erano nati nell’800 e ne rappresentavano i migliori valori; il loro palazzo era uno dei punti di incontro di tutte le categorie della nostra città, aristocratici, professionisti e poveretti: salotti culturali, incontri amichevoli, aiuto ai più bisognosi…insomma era un continuo via vai di persone, dalla mattina alla sera, che passava attraverso il portone d’ingresso che non veniva quasi mai chiuso.

-       In fondo al Vico, c’era casa Grue, con Maddalena  (Matalena la Cuppine), in continua lotta con tutti noi per lo strepito che facevamo. Era solita prendere tutti i palloni che finivano sul suo terrazzino, senza mai restituirli. Non vi dico le discussioni, le battute feroci, i dispetti reciproci….Mi rimane impressa nella memoria una nevicata primi anni ’60: noi andammo a spalare la neve depositata davanti al nostro portone di casa sul Vicolo e la ammucchiammo accuratamente davanti al portone di Matalena, facendo un vero e proprio muro di neve… Evidentemente qualcuno la aiutò, perché ricordo che qualche giorno dopo era già in giro.

Con la mia famiglia i contrasti risalivano a molti anni prima; ma, a cadenza costante, continuavano con grande veemenza, sia per il puzzo che (secondo lei) emanava un pollaio posto nel giardino di casa Angelini, su cui si aprivano alcune sue finestre, sia per il grande albero di alloro, i cui rami le impedivano la visuale e che lei cercava disperatamente di tagliare ( senza riuscirci); le nostre risposte erano dello stesso tono e, in genere, si concludevano con la chiusura violenta delle finestre.

Un curioso episodio, causa ancora di proteste vibrate, me lo ha ricordato di recente mio fratello Giampiero: da un cortiletto interno di casa nostra  fuoriusciva un grosso cespuglio di edera i cui rami scendevano su Vico Grue: un giorno questi ultimi, mentre Matalena passava lì sotto, si impigliarono con la parrucca che indossava, lasciandola in una situazione a dir poco imbarazzante. Come si diceva allora: “ li prediche arrivò n’ci’le”….Anche l’edera parteggiava per noi!!!

-       Risalendo il Vico, c’era la casa di Mindine Bosica ( ex fattore di casa Angelini) con la moglie Clara ed i figli, alcuni dei quali, qualche tempo dopo, sarebbero emigrati a Sanremo e dintorni, compresa la figlia di Mindine, Annetta, l’unica eccezione del quartiere, perché era una ragazza che veniva a giocare in strada con i maschietti, competendo alla pari con loro: esuberante, agile, forte.

-       Di fronte al capo scala di Mindine c’era uno stanzone, in indicibile stato di sporcizia (c’era, ricordo, anche una gallina che razzolava indisturbata), in cui abitavano il quasi centenario Mingenze Mingittule e la seconda moglie Peppina la Camela; mi sembra di ricordare che Peppina non sia sopravvissuta al marito nonostante fosse molto più giovane di lui.  Mingenze, che si aiutava con il bastone, non era uno di quei vecchietti simpatici della memoria collettiva, anzi, era burbero e scontroso, e il bastone lo alzava spesso, ovviamente senza colpire nessuno.

-       Negli anni ’50 mi sembra di ricordare che, dopo, ci fosse la bottega di falegname Guido Di Tecco, che gestiva anche l’albergo alla fine di Via Macelli: ho memoria di cumuli di segatura, di  tanti attrezzi su un grosso bancone, e di un signore anziano dai capelli e baffi bianchi…forse mi sbaglio, ma non credo. Ma parliamo degli anni ’50, perché successivamente la “ pendica” non c’era più.

-       Subito dopo veniva il nostro regno, la nostra via Paal: un enorme scantinato aperto del palazzo D’Amario,  pieno di oggetti accatastati fino al soffitto, in cui si svolgevano i nascondini, le battaglie con i fucilini di legno, in cui la fantasia poteva correre libera. Giocavamo per ore intere al suo interno.

Insomma, era un vicolo breve, ma pieno di vita, con tanti ragazzi che tutti i giorni giocavano, strepitavano, vi trascorrevano ore intere vivendo i loro verdi anni in maniera spensierata e allegra, non nelle solitudine e tristezza dei video giochi di oggi. Ma forse la ragione vera della nostalgia che provo è che in quel vicolo abbiamo lasciato LA NOSTRA INFANZIA, I NOSTRI ANNI PIU’ BELLI E SPENSIERATI.  Oggi, solo guardando i miei nipotini, ritrovo un po’ quella gioia e quella innocenza: ma il futuro è solo il loro, a me resta solo un po’ di dolce malinconia.

CLAUDIO VARANI