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- Pubblicato Lunedì, 11 Aprile 2016
- Scritto da Alfio Carta
SE ANCHE IL PASSERO SOLITARIO HA SMESSO DI VOLARE UN MONDO FATATO CHE NON TORNERA’
Tempo fa, or sono tre mesi, in una notte magica, ero immerso in un’atmosfera amica ed eccitante della mia dimensione spirituale, la mia mente vivida ed i guizzi del pensiero inducevano allo sfogo delle mie pallide reviviscenze sentimentali e culturali, alte e leggere : ... rievocavo ciò che la mente intende, comprende e poi conclude sulla base di riflessioni spontanee, quasi penombra di una vita lunga quanto la mia…Trattavo della Cultura – oggi decadente - , della Letteratura, dell’Arte, immergendomi poi, come breve nota a piè di pagina, in considerazioni un pò autobiografiche sulla Vecchiaia. Intitolai il saggio : “ Pensieri vagabondi “ …
Sono quelle notti che , quando arrivano, sono uguali per tutti. Buie e lunghissime , per i potenti e per i miseri, che in comune hanno l’insonnia che le accompagna. E proprio lì, esattamente in quello spazio ovattato e silenzioso della notte, che si accresce la calca dei pensieri, delle emozioni;….si parla anche da soli, rivolgendosi a se stessi ad alta voce, come ad un immaginario interlocutore……..I pensieri fluttuano. Si accalcano come sabbia nello stretto orifizio di una clessidra, accompagnati dal ticchettio secco e leggero della tastiera del PC.
La notte era scivolata dolcemente,nella piacevole fervore di dare calco a quel parlato solitario, per fissarne anche le intonazioni della voce sulla carta, o, come ho scritto da qualche parte, per “lasciarne l’impronta sulla sabbia del mondo”. ( forse può sembrare patetica questa espressione, ma esprime la mia verità, perché io - per libera scelta- non ho una storia editoriale e non so che fine faranno i tanti miei scritti ) Poi, era già primo mattino, il lungo scritto.. interrotto da una soddisfatta stanchezza:...l’onda lunga delle mie riflessioni iniziava ad incresparsi ed a perdere di intensità.
Lasciavo la solennità degli argomenti fin lì trattati con l’intento di proseguire con un tema più lieto, di assoluta purezza, più oltre nel tempo. …..In quell’oasi di pace, con la stanchezza nella mente e negli occhi, ancora preso dalle riflessioni appena scritte…. Ero solo in lieta compagnia con la mia biblioteca ( trascorro con i miei amici libri tutto il tempo disponibile) quando mi sono affacciato alla finestra dello studio che dà sul mio giardino, una volta tutto il giorno allietato dal garrulo volo di tanti uccelli che deliziavano lo sguardo di fronte allo spettacolo gentile e pieno di allegrezza e poesia… affacciato rubavo i primi albori e godevo il gioioso cinguettio della nidiata di uccelli che sfrecciavamo dai nidi dei folti cespugli dell’ edera, due pettirossi, qualche usignolo, qualche merlo, allodole, e i passeri, tanti; tutti che saltellavano garruli sui rami di rose, sulle panche del giardino e sul davanzale dello stesso studio, dove Emiliana amorevolmente lasciava sempre briciole di biscotti: sembrava che tutto il giardino cantasse….Un palcoscenico con splendidi scenari popolati di esserini che portavano al cielo l’inno della gioia, con striduli squitii e note lievi... Una scena che ogni volta sollevava il mio spirito sopra il mio dolore, che pesa come macigno sulla mia umanità indebolita e senza più orizzzonte , al di là della morte stessa, invitandomi ad aprire il cuore alla gentilezza ed alla bontà.
Scene che si susseguivano come in una fuga di specchi ed io ammiravo e gustavo il semplice modo di vivere degli uccelli… padroni della quiete dei celesti spazi….., un’armoniosa coreografia vivente. Sembrava che anche il folto giardino partecipasse, ascoltasse, vedesse e che il cielo sì inchinasse sul roseto appassito d’inverno o gioioso sulle rose in fiore a primavera e dalle cui cime un poeta invisibile versasse flutti di poesia…un piccolo mondo vivo e fatato, la cui magia era mia dolce compagna…….. Ed io estasiato ed in totale abbandono mi beavo dei loro melodiosi canti e leggere danze…………un’armoniosa coreografia con un intreccio di gradevoli suoni in una cornice che tutto abbellisce e acqueta.
