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Pubblicato Lunedì, 15 Settembre 2014
Scritto da Santino Verna

UN DOVEROSO OMAGGIO A UN FIGLIO ILLUSTRE DELLA NOSTRA CITTA'

HA VESTITO I PRESIDENTI, HA COLLEZIONATO OPERE D'ARTE: UN GRANDE ATRIANO NELLA GRANDE MILANO

 

Il 25 Settembre alle ore 18,00 presso il Palazzo Ducale di Atri verrà presentato il volume:“Atelier Pallini: Storia di una collezione italiana 1925-1955” di Nicoletta Pallini Clemente (Milano, 2014)

Alla manifestazione parteciperanno sia l'autrice Nicoletta Pallini Clemente che il critico Nicoletta Clemente che ha redatto un capitolo del testo e il Prof Vincenzo Centorame, Presidente della Fondazione Michetti di Francavilla al Mare.

Con grande soddisfazione la Associazione Culturale “Gli Acquaviva” si è adoperata per organizzare l'evento, che è stato fortemente voluto dal Sindaco di Atri Gabriele Astolfi, ben felice di veicolare la conoscenza di un personaggio, Atriano, che tanto successo ha avuto sia nel mondo della sua professione che in quello dell'arte, sua vera passione.

Al fine di stimolare la partecipazione alla presentazione del volume pubblichiamo, qui di seguito, una breve nota biografica di Adriano Pallini redatta da Santino Verna.


ADRIANO PALLINI, IL SARTO-MECENATE DI ATRI

Tra i cittadini atriani che si sono distinti fuori Abruzzo è stato da poco riscoperto con la monografia “Atelier Pallini: Storia di una collezione italiana 1925-1955” di Nicoletta Pallini Clemente (Milano, 2014) Adriano Pallini, maestro di sartoria e collezionista d’arte.

Nacque nel 1897 da Massimo, valente sarto atriano e Giustina Orientali, di origine montenegrina, in Vico De Donatis, all’ombra dell’omonimo Palazzo e di casa Frangipane, dove c’era una piccola scuola privata che per lavagna aveva la parte posteriore della porta e per banchi i gradini della scalinata (vi dimorò in un periodo successivo l’attore Gabriele Ferzetti). Al nome dell’imperatore di origini atriane, ma nato in Spagna, fu aggiunto quello di Nicola, in omaggio certamente al Santo protettore degli artigiani atriani dell’ago e del filo e titolare della parrocchia e del vetusto quarto, risucchiato dal rione Capo d’Atri. Aveva due sorelle, Giuseppina e Livia Rosa, moglie del cav. Carmine Caprara che diede origine al ramo partenopeo della famiglia. Un altro Caprara, Ferdinando, abitava in Largo Forosetto, un tempo popolosa piazzetta atriana. Nella città ducale Adriano fu amico di Carlo Verdecchia, anche lui figlio d’arte.

I Pallini furono menzionati, tra i pochi sarti atriani, ne “Un paese d’Abruzzo nella seconda metà dell’Ottocento” (p.100), ristampato anastaticamente nel 1988, dal Canonico Luigi Illuminati.

Nel 1920 la famiglia si trasferì’ a Milano, in via dell’Orso, non lontano da Piazza Duomo, centro geometrico della città manzoniana, in uno di quei vani oscuri pure a mezzogiorno, per dirla con le parole di Giorgio De Chirico, uno dei primi amici artisti del celebre atriano. Nel 1923 Adriano cominciò a frequentare l’Accademia di Brera, la Galleria Vinciana e la Galleria Pesaro. Nel 1930 partì il sodalizio con la Galleria del Milione e la scuola di Achille Funi, Piero Marussig  e Timo Bortolotti. Ha inizio l’avventura dei “cambi d’arte”, in parole povere l’illustre atriano si faceva pagare con le tele degli artisti.

