Pubblicato Giovedì, 03 Dicembre 2015
Scritto da Santino Verna

FESTE E TRADIZIONI: LA VERA ORIGINE DI "BABBO NATALE"

DA SAN NICOLA A SANTA KLAUS, PASSANDO PER ATRI

Il solstizio invernale, quando si festeggia la fine della fase discendente del sole e si pensa al ritorno della primavera, con il freddo che fa riscoprire l’interiorità e il dialogo nelle famiglie, è legato alla distribuzione dei doni ai bambini: S. Nicola, S. Lucia, Natale e l’Epifania sono le date interessate.

S. Nicola, firmatario del Concilio di Nicea (325), Vescovo di Mira, poco conosciuto, divenne famoso nel 1087 quando le spoglie dall’attuale Turchia, arrivarono a Bari. Venezia avrebbe voluto custodirne il corpo, ma i marinai baresi, più vicini, riuscirono nell’impresa. Gli fu costruita la Basilica, nella Bari vecchia, meta di pellegrinaggi soprattutto fino al XIV secolo. Ma anche nei secoli seguenti la chiesa nicolaiana sarà punto di riferimento di tanti devoti di tutto il mondo.

In Abruzzo il passaggio fu breve, complice la contiguità territoriale e la transumanza che sancì un rapporto tra la terra di D’Annunzio e la Puglia. A S. Nicola furono intitolate varie chiese, come quella di Atri, la più antica, sede parrocchiale anche se inizialmente non dotata di fonte battesimale e dal XV sec. chiesa-capoquarto, assieme alla Cattedrale, S. Spirito e S. Giovanni, sul modello di Firenze. Il quarto S. Nicola, comprendeva chiese appartenenti alle due parrocchie intramurali, ma non ebbe la fisionomia a tutto tondo dei rioni Capo d’Atri e S. Domenico, il primo denominato “S. Croce”, il secondo con il titolo del Precursore del Signore.

S. Nicola in Atri non è stato legato ai doni, come è avvenuto nell’Europa Settentrionale e nel Nuovo Mondo. L’origine della consuetudine si deve alla leggenda delle tre fanciulle con il padre povero e prive di dote. Per poter giungere al matrimonio, il Vescovo di Mira fece scendere dal camino tre palle (o borse) d’oro, quindi senza farsi vedere. Per questo nell’iconografia, S. Nicola è raffigurato con le sfere sul libro. Stranamente non ha quest’attributo nella Cattedrale di Atri, dove il Delitio, in un intradosso del coro ha immortalato il patrono di Bari nelle vesti liturgiche, ma senza mitria (compromesso per accontentare simultaneamente gli occidentali e i bizantini, ma forse per mettere in evidenza la veneranda età, quindi la sapienza, lasciando il capo calvo e canuto, scoperto) e con la scritta esplicativa. Il rosso dei paramenti non indica il martirio (Nicola era confessore, testimone della fede segnato dalla morte naturale), ma dona colore e luce all’insieme. Il pittore marsicano non aveva grande preoccupazione dei colori liturgici: l’esempio clamoroso è la dalmatica verde di S. Leonardo Abate, sempre nel programma iconografico della Cattedrale.

Un altro maestro dell’Italia centrale, nella navata mediana sempre della Cattedrale di Atri, ha raffigurato il fanciullo coppiere, sottratto ai genitori e affidato ad un padrone crudele che lo derideva per la forte devozione a S. Nicola. Fu liberato dalla schiavitù con S. Nicola, sceso dal Cielo. Quest’episodio ha contribuito al binomio S. Nicola- fanciulli.

L’Occidente ha profondamente trasformato il Santo in Babbo Natale. Le vesti pontificali son diventate un abito rosso orlato di pelliccia bianca, per sfidare il freddo dei Paesi nordici, la tiara è diventato un cappello, il sontuoso cingolo è stato spodestato dalla cintura in cuoio, mentre è rimasta la barba, non lunghissima, tipica dei Vescovi orientali. Santa Klaus è abbastanza corpulento, perché quando è avvenuta la trasformazione, ancora si conoscevano alla perfezione le malattie del ricambio, il tessuto adiposo era un rimedio per combattere i gradi al di sotto dello zero in Russia, il volto pacioccone esprime pace e serenità, la dicitura “leggero” in passato evocava qualcosa di inconsistente, flebile, povero, di poco conto.

Attributi di Babbo Natale sono il campanello per segnalare il suo arrivo e la gerla con i doni, ovviamente non i simboli della rivoluzione informatica che segna il mondo fin dall’infanzia. In alcune tradizioni ha un bastone, evoluzione della ferula orientale, omologo del pastorale latino.

In Atri, S. Nicola era protettore dei sarti, perché secondo un’altra leggenda, un oste aveva tagliato, con un pericoloso forbice, le carni di tre bambini e le aveva messe in salamoia. Il Vescovo di Mira si rese conto dell’inganno, quando gli furono offerti i bambini per cena e li risuscitò. Probabilmente la leggenda ricordava S. Nicola come difensore degli innocenti e degli oppressi, e i bambini, soprattutto in passato, erano veramente indifesi. Non potendo mettere ai suoi piedi degli adulti alti e robusti per motivi iconografici, alle statue furono messi tre bambini alloggiati in una tinozza. Così è possibile vedere S. Nicola nell’omonima chiesa atriana. Il simulacro, in legno, eseguito in Alto-Adige, fu realizzato nel 1979, e benedetto un mese prima della festa. Collocato nella nicchia della navata destra, usciva dalla stessa per la festa estiva, organizzata per alcuni anni, con un programma religioso e uno ricreativo. Nel 1987 fu fatta la festa nella data liturgica, e la statua rimase all’inizio del presbiterio fino al giorno di S. Lucia. Fu l’ultima Messa di Padre Abele nella chiesa di S. Nicola da Vescovo di Teramo-Atri, perché le altre volte che tornò, era già emerito, ma sempre accolto con filiale gioia.

Un tempo si accendevano e si portavano in corteo i “faugni” o “fahegne”, ma la festa riguardava la Cattedrale, dove era presente la Congrega dei Sarti. Lo stendardo della medesima si conserva nel Museo Capitolare. Oggi la festa di S. Nicola rimane un pallido ricordo del passato. Bari, la cui Basilica diventava il dormitorio dei pellegrini durante la vigilia, è una meta un po’ disertata, ma da riscoprire per alimentare sempre di più il dialogo tra Oriente e Occidente.

SANTINO VERNA