Una volta !!!..........Ora non più !!!!!!!!!! Soprattutto i passeri, uccelli liberi per antonomasia,…….il loro gaio saltellare felici tra i rami della lunga distesa del giardino e poi sul davanzale dello studio…….. Che tenerezza !!!!!!! …Ci sono persone che magari non hanno caro i cani o i gatti,………ma i passeri infreddoliti non trasmigrano nel triste inverno e, saltellanti sui pianerottoli dei giardini, arricchiscono ed anche aiutano l’animo sofferente a riflettere, indagare ed osservare quei piccoli esserini……….il gioco del loro colore assume a volte una cromaticità quasi iridata e con riflessi madreperelacei…. ……..Poi!!!!!!!......Poi !!!!!.....
E’ accaduto che i passeri non ci sono più,……non si vedono più. . .il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Non ce ne siamo nemmeno accorti, non comprendiamo… non ricordiamo bene il momento preciso della loro sparizione, distratti come siamo da problemi più complicati. Anche i pettirossi sono scomparsi. Questi uccellini gentili erano più rari, e però ricordiamo tutti la sorpresa quando anni fa potevamo sorprenderne uno sul davanzale, vederlo zampettare sui ciuffi d’edera…….. Di passerotti erano pieni i miei occhi, al punto da non farci caso. Non parlo delle profonde campagne silenziose, lì senz’altro svolazzano ancora e stanno sui rami a cinguettare. Ma nelle grandi città, come Roma, non si avverte più la loro presenza, così discreta che ci faceva compagnia senza che ce accorgessimo. …….. A me spiace più per il passero che non popola più i rami delle piante del mio giardino e non contende più il cielo alle rondini. Pier Paolo Pasolini quarant’anni fa descrisse la scomparsa delle lucciole….. e poi il loro ritorno…….. Ma le lucciole erano attese ed era una giostra stupenda di chiarore : esse brillano, si esibiscono. Quando sparirono ce ne accorgemmo. E la colpa era evidente : l’inquinamento. ……….I passeri no… Se ne sono andati senza un lamento, senza spegnere luci. Sono morti, forse non sono sopravvissuti, si sono quasi estinti… I passeri non sono specie nobile, al massimo arrivano alla cronaca locale, somigliano un po’ al ceto medio… Il 18 agosto dell’anno scorso un giornale ha ospitato nelle pagine interne questo titolo “ Passerotti spariti a Venezia : sono il pasto preferito dei gabbiani. A Venezia li chiamano seghette. “ … A Roma il padrone di un bar mi ha detto che non ne ha avvistato uno dal marzo precedente. Saltavano allegri fra le sedie, cinguettavano tra le briciolette. I gabbiani li hanno divorati, se li sono contesi, questi giganteschi pennuti importati dall’America.
La prima cosa che questa storia ci chiede è di aprire gli occhi e tendere gli orecchi. Di guardare oltre i vetri delle nostre finestre e provare a vedere e ascoltare. ………Non esiste solo ciò che appare sul tablet e oltre lo shermo del televisore……….Se qualche volta ci disconnettessimo e ci togliessimo la cuffia, sentiremmo che non si ode più alcun uccello far festa…..ma solo le cornacchie. Perché tutto questo ??? Purtroppo, anche quando pensassimo di avere tutte le risposte, la vita cambia tutte le domande. Allora tacciamo sconsolati !
Di fronte a questa malinconica constatazione, a questa desolazione, un’anima sensibile, come la mia, che mi trascino dietro, non riesce a rimanere cinicamente indifferente. Queste storie, questo mondo gentile e puro degli uccelli - stanziali o migratori che siano - parla al cuore dell’uomo nella sua universalità e non può finire nel gorgo dell’estinzione senza che nessuno si levi almeno a ricordarli, a farli rivivere anche soltanto e almeno rifugiandosi nel passato, nei ricordi, seguendo la sbrigliata traiettoria dei pensieri , attingendo alle voci dello scrigno delle mie reminiscenze.
