GORGIA, UN FILOSOFO CHE CI INSEGNA A VIVERE

LA POTENZA DEL LINGUAGGIO CHE SEDUCE E ILLUDE

La filosofia di solito problematizza: ossia scava, indaga, toglie quel velo di Maya il quale non fa altro che turlupinarci su cose che hanno solo l’ apparenza della verità. Ad esempio, proviamo a capire quante insidie nasconde il linguaggio. Esso è il più semplice ed elementare strumento di comunicazione tra individui, fondamentale per scambiarsi dei pareri o degli stati d’ animo, per fissare degli appuntamenti o per svolgere degli esami all’ università … strumento del tutto innocuo, direte voi, ma innocuo non lo è affatto.

A parlare del grande potere del linguaggio è stato il filosofo e retore Gorgia, più di 2500 anni fa. Vicino a quel movimento che la tradizione seriore avrebbe denominato dei “sofisti”, questi sono passati alla storia per la capacità di riuscire a rendere forte anche il ragionamento più debole, per gli insegnamenti dati a pagamento e per aver formato gli uomini politici dell’ Atene democratica del V secolo a. C. . Necessario era il saper parlare per imporsi nell’ agone politico. E ciò che ha reso famoso Gorgia, nell’ antichità così come nell’ età moderna, è stata proprio la sua grande conoscenza dell’ arte della parola. La parola per Gorgia è come un farmaco. Cura i mali dell’ anima: riesce a risollevarci nei momenti di sconforto, a farci gioire e sorridere. Ma il linguaggio è ambiguo. Farmakon, in greco, non vuol dire solo medicina, ma anche veleno. La parola può infondere dolore, può spaventarci, può, soprattutto, spingere l’ ascoltatore a compiere delle azioni di cui lui non è affatto responsabile, perché sotto il potere del logos. Che ha la stessa forza di un incantesimo. Elena, dice Gorgia, che la tradizione ha sempre considerato motivo di “ infiniti lutti per gli Achei e per i Troiani” non è colpevole di nulla ; tra le diverse motivazioni che la scagionano vi è questa: qualunque cosa lei abbia fatto , non è responsabile delle sue azioni perché ha agito sotto la potenza irresistibile del linguaggio, di fronte al quale era totalmente passiva.

Possiamo paragonare sotto questo punto di vista la parola al pugilato: entrambe le arti ricorrono alla violenza. Il parlante ricorre alla violenza verbale, il pugile alla violenza fisica ed il risultato è lo stesso: chi subisce questo atto di violenza deve sottomettersi ad esso, è costretto a cedere e sottostare alla volontà del più forte. Ma come è possibile che la parola abbia un così grande potere sugli ascoltatori? Perché per Gorgia non esiste una verità unica e valida per tutti, e “ anche se lo fosse non sarebbe conoscibile, e anche se fosse conoscibile non sarebbe comunicabile”. Alla base vi è il presupposto che non esiste una concezione referenziale del linguaggio, cioè le parole sono diverse dai sapori, dagli odori … per esempio le nostre parole non possono rivelare il rumore di un tuono, cioè non possono riprodurre il rumore di un tuono semplicemente nominandolo, perché noi parliamo solo parole e non le cose, che sono diverse dal linguaggio,  allo stesso modo in cui la vista non riconosce i suoni . Quindi non c’è una verità oggettiva e anche se ci fosse il linguaggio non riuscirebbe a comunicarla. L’ individuo è gettato in un mondo di opinioni e apparenze (la doxa ingannevole e fallace), per questo la parola, attraverso la persuasione, con  mezzi ammalianti quali le figure retoriche, riesce a soggiogare le proprie vittime, gli ascoltatori. Ora pensiamo al linguaggio pubblicitario, che non intende rivelare alcuna verità oggettiva ma solamente convincerci della bontà del prodotto; molti, affascinati  (ingannati) dalla potenza del linguaggio, andranno a comprare il prodotto convinti davvero che sia speciale, senza una riflessione critica a monte. Pensiamo poi al linguaggio dei politici: davanti alle telecamere non fanno altro che vendere un prodotto alla stessa maniera dei venditori di Eminflex o di pentole che vediamo in TV. E gli elettori andranno a votare il candidato che li ha più sedotti verbalmente. Anche in questo caso senza una seria riflessione critica.  Sarà sulla distinzione tra il discorso che persuade ( di Gorgia) e il discorso che insegna, il quale prevede invece una riflessione consapevole e razionale dell’ ascoltatore che Platone costruirà la critica al sofista nel dialogo intitolato, appunto, “ Gorgia”. Al lettore così Gorgia  consegna la vertigine del vuoto, in cui le parole sono una scala pericolosamente issata sull’ abisso. In cui  il linguaggio sembra decidere il destino degli uomini.

Antonio Cerquitelli