SE  ANCHE  IL  PASSERO  SOLITARIO  HA  SMESSO  DI  VOLARE UN  MONDO   FATATO  CHE  NON  TORNERA’
Tempo fa, or sono tre mesi,   in una notte magica,  ero immerso  in un’atmosfera amica ed eccitante della mia  dimensione spirituale,  la mia mente vivida   ed i guizzi  del  pensiero  inducevano   allo sfogo delle  mie  pallide  reviviscenze sentimentali e culturali,  alte e  leggere : ...  rievocavo ciò che la mente intende, comprende e poi conclude sulla base di riflessioni spontanee,  quasi penombra di una vita  lunga quanto la mia…Trattavo della   Cultura – oggi decadente - , della    Letteratura,   dell’Arte,  immergendomi   poi, come  breve nota a piè  di  pagina, in considerazioni un pò  autobiografiche  sulla  Vecchiaia.    Intitolai il saggio   :  “  Pensieri  vagabondi  “  …
Sono  quelle notti che , quando arrivano, sono uguali per tutti.    Buie e lunghissime , per i potenti e per i miseri,   che in comune hanno l’insonnia che le accompagna.     E proprio lì,   esattamente in quello spazio ovattato e silenzioso della notte,  che  si accresce  la calca dei   pensieri, delle emozioni;….si parla  anche da soli,  rivolgendosi a se stessi ad  alta voce,  come ad un immaginario interlocutore……..I pensieri fluttuano.  Si accalcano come sabbia   nello stretto orifizio di una clessidra,  accompagnati dal ticchettio secco e leggero della tastiera del  PC. 
La notte era scivolata dolcemente,nella piacevole    fervore  di dare calco a quel parlato solitario,   per fissarne  anche   le   intonazioni della voce   sulla  carta,     o,  come ho scritto da qualche parte,  per  “lasciarne  l’impronta sulla sabbia del  mondo”.          (  forse può sembrare patetica questa espressione, ma esprime la  mia verità,  perché io  - per libera scelta-  non ho una storia editoriale e non so che fine faranno  i tanti miei scritti )        Poi, era già primo mattino, il lungo scritto.. interrotto da una soddisfatta  stanchezza:...l’onda lunga delle mie riflessioni iniziava ad incresparsi ed a perdere di intensità.
Lasciavo la solennità degli argomenti fin lì trattati con l’intento di proseguire con  un  tema  più lieto,  di assoluta purezza,  più oltre  nel tempo.  …..In quell’oasi di pace,  con la stanchezza nella mente e negli occhi, ancora preso  dalle riflessioni appena scritte….  Ero  solo in lieta compagnia con la mia  biblioteca    ( trascorro con i miei amici libri  tutto il tempo disponibile)    quando  mi sono affacciato  alla finestra dello    studio  che dà sul mio giardino,   una volta   tutto il giorno allietato  dal garrulo volo di tanti uccelli che deliziavano lo sguardo  di fronte  allo spettacolo gentile  e  pieno di allegrezza  e  poesia… affacciato   rubavo i primi albori e godevo il gioioso cinguettio della  nidiata di uccelli che sfrecciavamo dai nidi dei folti cespugli dell’ edera,  due pettirossi, qualche usignolo, qualche merlo, allodole, e  i passeri, tanti;    tutti che saltellavano garruli sui rami di rose, sulle panche del giardino e sul davanzale dello stesso studio,  dove Emiliana amorevolmente lasciava sempre briciole di biscotti: sembrava che tutto il giardino cantasse….Un palcoscenico con splendidi scenari  popolati di esserini che portavano al cielo  l’inno della  gioia, con striduli   squitii  e  note lievi... Una scena che ogni volta sollevava il mio spirito sopra il   mio  dolore, che pesa come macigno sulla mia umanità  indebolita e senza più orizzzonte , al di là della morte stessa,  invitandomi ad aprire il cuore alla gentilezza ed alla bontà.
Scene che si susseguivano come in una fuga di specchi ed io  ammiravo e gustavo il  semplice modo di vivere  degli uccelli… padroni della quiete dei celesti spazi….., un’armoniosa coreografia  vivente. Sembrava che anche il folto giardino partecipasse, ascoltasse,  vedesse  e  che  il cielo  sì inchinasse sul roseto appassito  d’inverno  o  gioioso  sulle rose in fiore a primavera e dalle cui cime  un poeta invisibile versasse  flutti di poesia…un piccolo mondo  vivo e fatato,  la cui magia era mia dolce compagna…….. Ed io estasiato ed in totale abbandono  mi beavo dei loro melodiosi  canti e leggere   danze…………un’armoniosa  coreografia con un intreccio di  gradevoli suoni in una cornice che tutto abbellisce  e  acqueta.
