Pubblicato Sabato, 09 Gennaio 2016
Scritto da Santino Verna

LE INIZIATIVE DEL SODALIZIO ABRUZZESE-MOLISANO NELLA CITTA' DEL SANTO

IL SANT’ANTONIO E ATRI A PALAZZO ZACCO IN PADOVA

rinnova ogni anno, senza un giorno preciso, tra la metà di gennaio e i primi di febbraio, la festa di S. Antonio Abate a Palazzo Zacco, nella città di Padova, dove, dal 1979, ha sede il sodalizio abruzzese-molisano, con la solerte guida di Armando Traini, originario di S. Margherita di Atri, e presente in terra veneta dal 1960.

Il sodalizio, con sede in Via Pierobon, nella città del Santo, ha per simbolo il guerriero di Capestrano. Mette d’accordo un po’ le due anime regionali: la montagna e la costa. Legato con il suo nome alla Provincia dell’Aquila, l’unica circoscrizione territoriale senza sbocco sul litorale, è custodito a Chieti, ormai inglobata nell’area metropolitana di Pescara.

Armando Traini, 76 anni, ha studiato in Atri presso l’ITC “A. Zoli”, fresco di istituzione. Mantiene sempre un meraviglioso rapporto con la cittadina acquaviviana, testimoniato dalle diverse rimpatriate estive con i compagni di scuola e con momenti più ufficiali. Ricordiamo la rimpatriata degli abruzzesi e molisani fuori Abruzzo, il 10 agosto 2000, con la S. Messa nella Concattedrale di Atri, nella festa di S. Lorenzo, presieduta da Mons. Francesco Di Felice, Consultore del Pontificio Consiglio della Famiglia e all’epoca Sotto-Segretario della medesima. Mons. Di Felice, originario anche lui di S. Margherita di Atri, e legato alla città dei calanchi perché vi ha compiuto passi significativi del cammino verso il sacerdozio, celebrò nella veste di assistente del sodalizio degli abruzzesi a Roma, presso la chiesa di S. Maria Maddalena, dove si conservano le spoglie di S. Camillo de Lellis, compatrono della regione Abruzzo e menzionato sempre nel Canone, dal compianto Arcivescovo Mons. Vincenzo D’Addario.

La rimpatriata nella festa di S. Antonio Abate, ricorda in qualche modo il patrono morale d’Abruzzo. I protettori dei quattro capoluoghi di provincia, insigni figure di santità, non hanno avuto il peso calendariale del fondatore del monachismo. S. Antonio, mai venuto in Abruzzo né durante la lunga vita, né con il corpo o insigni reliquie, ha conosciuto grande fama, perché l’iconografia gli assegnò un maialino ai piedi.

Nel 2006 la rimpatriata di S. Antonio fu particolare, per la presenza, la sera del 21 gennaio, di Emiliano Giancristofaro, allievo di Alfonso M. Di Nola, uno dei principali studiosi del rapporto del fondatore del monachismo con l’Abruzzo. Le ricerche dello studioso frentano confluirono nel 1976 in “Totemaje”, dove si parla ampiamente del rito delle farchie di Fara Filiorum Petri che si compie ogni anno, la sera del 16 gennaio, alla presenza anche di turisti e studiosi. Ad Atri, della tradizione dei fuochi della Maiella ne parlava ampiamente la Signora Luisa Volpe Cellinese, di Pescara, in quanto originaria di Fara Filiorum Petri e quindi per questo sapeva meravigliosamente declamare le composizioni di Modesto Della Porta, della vicina Guardiagrele.

L’aspetto spirituale fu curato da P.Luciano Segafreddo, O.F.M.Conv., direttore dell’edizione per gli emigrati italiani del MSA, all’epoca residente al Convento dell’Immacolata, nei pressi della Basilica del Santo. Un altoparlante diffondeva il S. Antonio, di pochi minuti, quindi ripetuto più volte, mentre ufficiali, studiosi e abruzzesi conversano in attesa della conferenza, con l’inconfondibile voce di Raffaele Fraticelli.

Presente Giovanni Verna, amico del sodalizio, raggiunto a Bologna da Costanzo Marcone, le cui rimpatriate hanno avuto spesso e volentieri per luogo la città dei “quattro senza”, ovvero il Santo senza nome, il caffè senza porte, il cavallo senza cavaliere e il prato senza erba. L’arrivo nella città di Antenore era sempre in anticipo, per la sosta orante nella Basilica di S. Antonio e un breve passaggio in Via Rudena. L’ultima partecipazione di Giovannino a Padova, per il S. Antonio, il primo fine settimana di febbraio del 2009, due mesi prima del terremoto dell’Aquila. In quell’anno, per motivi organizzativi, il S. Antonio slittò a data più lontana, ma non avviene soltanto a Padova, perché il gruppo di Scafa, con Franco Ronzone, Cesidio Lissa Lattanzio, Tonino Di Blasio, Alessandro Tontonati e Fiorella Zappacosta e tutta la squadra si sono esibiti a Viterbo proprio in febbraio.

Da Atri arrivano spesso prelibatezze alimentari, come la porchetta e il formaggio pecorino, mentre da altri luoghi della regione rustici e dolci connessi in qualche modo al solstizio invernale, in primis “li cillitte” di S. Antonio, tipici dell’entroterra teramano a Sud del Vomano, da non confondere con “li cellucce” chietini, cuscinetti la cui forma ricorda molto vagamente i piccoli volatili, ancora oggi realizzati nella casa nella periferia di Pescara, dalla Dott.ssa Elena Di Guglielmo, consorte del farmacista, di Civitella Messer Raimondo, e liquorista Dott. Paolo Alleva, di Fara S. Martino, scomparso nel 2013.

Complemento dell’abbondante cena il buon Montepulciano, ricorrente nelle rappresentazioni del S. Antonio, per ristorare le ugole e le camminate delle squadre dei “santantoniari”, quando i liquori non erano all’ordine del giorno nelle case.

Ed è stato sottolineato il legame tra Antonio di Lisbona e Antonio Abate. L’agostiniano Fernando (o Ferdinando) Buglione quando vestì l’abito minoritico, prese il nome di Antonio, proprio in ossequio al padre di tutti i monaci, locuzione cara ad Enzo Bianchi. Molti confondono i due Santi, e non di rado anche negli ambienti cattolici, arrivando a pensare che da giovane era “di Padova”, da anziano “Abate”, fondendo il predicatore portoghese quasi coetaneo di S. Francesco, con l’eremita ultracentenario, amico dell’Imperatore Costantino.

SANTINO VERNA