Pubblicato Lunedì, 09 Maggio 2016
Scritto da Alfio Carta

L'EUROPA E IL GRANDE SOGNO DI PAPA FRANCESCO

LA SCIOCCA UTOPIA DI UN MONDO SENZA MURI POTREBBE DIVENTARE REALTA’

Per poter continuare a esistere qualsiasi formazione sociale, sia  essa un partito, una chiesa, una nazione deve avere un confine che separa coloro che ne fanno parte da chi ne è fuori. E gli esterni per entrarvi hanno bisogno di un particolare permesso, di un lasciapassare. Se tentano di entrare ugualmente in modo clandestino sono considerati degli intrusi e, nel caso degli stati e se usano violenza, sono considerati degli invasori e vengono respinti. Sulle coste della Francia sono ammassate migliaia di profughi che vogliono andare in Inghilterra, ma nessuna barca cerca di attraversare il canale della Manica vigilato dalla Royal Navy. Alcuni paesi, come gli Stati Uniti, hanno fatto entrare moltissimi migranti ma solo dopo avere stabilito delle quote e una rigorosa selezione alla frontiera in cui respingono quelli che non condividono i loro principi e le loro leggi. L’Unione europea invece è una formazione sociale che non ha propri confini, non ha proprie forze armate, non ha una propria polizia di frontiera e non ha nemmeno stabilito quanti profughi di paesi in guerra può ospitare, perché è socialmente giusto ospitare i profughi. Ora poiché molti paesi asiatici e africani sono in uno stato di guerra continuo si può prevedere che saranno molti milioni quelli che ci proveranno. Ed a questi si aggiungono i milioni di persone che sfuggono dalla povertà ed entrano insieme ai primi. Di fronte a questo afflusso incontrollato alcuni paesi hanno riattivato le frontiere interne. Sono questi i muri contro cui si sono scagliati tutti i politici, gli intellettuali, il Papa e il presidente Mattarella.

Ma fra non molto saremo costretti a domandarci se sia possibile una società senza muri, cioè senza confini, in cui può entrare chiunque. In Europa è successo solo alla fine dell’impero romano, quando i popoli germanici e i nomadi della steppa sono dilagati in  tutto l’occidente. Ma finita l’epoca barbarica, non appena sono sorte le città stato, sono rinati anche i confini e i controlli. L’Europa in questo ultimo decennio è vissuta all’interno di un’utopia pacifista e internazionalista, ma dovrà decidersi a guardare il mondo reale.

La circostanza mi suggerisce di rivisitare idealmente la sconfinata misura della storia e a questo riguardo mi sovviene un dato storico che aiuterà il lettore se non a giustificare il mio assunto, quanto meno solo a comprenderlo. Devo premettere che la storia oggettiva non esiste. Si chiede però, di norma, di attenersi il più possibile ai fatti. Di far parlare la documentazione. Solo dopo arrivano i giudizi che, altra evidenza, non dovrebbero essere morali. Prendo ad esempio non casuale Attila. Attila era malvagio! Per la morale di oggi? Che scoperta! Per la morale dei romani (crocifiggitori e schiavisti). Opinabile. Per la morale degli Unni? No. Correva l’anno 452.  Papa Leone Magno, poi  canonizzato nel novero dei Santi  (allora non erano frequenti le canonizzazioni dei Papi come oggi) incontrò Attila presso il fiume Mincio e ottenne con fermezza che non invadesse l’Italia. Un egoista che rifiutava l’accoglienza ai poveri Unni  migranti economici  e/o climatici?  Un bieco costruttore di muri e non di ponti? Un precursore di Trump e Salvini? È certo che San Leone Magno, Papa dei muri, è la specchiata antitesi – e non solo circa il “dono“ dei migranti, anche riguardo lo zelo per l’ortodossia – del Papa dei ponti. Come indica l’appellativo presto attribuitogli dalla tradizione, San Leone Magno fu davvero uno dei più grandi Pontefici che abbiano onorato la Sede romana, contribuendo moltissimo a rafforzare l’autorità e il prestigio della Chiesa. L’episodio celebre della Sua vita, che lo vide a Mantova, insieme ad una delegazione romana, incontrare Attila, capo degli Unni, e lo dissuase con ferma decisione dal proseguire la guerra d’invasione con la quale già aveva devastato le regioni nordorientali dell’Italia, è un dato storico. E così salvò il resto della penisola (Benedetto  XVI, Aula Paolo VI, mercoledì 5 marzo 2008). La salvò dissuadendo con fermezza, il solo modello di dialogo accettato, fino a ieri, dalla Chiesa: dialogo di contestazione. Non di “apertura”, che significa arrendevolezza, acquiescenza, compiacenza. La stessa che in quel 452 si sarebbe tradotta nel gettare un ponte sul Mincio, spianando la strada ai migranti invasori unni. “Non ti arrendere mai”, esortava San Leone Magno, “neanche quando la delusione ti avvilisce, neanche quando l’errore ti scoraggia, neanche quando il tradimento ti ferisce. Stringi i pugni, sorridi e ricomincia!”