L’atelier Pallini divenne punto di riferimento per tanti atriani che si trasferivano per lavoro a Milano, non solo per via dell’arte sartoriale. Uno dei tanti sarti che lavorò nel capoluogo lombardo e morì ultranovantenne ad Atri è stato, ad esempio, Roberto Laudadio, la cui bottega nella cittadina natale si trovava in Piazza duchi d’Acquaviva. Vi ha lavorato, con modalità certamente diverse dagli anni del pieno ritmo, fin quasi all’ultimo respiro. I rapporti atriani e abruzzesi con Milano s’intensificarono negli anni del miracolo economico, quando c’era l’attrazione del collocamento nel pubblico impiego, certamente nell’ottica di un riavvicinamento alla città natale. Molti si sono ben ambientati nel clima lombardo e sono rimasti a Milano, ovviamente nell’hinterland di cui abbiamo imparato la toponomastica, ripassata durante le vacanze estive: Carugate, Cologno Monzese, Desio, Sesto S.Giovanni etc. Difficile, quasi impossibile, abitare nelle vicinanze della meravigliosa casa Pallini. Del resto, in Piazza Duomo sono pochissimi quelli che vi pernottano.

Nel 1937 incontra l’amore della sua vita, Marta Stevanini e ha due figlie: Adriana e Nicoletta. Dopo l’ultima guerra mondiale Adriano viene coinvolto nel Premio Michetti, promosso dal Sen. Giuseppe Spataro, peraltro Ministro delle Poste e Comunicazioni, nella prospettiva della rivitalizzazione dell’Abruzzo segnato dall’ultimo conflitto. Quasi simbolo della ricostruzione è il convento del pittore toccolano di Francavilla al mare, cenacolo di quegli intellettuali che agli sgoccioli del XIX secolo fecero correre il rischio all’Abruzzo di diventare il centro dell’Europa. Erano gli anni in cui il celebre atriano vestiva il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi e trascorreva le vacanze con la famiglia a Forte dei Marmi, insieme a Massimo Campigli, e a Giulianova, con qualche puntata a Venezia e Cortina d’Ampezzo, luogo caro ad un altro milanese d’adozione, Indro Montanelli. Acquistò pure una casa ad Ospedaletti e in qualche modo volle ribadire le radici atriane, perché la Riviera di Ponente, soprattutto con la coltivazione dei fiori, ha convogliato diversi cittadini di Atri.

Nel 1950 il Sindaco di Atri, Comm.Avv.Santino Verna, in data 22 maggio, gli comunicò l’avvenuta accettazione del dono della tela dal titolo “Il Porto” di Enrico Paulucci, l’artista genovese che faceva parte dei “Sei”, amico di Edoardo Persico e Lionello Venturi, e la collocazione presso il Palazzo Ducale di Atri, ringraziandolo per la medesima, premiata a Francavilla. Quell’anno il premio, essendo l’Anno Santo, aveva una sezione di arte sacra e una tela, per iniziativa dell’allora Arcivescovo di Chieti, Mons. Giovanni B. Bosio, già docente del suo omonimo conterraneo Mons. Montini, futuro Paolo VI, sensibile come il discepolo al dialogo tra fede e arte, sarebbe stata collocata nella ricostruita chiesa di S. Liberata che custodisce le reliquie della martire compatrona di Francavilla. L’arte sacra si preparava ad un fecondo periodo con Gerardo Dottori, Pippo Rizzo, Aldo Carpi de Resmini, Francesco Vanni Rossi, Lorenzo Gigotti Micheli e Rolando Monti, solo per citarne alcuni.

Nel 1952 il maestro aderì al sodalizio abruzzese-molisano di Milano. Un tumore al fegato chiuderà la giornata terrena di Adriano Pallini, nel 1955. L’atelier passera’ ad altri protagonisti e presso quella bottega muoverà i primi passi professionali il concittadino Carlo Pallini, poi trasferitosi negli USA.

Se la storia dell’arte è una materia ibrida, come diceva Pietro Scarpellini, a fortiori lo è quella contemporanea. La prova del nove è proprio l’atelier Pallini che per location ha avuto anche Piazza S. Babila, dove sorge l’omonima chiesa ,con una vibrante pagina della “Milano da bere”. La conferenza del giugno scorso a Milano sull’atelier Pallini ha rispolverato un atriano che avevamo dimenticato come Andrea Delitio, riportato alla luce solo alla vigilia del secolo breve.

SANTINO VERNA