Una volta !!!..........Ora non  più !!!!!!!!!!  Soprattutto i passeri,  uccelli liberi per antonomasia,…….il loro gaio saltellare  felici tra i rami della lunga distesa  del giardino  e  poi sul davanzale dello studio……..  Che  tenerezza !!!!!!!  …Ci sono persone che magari non hanno caro  i cani  o  i  gatti,………ma i passeri infreddoliti non trasmigrano  nel triste inverno  e, saltellanti sui pianerottoli dei giardini,  arricchiscono ed anche aiutano l’animo sofferente a  riflettere,  indagare  ed osservare  quei piccoli esserini……….il  gioco del loro colore assume a volte  una cromaticità  quasi iridata e con riflessi  madreperelacei….    ……..Poi!!!!!!!......Poi !!!!!.....
E’ accaduto che i passeri  non   ci   sono   più,……non si vedono più. . .il fenomeno è stato fulmineo  e  folgorante.  Non ce ne siamo nemmeno accorti, non comprendiamo…  non ricordiamo bene il momento preciso della loro sparizione, distratti come siamo da problemi più complicati.    Anche i pettirossi sono scomparsi.   Questi uccellini gentili erano più rari,  e  però ricordiamo tutti la sorpresa quando anni fa potevamo sorprenderne uno sul davanzale,  vederlo zampettare sui ciuffi d’edera…….. Di passerotti erano pieni i  miei occhi, al punto da non farci  caso.  Non parlo delle profonde campagne silenziose,  lì senz’altro svolazzano ancora e stanno sui rami a cinguettare.  Ma nelle grandi città, come Roma, non si avverte più  la loro presenza,  così   discreta che ci faceva compagnia senza che ce accorgessimo. ……..         A me spiace più per   il passero  che non popola  più i rami delle piante del mio giardino e non contende più il cielo alle rondini.          Pier Paolo Pasolini  quarant’anni  fa descrisse la scomparsa delle lucciole….. e poi il loro ritorno……..  Ma le lucciole erano attese  ed era una giostra stupenda di chiarore  :  esse  brillano, si esibiscono.      Quando sparirono ce ne accorgemmo.     E la colpa era evidente  :  l’inquinamento.  ……….I passeri  no…  Se ne sono andati senza un lamento, senza spegnere luci.  Sono  morti,  forse non sono sopravvissuti,   si sono quasi estinti…  I passeri non sono specie nobile, al  massimo arrivano alla cronaca locale, somigliano un po’ al  ceto medio…  Il 18 agosto dell’anno scorso  un giornale  ha ospitato nelle pagine interne questo titolo   “   Passerotti spariti a Venezia : sono il pasto preferito dei gabbiani.     A Venezia li chiamano  seghette. “  …   A Roma il padrone di un bar  mi  ha detto che non ne ha avvistato uno dal  marzo precedente.     Saltavano allegri fra le sedie, cinguettavano tra le briciolette.   I gabbiani li hanno divorati, se li sono contesi, questi giganteschi pennuti importati dall’America.
La prima cosa che questa storia ci chiede è di aprire gli occhi e  tendere gli orecchi.  Di guardare oltre i vetri delle nostre finestre e provare a vedere e ascoltare. ………Non esiste solo ciò che appare sul tablet e oltre lo shermo del televisore……….Se qualche volta ci disconnettessimo e ci togliessimo la cuffia, sentiremmo che non si ode più alcun uccello far festa…..ma solo le cornacchie.   Perché tutto questo ???    Purtroppo, anche  quando pensassimo di avere tutte  le risposte, la vita cambia tutte le domande. Allora tacciamo sconsolati !
Di fronte a questa malinconica constatazione,   a  questa desolazione,   un’anima sensibile, come la mia,  che  mi trascino dietro, non riesce a rimanere   cinicamente indifferente.   Queste storie,  questo mondo gentile e puro  degli uccelli  -   stanziali o migratori che siano -    parla  al cuore dell’uomo nella sua universalità e non può  finire  nel  gorgo dell’estinzione senza che nessuno si levi almeno a ricordarli, a farli    rivivere     anche   soltanto   e almeno   rifugiandosi nel passato, nei  ricordi,   seguendo la sbrigliata traiettoria dei  pensieri ,  attingendo alle voci  dello scrigno delle  mie reminiscenze. 