Proseguendo in questa rivisitazione storica ricordo che tempo fa ebbi a scrivere un saggio su “Carlo Magno-L’Europa-l’Occidente-L’Islam“: il saggio parte dal 753 d.C.. In quel lontanissimo secolo regnava Papa Stefano II, uomo di grande intuito e saggia lungimiranza che preparò il suo disegno storicamente gigantesco, come tutti gli atti che imprimono alla storia le sue rare scelte decisive e che danno una svolta alla storia. Questo Papa intraprese un lungo, difficile e periglioso viaggio aldilà delle Alpi verso Ponthion nella lontanissima e nordica regione chiamata Austrasia per orientare verso il nord il centro di gravità del mediterraneo, la cui storia si identificava con la storia dell’occidente. Il Papa era costretto a questa scelta dalla  pena che lo stringeva per la scomoda presenza dei longobardi, invasori e dominatori, padroni dell’Italia da 200 anni che si consumavano nel logorio di un lungo dominio, che è simile a quello della vecchiaia  e a questo scopo si getta ai piedi del Re Pipino il Breve chiedendo di accordare la sua protezione a S. Pietro e al popolo romano per liberarlo dai longobardi. Il Papa sognava ed aspirava ad una primavera e  per sostenerla  aveva però bisogno di un braccio secolare. E puntò sul giovane popolo dei Franchi. E proprio su invito del Papa Stefano II, Pipino scese due volte in Italia contro i Longobardi (754 e 756) cui tolse l’Esarcato di Ravenna e la Pentapoli che donò alla Chiesa. Ma era anche consapevole del pericolo dell’egemonia ottomana sul Mediterraneo e dell’espansione dell’Islam, degli arabi lanciati  dalla spinta di Maometto, attraverso i suoi califfi, perché l’obiettivo dell’Islam era ed è tuttora di fissare il vessillo della mezzaluna su tutte le capitali d’Europa. Aveva bene a mente che l’espansione  generalizzata dell’islam era già iniziata nel VII secolo  per l’egemonia  ottomana sull’Occidente. Allora i mussulmani furono fermati a Poitier nel 732 ad opera di Carlo Martello, antenato di Carlo Magno. Ed il  Papa si recò da Pipino non solo per proteggere la propria autorità e quella dell’occidente, ma prima ancora per stringere l’alleanza con i Franchi, forze nuove il cui Stato era rigenerato da una nuova stirpe regia. Carlo Magno, figlio di Pipino, non si spiega senza Maometto.

La situazione appena descritta rappresenta lo scenario di quei secoli e quelle vicende possono esser lette in vari modi nelle attuali condizioni italiane; per esempio, nessuna solidarietà è tale se è forzata o imposta dalla ideologia imperante  e  nessuna convivenza può svilupparsi in maniera armonica se si basa su una costrizione delle istituzioni, nella Confederazione Svizzera vi è un controllo molto attento sui nuovi  arrivati e avere fissato regole ben precise ha aiutato lo sviluppo di una convivenza migliore. Dovremmo imparare la lezione! Altri non concordano sul fatto che l’Europa debba essere accogliente, debba spalancare le porte indiscriminatamente a chi fugge dal proprio Paese. Va bene la solidarietà, va bene assistere il profugo che scappa da un sanguinoso conflitto, però non è accettabile accogliere chi non ha alcuna intenzione di integrarsi ma, anzi, vuole imporre in casa d’altri la sua religione, la  sua cultura. I suoi usi e costumi. Intanto l’Austria sbarra la strada a un flusso che sicuramente metterebbe a rischio il gracile e  stabile menefreghismo montanaro. Gli scontri al Brennero non si contano più: aggressioni, lancio di biglie di acciaio, pietre, assalti di massa e atti di violenza contro i carabinieri da parte di gente  “contro”, senza se e senza ma, il valico di frontiera messo a ferro e fuoco. La Polonia alza i muri. A Istanbul, candidata ad entrare in Europa, si sta creando il vuoto e confusione nella propria situazione politica interna. L’Inghilterra vorrebbe uscire dalla U.E. e farà quest’anno un apposito referendum. L’Unione Europea, con questo suo mondo in subbuglio, tace sui muri austriaci ma “apre” a milioni di turchi.  L’Italia è diventata lo sfogatoio dell’immigrazione di massa e l’Europa assiste indifferente, disincantata. Il Tirolo, con il suo Heinz-Christian Strache vuole il Tirolo unito, che si autodetermini, e argomenta che se non si proteggono adeguatamente i confini esterni, se in Italia  “continuate” a far passare i migranti come se foste scafisti di Stato non va bene, l’Austria deve proteggersi. C’è alquanto dissenso per la scelta dell’Austria “sbagliata e anacronistica“ giacchè “non c’è alcuna emergenza” ma lo sarebbe anche se l’emergenza ci fosse. (Mi domando che senso ha questo discorso!).  Forse ha ragione Papa Francesco, c’è bisogno di una  “Europa Giovane”, ed io aggiungo una Europa tutta da rifare in tutti i settori istituzionali con un collante politico che faccia in modo che gli Stati siano solo tasselli di una vera federazione. La madre nell’accoglienza deve esse l’Europa tutta, ma questo è un altro discorso che ci porterebbe lontano. L’Europa, come ho già detto, non esiste come Stato, è una entità disgregata, impazzita  fino a incarnare l’icona delle ambiguità della storia.

