Pubblicato Venerdì, 08 Gennaio 2016
Scritto da Alfio Carta

L'ATTUALITA' DI UN PROBLEMA E UNA RIFLESSIONE CONTROCORRENTE

RISCALDAMENTO CLIMATICO:

OVVERO LA PIU’ GRANDE MENZOGNA DEI NOSTRI TEMPI ANSIOSI

Quella  del riscaldamento climatico indotto dalle attività umane è la più grande menzogna del secolo. Ripetuta tante di quelle volte che alla fine i più si sono convinti che è vera. Perfino Papa Bergoglio, che con la Sua ultima Enciclica  ha dato prova di essere mal consigliato. Non sarebbe la prima volta: chi sennò insidiò Urbano VIII quando costrinse Galileo a sottoscrivere l’atto di abiura? Bergoglio oggi, come Urbano allora, si appella al consenso scientifico. Il fatto è che mai ci si può appellare al consenso scientifico per sostenere l’attendibilità di qualsivoglia affermazione. Anzi, a dire il vero, è contro il consenso che la scienza fa progressi.

Quel che conta sono i fatti. L’acqua è  H2O non perché  v’è un consenso scientifico, ma perché non v’è alcun fatto che contraddice la formula H2O. Il consenso scientifico ai tempi di Galileo era che la terra fosse ferma al centro dell’universo e quello ai tempi di  Einstein era che l’etere esiste. Come oggi - si dice ma non è vero - il consenso scientifico è che il caldo di cui code il pianeta è conseguenza delle attività umane.

Il fatto è che il pianeta vive da milioni di anni in una sorta di stato glaciale, interrotto, ogni centomila anni, da diecimila anni di optimum climatico. Orbene, questa nostra umanità sta vivendo nell’ultimo di questi favorevoli periodi. Ed è da ventimila anni, cioè da quando il pianeta cominciò ad uscire dall’ultima era glaciale, che  i livelli dei mari si sono elevati: di oltre cento metri rispetto ad allora. Né l’attuale optimum climatico ha raggiunto ancora i massimi di temperatura che si raggiunsero, in assenza di attività umane, negli optimum climatici precedenti.

Una volta usciti da un’era glaciale, il clima del pianeta non resta immobile in un ideale plateau termico. Per esempio, durante l’ultimo optimum climatico, vi sono stati periodi caldi  (olocenico, romano e medievale), intervallate da cosiddette piccole ere glaciali, l’ultima delle quali durò qualche secolo ed ebbe il suo minimo 400 anni fa, quando il clima riprese a riscaldarsi, e sta continuando a farlo fino ad oggi. Ma 400  anni fa, quando cominciò il processo, le attività umane erano assenti, e tali rimasero per almeno tre secoli.

Viviamo in un secolo di monotòno crescente riscaldamento, corrispondente all’inconfutabile  monotòna, crescente immissione di gas-serra?  La risposta è no.  Nel periodo 1945-1970, in pieno boom di emissioni, il clima visse un periodo di arresto, ed è da almeno  14 anni che sta accadendo la stessa cosa: a dispetto di una crescita senza sosta  delle emissioni di CO2, la temperatura media del pianeta è al momento stabilizzata ai livelli di 14 anni fa.  Abbiamo, così,  fatti a sufficienza per smentire ciò che viene spacciato come consenso scientifico.

Nella  Sua Enciclica il Papa ha proposto che i paesi ricchi del mondo costruiscano in quelli poveri gli impianti cosiddetti alternativi di produzione energetica. Non si rende conto Sua Santità, che questo significa, di fatto,  negare ai poveri l’unico bene materiale, l’energia abbondante ed a buon mercato, che solleverebbe la misera condizione in cui essi vivono.

Quegli impianti “alternativi”, infatti, non funzionano: è un fatto tecnico. Ci s’immagini per un attimo, che con un miracolo spariscano in un istante tutti gli impianti nucleari, a carbone e a gas dell’Europa e, sempre con lo stesso miracolo, fossero sostituiti da impianti eolici e fotovoltaici di pari potenza a quelli spariti.  Si fermerebbero, sì, i climatizzatori  contro cui Bergoglio ha sollevato l’indice (che pure tanto sollievo portano alle sofferenze del caldo e dall’umidità), ma si spegnerebbero anche gli impianti  degli ospedali, le fabbriche e tutte le luci. Per farla breve si smetterebbe di essere paesi ricchi.