Del resto l’argomento ha esercitato  un influsso profondo pure  sul  mondo della  Letteratura, suscitando e ispirando elegìe innocenti e felici  in un’intatta comunione  dell’anima con  la prodigiosa essenza dei paesaggi,….con intensa sensibilità romantica. ….. Anche gli uccelli sono entrati nel linguaggio dei poeti. Ed io vorrei tratteggiare  qui    la purezza lirica  che questi illustri intellettuali hanno imprigionato nei loro versi  e racconti,   perché il mondo degli uccelli continui a vivere nell’animo di chi li intende.
Ivan Turgheniev ci racconta l’episodio del passerottino  “col giallo al becco e la peluria sulla testa “ e ci fa  comprendere a quale spirito di dedizione possa giungere, anche in un passeotto, l’amore materno… Il poeta Angiolo Silvio  Novaro  ci narra le strida delle rondini  ai primi segni della primavera nascente  nella poesia  “ Le rondini gridano l’ora “…     Anche  il  poeta  Corrado  Govoni   nella poesia   “ Il  cuculo” ci parla della primavera personificata nel  cuculo che si nasconde nei campi di frumento e poi chiama ed invita col suo particolare verso e dall’alto di un albero ti deride….e…….Giovanni  Pascoli con la poesia”  La lodola “  …L’allodola che fa risuonare altissimo nel cielo il suo canto, sopra le nubi e le insidie del falco  è il simbolo dell’animo umano che deve trovare la forza di innalzarsi sopra il dolore e sopra  le miserie della vita…E poi  le  “ Rondini  “  di  D’Annunzio,   dalla lirica che il poeta intitolò  “ Lungo L’Affrico nella sera   di giugno  dopo la pioggia “   :  le rondini volano nel cielo  all’alba e al tramonto, salutando così il giorno che nasce e il  giorno che muore…  I loro lunghi voli hanno un’esultanza squillante che riempie il cuore del poeta come un presentimento di ignota gioia…….. Sempre  D’Annunzio  da “ L’innocente”  ci parla dell’usignolo  :  nel silenzio raccolto del giardino, che sembra anch’esso in ascolto, l’usignolo eleva il suo saluto alla notte che sorge,  e l’Autore con arte sapiente traduce in melodiose parole il suo canto……   Ed ancora il poeta  Elpidio  Jenco,   da “ Essenze “,        nella poesia  “  Amor di silenzio “  l’usignolo è preso dal poeta a simbolo dell’amore  di  silenzio;  egli infatti non mescola i suoi gorgheggi alle voci ed  al rumore del giorno, ma soltanto alla notte, quando  tutto tace e la luna scorre silente nel cielo, ecco,  fa udire il suo canto…       Anche la grande  Grazia  Deledda si era affezionata ad un particolare uccello,  la cornacchia, e ce ne parla da  “ Il cedro del  Libano “  : di quest’uccello la  Deledda ammira la sanità del metodo di vita, l’attaccamento per la famiglia che l’ospita e l’intuito che l’induce ad amare i padroni e a distinguere l’amico ed il nemico…….Poi,  Friedrich  Hoelderlin  nella poesia  “Heidelberg”   che paragona l’uccello al fiume che è costretto a correre  senza  posa   verso il piano   “ come l’uccello del bosco alto le vette sorvola “  ed ancora  Hoeldrlin nella poesia   “ Come gli uccelli……. “   ci racconta,  con una similitudine  però incompiuta,  degli uccelli che lentamente migrano  mentre freschi soffiano al loro petto le forze contrastanti al volo 
 E  poi   un doveroso omaggio a  Giacomo  Leopardi,   il maggior poeta lirico dell’Ottocento,   tra le voci più alte della moderna lirica europea …….con   “  Il passero  solitario“ ,      poesia che poggia sul parallelismo di due lunghe similitudini,……somiglianza della vita del passero con quella del poeta,  diversità dei   motivi  che determinano nell’uno e nell’altro   quel modo di vivere in apparenza simile…… Il componimento ha  particolari bellissimi nella rappresentazione del paesaggio   e dell’ambiente           “ che tu  (passero) pensoso   in  disparte  il tutto miri  ,,   ma …” non compagni, non voli,  non ti  cal d’allegria, schivi gli spassi;  canti,  e così trapassi dell’anno e di tua vita il più bel fiore  “………………..e tocca note liriche profonde dove descrive la solitudine senza scampo dello scrittore, e l’amarezza e il pianto di quella solitudine…………………………………………………………….