Del resto l’argomento ha esercitato un influsso profondo pure sul mondo della Letteratura, suscitando e ispirando elegìe innocenti e felici in un’intatta comunione dell’anima con la prodigiosa essenza dei paesaggi,….con intensa sensibilità romantica. ….. Anche gli uccelli sono entrati nel linguaggio dei poeti. Ed io vorrei tratteggiare qui la purezza lirica che questi illustri intellettuali hanno imprigionato nei loro versi e racconti, perché il mondo degli uccelli continui a vivere nell’animo di chi li intende.
Ivan Turgheniev ci racconta l’episodio del passerottino “col giallo al becco e la peluria sulla testa “ e ci fa comprendere a quale spirito di dedizione possa giungere, anche in un passeotto, l’amore materno… Il poeta Angiolo Silvio Novaro ci narra le strida delle rondini ai primi segni della primavera nascente nella poesia “ Le rondini gridano l’ora “… Anche il poeta Corrado Govoni nella poesia “ Il cuculo” ci parla della primavera personificata nel cuculo che si nasconde nei campi di frumento e poi chiama ed invita col suo particolare verso e dall’alto di un albero ti deride….e…….Giovanni Pascoli con la poesia” La lodola “ …L’allodola che fa risuonare altissimo nel cielo il suo canto, sopra le nubi e le insidie del falco è il simbolo dell’animo umano che deve trovare la forza di innalzarsi sopra il dolore e sopra le miserie della vita…E poi le “ Rondini “ di D’Annunzio, dalla lirica che il poeta intitolò “ Lungo L’Affrico nella sera di giugno dopo la pioggia “ : le rondini volano nel cielo all’alba e al tramonto, salutando così il giorno che nasce e il giorno che muore… I loro lunghi voli hanno un’esultanza squillante che riempie il cuore del poeta come un presentimento di ignota gioia…….. Sempre D’Annunzio da “ L’innocente” ci parla dell’usignolo : nel silenzio raccolto del giardino, che sembra anch’esso in ascolto, l’usignolo eleva il suo saluto alla notte che sorge, e l’Autore con arte sapiente traduce in melodiose parole il suo canto…… Ed ancora il poeta Elpidio Jenco, da “ Essenze “, nella poesia “ Amor di silenzio “ l’usignolo è preso dal poeta a simbolo dell’amore di silenzio; egli infatti non mescola i suoi gorgheggi alle voci ed al rumore del giorno, ma soltanto alla notte, quando tutto tace e la luna scorre silente nel cielo, ecco, fa udire il suo canto… Anche la grande Grazia Deledda si era affezionata ad un particolare uccello, la cornacchia, e ce ne parla da “ Il cedro del Libano “ : di quest’uccello la Deledda ammira la sanità del metodo di vita, l’attaccamento per la famiglia che l’ospita e l’intuito che l’induce ad amare i padroni e a distinguere l’amico ed il nemico…….Poi, Friedrich Hoelderlin nella poesia “Heidelberg” che paragona l’uccello al fiume che è costretto a correre senza posa verso il piano “ come l’uccello del bosco alto le vette sorvola “ ed ancora Hoeldrlin nella poesia “ Come gli uccelli……. “ ci racconta, con una similitudine però incompiuta, degli uccelli che lentamente migrano mentre freschi soffiano al loro petto le forze contrastanti al volo
E poi un doveroso omaggio a Giacomo Leopardi, il maggior poeta lirico dell’Ottocento, tra le voci più alte della moderna lirica europea …….con “ Il passero solitario“ , poesia che poggia sul parallelismo di due lunghe similitudini,……somiglianza della vita del passero con quella del poeta, diversità dei motivi che determinano nell’uno e nell’altro quel modo di vivere in apparenza simile…… Il componimento ha particolari bellissimi nella rappresentazione del paesaggio e dell’ambiente “ che tu (passero) pensoso in disparte il tutto miri ,, ma …” non compagni, non voli, non ti cal d’allegria, schivi gli spassi; canti, e così trapassi dell’anno e di tua vita il più bel fiore “………………..e tocca note liriche profonde dove descrive la solitudine senza scampo dello scrittore, e l’amarezza e il pianto di quella solitudine…………………………………………………………….
