Pubblicato Sabato, 05 Dicembre 2015
Scritto da Santino Verna

TRADIZIONI E CURIOSITA'

IL GIRO AL CONTRARIO DEI FUOCHI DELL'IMMACOLATA

Il corteo dei “faugni” esegue, tradizionalmente, il giro al contrario delle processioni con il “giro lungo” per le vie principali di Atri. Le processioni, ad es. quelle della Cattedrale, partono da Piazza Duomo, scendono lungo Via Card. Cicada, percorrono un tratto del Belvedere Vomano e risalgono per Via S. Chiara, incontrando così la piazza del Municipio e inoltrandosi per il quarto di Capo d’Atri. E quindi il ritorno a destinazione, percorrendo Via Trinità, Via Baiocchi e Piazza Martella.

Anche il “mezzo giro”, contemplato nelle processioni dell’Immacolata e dell’Assunta (quest’ultima dal 2013), esegue lo stesso percorso. Partenza da Piazza Duomo, s’imbocca Via Ferrante, S. Chiara, Piazza duchi d’Acquaviva e Corso Elio Adriano. E un percorso simile fu il “mezzo giro” della processione di S. Nicola di Mira, la sera del 6 dicembre 1987, quell’anno era domenica, con la presidenza di Padre Abele.

I “faugni”, proprio perché corteo profano, fanno il giro inverso. La primitiva partenza era Largo dei “faugni”, all’ombra della torre di S. Maria e sempre denominata dal popolo con riferimento alla stessa. Si chiamò anche Largo S. Pietro, per ricordare la chiesa cisterciense dove professò Caterina Acquaviva. Il corteo percorreva Via dei Musei, quindi Largo Raffaele Tini e risaliva Via Card. Cicada per immergersi in Piazza Duomo, attuale cuore della notte, dell’accensione e della sfilata dei “faugni”. Per alcuni anni, il corteo aveva inizio a Via Ferrante, e il percorso era sempre lo stesso.

Dagli anni ’90 del secolo appena passato, alla tradizione si è dato un maggior senso religioso, con la benedizione del fuoco la sera della vigilia, perché il falò arde tutta la notte. In Cattedrale ci fu il tentativo di una veglia biblica, animata dai giovani, ma già stava iniziando la concretizzazione dell’idea della notte dei “faugni”. L’unico falò legherebbe la tradizione atriana ai “focaroni” delle Marche e della Vibrata e anche di altre aree più lontane, per ricordare il passaggio della S. Casa, con l’assistenza angelica, da Nazareth a Loreto, nel 1294. Ma in questo caso i fuochi ardono nella notte tra il 9 e il 10 dicembre, memoria della Traslazione della S. Casa.

Da qualche anno il corteo esegue lo stesso percorso delle processioni religiose, per creare l’effetto scenografico con i falò che scendono per il corso da Piazza duchi d’Acquaviva. L’immagine di un fiume di fuoco offre un meraviglioso effetto per le fotografie.


Alberto Sporys ha ripescato una sua vecchia foto degli anni ’70 quando i “faugni” facevano il giro tradizionale, dove ha fermato il momento nei pressi dell’oratorio della Trinità. Il fotografo atriano è molto legato alla festa dell’Immacolata, per esser stato, da ragazzo, una delle voci bianche della schola cantorum “S. Francesco” per il canto del “Tota Pulchra”, insieme ad Enzo Lupinetti e Pasquale Romano.

Nel coro, non potevano associarsi le donne, e pertanto alle poderose voci virili si affiancavano quelle dei ragazzi, sotto la direzione di P. Antonio Muccino e altri frati, nello spazio dietro l’altar maggiore, delimitato da due tende con le quali si mise a giocare, durante una gremitissima funzione, Vincenzo Marcone, suscitando le risate dei presenti. In un secondo momento furono coinvolte le ragazze dell’Istituto “Ricciconti”, sotto la guida delle Figlie della Carità, ma la soluzione suscitò amari commenti da parte dei benpensanti. Presto sarebbero arrivati tempi migliori, con la schola formata da voci miste, come possiamo vedere non solo per il “Tota Pulchra”, ma per tutte le celebrazioni solenni in Cattedrale.

Alberto è tornato a cantare il famoso inno mariano di P. Alessandro Borroni, ma i frati erano andati già via da un pezzo e la direzione era passata al m° Cav. Glauco Marcone, scomparso quattro anni fa. Il fotografo-reporter ha una registrazione di un’edizione, curata dall’indimenticabile maestro Domenico Muscianese Claudiani, con l’elettricità andata via, proprio durante l’esecuzione della più grande opera di P. Borroni, o almeno della composizione più celebre per il grande pubblico. Nessun panico nelle tre navate della Cattedrale, perché il coro continuò a cantare, finì il “Tota Pulchra”, a cappella, con i fedeli tutti contenti per aver riascoltato il canto mariano più atteso dell’anno.

Da ragazzo Alberto, come tanti suoi coetanei, portava il “faogno”. Era l’epoca in cui i più giovani toccavano il cielo con il dito quando portavano quel piccolo grande trofeo. Con il tempo i ragazzi si sono un po’ disaffezionati a questo ruolo, perché l’ingresso nella vita non più infantile era segnato dalla “nottata” nelle case degli amici, con un pasto abbondante, affiancato da ottimo Montepulciano. Un tempo la cena della vigilia finiva a mezzanotte, con stoppette e altri giochi di società, poi subito a letto e levataccia antelucana per i fuochi dell’8 dicembre.

Il giro contrario riguardava anche le altre tre feste solstiziali: S. Barbara, S. Nicola, S. Lucia. Anzi, dice Ettore Cicconi, fondatore del Museo Etnografico, quest’ultima era la più sentita.

SANTINO VERNA