Anche   Carducci, nella famosa poesia  “ Davanti a  S.  Guido “  , tra quelle di  nostalgia,  immagina di percorrere in treno La sua  Maremma;….. alla stazione di Bolgheri,  gli vengono  incontro i  cipressi che,  quand’egli era  bambino,  custodivano gelosamente i nidi  di  usignoli……   e  d’intorno le passere la  sera   intreccian   voli…..e il poeta assicura i cipressi che ora  “sassi in specie non ne tiro più “……..Tutto quel mondo che egli osserva dal finestrino del treno,  lo richiama ai ricordi di una vita semplice e schietta, a contatto con la natura, non turbata ancora  dalle inquietudini e dalle risse dell’età  adulta……… Egli ricorda i tramonti pieni di voli,  … e   poi   l’esortazione dei cipressi a rimanere con loro …………..”    come questo  occaso  ( tramonto )  è pien di voli……….com’è allegro   dei  passeri  il garrire !... ….a notte canteranno i rusignoli :  …… Rimanti !!!!!  
Nella  reviviscenza,  quasi un augurale risveglio delle  nobili tracce letterarie del meraviglioso  mondo degli uccelli,  non poteva mancare il romanzo epistolare di Giovanni  Verga     “ Storia di una  capinera  “”………  un’opera intrisa di patetismo,   che dietro l’artificio di una storia sentita raccontare,   simboleggia  un malinconico e tragico  accostamento   tra il  dramma che accompagna la breve e tragicamente sofferta vita  di  Maria   -in  forzata clausura monacale -   e  che muore  pazza,……..  alla triste morte di una povera  capinera  costretta in  gabbia.   Giovanni Verga ti fa sentire la pietà buona.   Una  capinera  costretta in una piccola gabbia,  timida, triste e malaticcia,  si rifugiava in un  angolo quando udiva il canto allegro degli altri uccelletti liberi.   Eppure i suoi  custodi le volevano bene, pagando la sua malinconia con niche di pane.  Cercava di beccare  tristemente quelle niche,…….ma c’era qualcosa in lei che non si nutriva di solo pane  :  guardava il cielo attraverso le gretole della sua  prigione,  non cantava,  beccava tristemente il suo miglio,  sognava  la  beatitudine degli uccelletti liberi…………Fu trovata morta,  povera   capinera !!!!!!!!!!!!!....come la povera  Maria paga con la pazzia e con la morte  il suo desiderio irrealizzato di amore.
Questo  stupendo libro  è stata la mia prima lettura,  appena undicenne,  un regalo di mamma, che  voleva forse   farmi capire lo scontro eventuale fra la vita e il destino,  il contrasto   fra aperto e chiuso, e la mancanza di libertà che condizionava allora le donne.!!!!!!! 
Gli uccelli sono personaggi anche delle tradizioni popolari  come la leggenda dei giorni della   “ Merla “ :     è sempre viva e puntuale  la leggenda dei giorni della   Merla,  un vortice artico che avvolge l’Italia dal 29 al  31  gennaio   che  la tradizione considera i più freddi dell’anno.  Così  si  perpetua la  romantica favola della  Merla   -dal candido plume - ,  che per sfuggire ai rigori di fine gennaio,  trovò riparo al gelo  rifugiandosi in un comignolo,  “ sporcando  “  con la fuliggine il bianco piumaggio per poi  riemergere il  Primo  Febbraio. …..Se i giorni della  Merla  sono  freddi la primavera sarà bella;  se al contrario saranno caldi, la primavera arriverà in ritardo.
E come , alla conclusione di questi  ricordi, non menzionare   il Santo dei Santi,      S.  Francesco d’Assisi,  che  trovava motivo di dolce serenità nel  Cantico delle Creature,  predicando l’amore verso  Dio e tutte indistintamente le creature,  anche e specialmente gli  Uccelli ???......  L’episodio della  Predica agli Uccelli appartiene alla  Leggenda Maior del Santo   :  “  Andando il beato  Francesco verso  Bevagna,  predicò a molti uccelli;  e quelli esultanti  stendevano i colli,  protendevano le ali, gli toccavano la tunica…………”     Questo sacro episodio  è dipinto tra le ventotto scene del ciclo di affreschi della  Basilica Superiore di  Assisi  ed è attribuito a Giotto.
Alfio Carta