Anche Carducci, nella famosa poesia “ Davanti a S. Guido “ , tra quelle di nostalgia, immagina di percorrere in treno La sua Maremma;….. alla stazione di Bolgheri, gli vengono incontro i cipressi che, quand’egli era bambino, custodivano gelosamente i nidi di usignoli…… e d’intorno le passere la sera intreccian voli…..e il poeta assicura i cipressi che ora “sassi in specie non ne tiro più “……..Tutto quel mondo che egli osserva dal finestrino del treno, lo richiama ai ricordi di una vita semplice e schietta, a contatto con la natura, non turbata ancora dalle inquietudini e dalle risse dell’età adulta……… Egli ricorda i tramonti pieni di voli, … e poi l’esortazione dei cipressi a rimanere con loro …………..” come questo occaso ( tramonto ) è pien di voli……….com’è allegro dei passeri il garrire !... ….a notte canteranno i rusignoli : …… Rimanti !!!!!
Nella reviviscenza, quasi un augurale risveglio delle nobili tracce letterarie del meraviglioso mondo degli uccelli, non poteva mancare il romanzo epistolare di Giovanni Verga “ Storia di una capinera “”……… un’opera intrisa di patetismo, che dietro l’artificio di una storia sentita raccontare, simboleggia un malinconico e tragico accostamento tra il dramma che accompagna la breve e tragicamente sofferta vita di Maria -in forzata clausura monacale - e che muore pazza,…….. alla triste morte di una povera capinera costretta in gabbia. Giovanni Verga ti fa sentire la pietà buona. Una capinera costretta in una piccola gabbia, timida, triste e malaticcia, si rifugiava in un angolo quando udiva il canto allegro degli altri uccelletti liberi. Eppure i suoi custodi le volevano bene, pagando la sua malinconia con niche di pane. Cercava di beccare tristemente quelle niche,…….ma c’era qualcosa in lei che non si nutriva di solo pane : guardava il cielo attraverso le gretole della sua prigione, non cantava, beccava tristemente il suo miglio, sognava la beatitudine degli uccelletti liberi…………Fu trovata morta, povera capinera !!!!!!!!!!!!!....come la povera Maria paga con la pazzia e con la morte il suo desiderio irrealizzato di amore.
Questo stupendo libro è stata la mia prima lettura, appena undicenne, un regalo di mamma, che voleva forse farmi capire lo scontro eventuale fra la vita e il destino, il contrasto fra aperto e chiuso, e la mancanza di libertà che condizionava allora le donne.!!!!!!!
Gli uccelli sono personaggi anche delle tradizioni popolari come la leggenda dei giorni della “ Merla “ : è sempre viva e puntuale la leggenda dei giorni della Merla, un vortice artico che avvolge l’Italia dal 29 al 31 gennaio che la tradizione considera i più freddi dell’anno. Così si perpetua la romantica favola della Merla -dal candido plume - , che per sfuggire ai rigori di fine gennaio, trovò riparo al gelo rifugiandosi in un comignolo, “ sporcando “ con la fuliggine il bianco piumaggio per poi riemergere il Primo Febbraio. …..Se i giorni della Merla sono freddi la primavera sarà bella; se al contrario saranno caldi, la primavera arriverà in ritardo.
E come , alla conclusione di questi ricordi, non menzionare il Santo dei Santi, S. Francesco d’Assisi, che trovava motivo di dolce serenità nel Cantico delle Creature, predicando l’amore verso Dio e tutte indistintamente le creature, anche e specialmente gli Uccelli ???...... L’episodio della Predica agli Uccelli appartiene alla Leggenda Maior del Santo : “ Andando il beato Francesco verso Bevagna, predicò a molti uccelli; e quelli esultanti stendevano i colli, protendevano le ali, gli toccavano la tunica…………” Questo sacro episodio è dipinto tra le ventotto scene del ciclo di affreschi della Basilica Superiore di Assisi ed è attribuito a Giotto.
Alfio Carta