Proporre che i Paesi poveri usino solo quegli impianti per il proprio fabbisogno energetico, significa negare loro l’energia, cioè significa condannarli alla povertà.  Proporre, poi, che siano i paesi ricchi a sostenere l’enorme, quanto inutile, sacrificio economico, significa impoverire le popolazioni di questi paesi a vantaggio di quella stretta minoranza che, unica,  si avvantaggerebbe del miserabile affare. La ristretta minoranza che ha assunto le forme del diavolo che, temo, s’è insinuato nei cuori dei consiglieri del Santissimo Padre. Certo, la variabilità ciclica del clima non ci consente di stabilire se il ritmo naturale porterà tendenzialmente verso  un abbassamento, una stagnazione  o  un innalzamento delle temperature medie globali.  Così Philippe Verdier, capo del servizio meteorologico della  TV francese nel suo saggio Climat investigation. Desumendosi da ciò  che è altrettanto certo che siamo ostaggio di uno scandalo planetario, una macchina da guerra impegnata a mantenerci in uno stato di paura.  Dietro a questo sistema ci sono scienziati manipolati, politicizzati, corrotti;  a questo si aggiungono politici asserviti alla loro immagine e la loro sete di potere, media miopi che  si infervorano e censurano in base  degli ordini dei propri azionisti, Ong vendute e seguaci di religioni in cerca  di nuovi credo. Fu imbavagliato, rimosso. Licenziato. Ah, la France, la France!  Figlia della Rivoluzione, culla del trionfo della  libertè, della fraternitè, e pure della  egalitè. Luogo di rifugio dei rifugiati politici, scappati  da dove non  v’è libertà, fraternità e uguaglianza. Quante speranze poste su la  France! Luogo ove, quanto a  egalitè niente da dire. Il pensiero unico, uguale per tutti, è garantito per legge. Anzi è imposto dalla legge: chi avendo un lavoro non si uniforma al pensiero unico  (viva la libertè) è licenziato in tronco (viva la fraternitè). Non oso pensare cosa succeda a chi, non avendo recepito il pensiero unico, il lavoro non l’ha. Philippe  Verdier è stato con fraternitè    messo alla  porte e sollevato  dal proprio incarico  perché ha detto cose che non aveva la libertè  di dire. Una pericolosa voce fuori dal coro che ha fatto sommessamente notare che il re è nudo. Per aver detto che questa del riscaldamento globale è un  bufala con la B maiuscola non può più leggere le previsioni del tempo alla TV pubblica francese.

Cominciano a farmi simpatia tutti i negazionisti, qualunque cosa essi vogliano negare. Voglio potermi divertire a negare che il comunista Pol Pot ha ammazzato un paio di milioni di persone, che le Brigate rosse siano state solo pericolosi criminali e che il nucleare è la prima fonte  d’energia elettrica in Europa. Voglio divertirmi a negare che la Resistenza, il Sessantotto o i Verdi abbiano portato alcunché di buono all’umanità. Ma la grande domanda che mi rimane senza risposta è:  perché se nego le prime cose che ho detto nessun guerrafondaio mi tocca, ma se m’azzardo a negare le seconde i pacifisti mi menano.

Un bel plotone di capi di stati si è  recentemente riunito per la ventunesima volta nella cosiddetta Conferenza delle parti (Cop), con la benedizione anche di Papa Francesco, prefiggendosi di far raggiungere un accordo fra le potenze del mondo sulla questione del riscaldamento globale. Ma già in passato,  nel 2000, nella  Cop 6 dell’Aia, la conferenza fu un fallimento generale.

Anche quest’ultima Conferenza Cop servirà, come ad ogni viatico, a condurre il cadavere definitivamente nell’aldilà.  E questo per almeno due ragioni: innanzitutto perché il riscaldamento globale indotto dall’uomo non esiste, e sopra ogni  libertè, fraternitè ed egalitè, è la veritè -  che è quella che  di  Verdier -  che finisce con l’avere il sopravvento.

Secondo perchè, in ordine al riscaldamento globale, temo che il Santissimo Padre sia stato mal consigliato. Nessuna meraviglia! Non sarebbe la prima volta che accade:  accadde a Papa Urbano, quando accusò Galileo di negazionismo e l’obbligò a sottoscrivere l’atto di  abiura.