Il mondo, come sempre accade nel gioco dei tempi, forse oggi è dentro un travaglio che potrebbe essere l’humus di grandi mutazioni. Non si spiega diversamente la storica svolta a Londra che già vive col maggior tasso di multiculturalismo. L’ex capitale  dell’impero che nella sua storia unica, ha sempre saputo guardare al futuro, non ha paura di cambiare, è sempre all’avanguardia e proprio in questi giorni ha lanciato un messaggio europeista, capace di accantonare anche i proposito della  BREXIT. Questa la novità. Sadiq il mussulmano conquista Londra per la carica di Sindaco. Congratulazioni per la vittoria sono piovute a grappoli, anche sui social, da tutto il mondo. A tutte le inevitabili schermaglie che sono seguite nel mondo politico il nuovo sindaco di Londra ha saputo rispondere con intelligenza. Ad esempio, lui musulmano,  condannando apertamente l’ex sindaco Ken Livingstone per i commenti antisemiti di qualche giorno fa ha promesso alla comunità ebraica di impegnarsi a fondo per combattere i rigurgiti di antisemitismo che a tratti affiorano nel Labour. Ha mostrato apertamente il suo fermo sostegno ai diritti delle donne e degli omosessuali e per questo si è pure beccato una fatwa. Sadiq Khan è un volto, è una storia e anche un esperimento, perché è la prima volta che una capitale delle ventotto dell’Unione Europea sarà amministrata da un cittadino musulmano. Ecco farsi spazio all’orizzonte oscuro una luce: l’Islam moderato. Se c’è una speranza che esista un islam moderato, un islam politico, un islam democratico, bisogna seguire attentamente che cosa farà Khan da oggi in poi. Perchè è il ritratto di un uomo politicamente laico, il che lo rende diverso da ciò che l’immagine delle comunità islamiche in Europa hanno dato questi anni di tensioni politico-religiose. La storia di un uomo la cui fede è soltanto un dettaglio. Guardando il suo programma si possono non condividere molte cose, ma succede perché sono troppo  di sinistra, non perché lui sia islamico. La religione sta fuori, tanto che ostenta posizioni che sono ostili alla tradizione musulmana: ha presenziato una cerimonia religiosa in una chiesa Protestante con la presenza anche di ebrei, è a favore delle nozze omosessuali, è dichiaratamente femminista. Candidandosi, Khan aveva dichiarato che eleggere un sindaco  islamico avrebbe mandato “un messaggio agli hater: dove per odiatori intendeva proprio l’Isis. Tutto questo gli ha garantito credibilità e gli ha permesso di rivolgersi ad un pubblico che oggi non è più solo quello di Londra. Lo guarda il mondo, perché governare Londra vale economicamente quanto governare uno Stato del  G20. Politicamente vale anche di più.

E anche senza volerlo Khan ha una responsabilità enorme: convincerci che con un Islam moderato è possibile una vera convivenza. Ed allora la sciocca utopia di un mondo senza muri potrebbe  invece mutarsi in un mondo che apre le porte. Papa Bergoglio ne è consapevole, ma il suo è un appello universale, poi sta ai capi di Stato e di governo cercare di affrontare l’emergenza, sia esterna sia interna, senza discriminazioni non solo nei confronti dei migranti ma anche dei cittadini europei. Il Papa ha un grande sogno e lo ha espresso chiaramente il 6 maggio scorso, toccando le corde delle emozioni nei capi di Stato e nei vertici presenti tra i cinquecento nella Sala Regia del Vaticano: un sogno di nuovo umanesimo europeo , un vero e proprio manifesto per la rifondazione dell’Unione Europea nel segno della famiglia, dei giovani, dei diritti, ma soprattutto dell’integrazione. Nella circostanza le più alte cariche dell’eurocrazia, responsabili del fallimento della politica comunitaria sull’immigrazione, erano sedute ad abbeverarsi, gaudenti della teoria dell’accoglienza indiscriminata, predicata da un grande leader spirituale universale. Una meravigliosa coincidenza d’occasione: la consegna a Papa Francesco del premio Carlo Magno che in qualche modo entra nel nostro scenario storico, nel mio racconto degli accadimenti  come un volo  radente sullo sfondo di tanti secoli che partono dal 452. Nel mio racconto non ci sono contraddizioni ma solo scenari polito-sociali in contesti storici completamente diversi. Bisogna guardare le realtà sociali del momento. Occorre una Europa giovane, ristrutturata, rifondata,  soffermandoci però anche  sull’identità europea che è ed è sempre stata dinamica e multiculturale. Aspettiamo serenamente gli eventi che scaturiranno dalla svolta storica di Londra. Questa è l’ultima possibilità all’Islam moderato.

Alfio Carta