All’ambientalismo catastrofico  piacciono i record (catastrofici). Mai visti incendi così da 10 mila anni, e giù a gongolare.  Se  poi si obietta che sembrerebbe difficile valutare dimensioni e cadenze degli incendi del Paleolitico la risposta è: che importa? Ci sono le proiezioni matematiche a colmare la lacuna. La faccenda degli incendi del nord dell’America è poi connessa, sempre nell’ambito  del  global warming, allo squagliamento dell’Antartide, per gli  “esperti”,  dato ormai per scontato. I ghiacci sono una fissa dell’ambientalismo catastrofista. Idea ossessiva che portò il famigerato  Ipcc, l’agenzia dell’ONU, che sponsorizza il riscaldamento globale,  a registrare nei suoi rapporti l’imminente esaurimento dei ghiacciai della catena himalaiana. Salvo poi ammettere, sommersi da insulti e pernacchie sopra tutto indio-tibetane, che si erano  sbagliati, avevano capito male.  Via l’Himalaya, dentro i ghiacci artici, gli stessi che il Nobel  Al Gore, dava per definitivamente  sciolti nel 2010 e che per l’Ipcc sono comunque agonizzanti. Questione di poco.  Perché questo dicono le proiezioni matematiche. Ma non i fatti. La  NASA, un tempo fornitrice di bufale climatiche e oggi tornata a lavorare su dati scientifici, ha dato infatti conto che stando ai rilevamenti satellitari l’ispessimento dei ghiacciai antartici è aumentato in modo costante di  65  miliardi di tonnellate l’anno. Con buona pace delle proiezioni dell’Ipcc e festa grande degli orsi bianchi  (che Al Gore dava in via di estinzione per annegamento).

Nel I secolo d.C. un certo Lucius Moderatus Columella nel suo trattato De re rustica, tuttora di sorprendente attualità, sosteneva che molti autori degni di grande stima erano convinti che coll’andar del tempo si cambia l’andamento e il carattere delle stagioni. Ritengo scherzosamente che Columenlla sia il patrono laico del sodalizio  “Forza caldo“. Diceva un paio di millenni fa, quando di gas serra prodotti dall’attività umana ce n’erano pochi o punto in giro, ciò che io ed i miei strambi sodali sosteniamo con l’appellativo di negazionisti: non le nostre “carbon print“, come vorrebbe Al Gore e, ahinoi, i Bergoglio, ma la natura fa col clima quel che più le pare e piace.   Ricordandoci che le catastrofi, le tragedie climatiche sono determinate dal freddo,  mai dal caldo che al contrario porta benessere, nutrimento, crescita e civiltà. Nella evoluzione del pianeta, i fattori esterni e calamitosi si chiamano glaciazioni: torrefazioni, mai vista una. I periodi glaciali (nell’ultimo quello di  Wurn, i ghiacci, spessi una quindicina di metri, giunsero a coprire tutta la Padania) volevano dire morte; quelli interglaciali, ovverossia caldi, vita. Ed ancora, il colonnello Guido Guidi del Servizio Meteorologico aeronautica Militare, noto agli utenti Rai 1 e 2, è fra le altre cose l’animatore di un sito, il “Climate Monitor“, manna per chi non vuole farsi prendere all’amo della panzane sul riscaldamento globale. Cosa ti va a fare Guidi?  Ti va a smascherare la colossale balla che ha dominato la ribalta catastrofico-ambientalista negli ultimi mesi. E cioè che la Groenlandia si sta squagliando come un Calippo al sole. Roba di anni e lì di ghiaccio non ne rimarrà un cubetto. Premio PatacconeSahat, dunque, ai giornali tipo Repubblica e alla Tivù tipo SKY che sulla inarrestabile liquefazione della Groenlandia con relativo innalzamento del mare e fioritura di milioni di “profughi ambientali “ (ronzino di battaglia della Presidente Boldrini) hanno montato un un infernale ambaradam.

I fatti: il periodico Nature diede conto  di quanto  ghiaccio  avrebbe  perso la calotta   groenlandese   a  partire  dal  1900.  Niente: lo 0.03 %  della massa  totale.  Per elevare  quel niente  in tragedia  da giorno del  giudizio, stampa e TV catastrofiste hanno  però  tradotto - scrive  Guidi - la percentuale in peso e volume: ben 9 mila tonnellate di ghiaccio persi in poco più di cento anni.  Una cifra, detta così, spaventosa. Ma che non significa nulla perchè la realtà “è che il 99.7% del ghiaccio  groenlandese è ancor lì. Mediamente spessa 1.500  metri, la calotta ha perso circa 5 metri di spessore, praticamente una pellicina. Lo  0,03 % perso in cento anni circa,  vuol dire, con questo rateo di scioglimento, lo 0,9 %  in 300  anni, ossia il 9 % in  30 mila anni, il  90 % in 30 mila anni “. Insomma la fine del mondo è rinviata all’anno  35000. O giù di lì. Forza caldo!

Alfio Carta